MA LO SAPETE CHE SOTTO LA STAZIONE TERMINI C’È UN BUNKER? – VOLUTO DA MUSSOLINI NEL 1937, LA STRUTTURA LUNGA 40 METRI DOVEVA SERVIRE PER FAR PARTIRE I TRENI SOTTO LE BOMBE NEMICHE. È L'ESATTA RIPETIZIONE DELLA CABINA DI COMANDO CON 737 LEVE CHE AZIONAVANO GLI SCAMBI SUI 28 BINARI DI ALLORA – L’IMPIANTO, RIMASTO SEGRETISSIMO, NON VENNE MAI UTILIZZATO: SOLO UNA VOLTA VENNE MESSO IN ALLERTA NEL ’43, MA…

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Fabio Isman per "Il Messaggero"

 

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È il 1937: al secondo conflitto mondiale, mancano ancora tre anni. Il fascismo è ormai consolidato, e in Spagna infuria la guerra civile, cui, dalle due parti, offrono apporto pure degli italiani. Ma nella Capitale, c'era già chi pensava al peggio. E vi provvedeva. Alla stazione Termini, ad esempio, nasce un bunker lungo quasi 40 metri, senza eguali e che esiste ancora, anche se (e per fortuna) non è stato quasi mai utilizzato: una volta, ma per prova.

 

Verificato che tutto funzionasse, è rimasto lì: inattivo e intonso; non c'è mai stato bisogno di lui. Sarebbe servito a muovere i treni; a permettergli di viaggiare anche sotto le bombe nemiche. Ora, la Fondazione delle Ferrovie dello Stato, del Gruppo omonimo, lavora per renderlo agibile: potrebbe aprire tra un paio d'anni (almeno) i propri segreti al pubblico.

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ALA MAZZONIANA Siamo, guardandola, a destra della stazione; in fondo a quella che si chiama «ala mazzoniana», perché progettata da Angelo Mazzoni del Grande (1884-1979), celebre costruttore di edifici postali stupendi, come a Latina, Palermo, Ostia, Grosseto, Sabaudia e Trento; di interventi per le Ferrovie anche a Firenze, Messina e Milano; nonché del progetto per Termini del 1938, sospeso per motivi bellici, e mutato nel dopoguerra.

 

Ne restano le ali laterali sulle vie Giolitti e Marsala; dei fabbricati; due singolari serbatoi. Non, e questo è forse un bene, il grandioso porticato che egli voleva davanti. Ecco: su via Giolitti, quasi sotto un edificio mazzoniano che è pure «Ferro hotel», albergo per i ferrovieri, e quasi accanto a uno dei suoi serbatoi, dieci metri sotto dove transitano i treni, c'è il nostro bunker, che avrebbe dovuto instradarli.

 

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COMANDI BIS È l'esatta ripetizione della cabina di comando che allora, era 30 metri più in alto: in cima a un edificio da cui si traguardava il fascio dei binari, usato fino al 1999. Quando il bunker sorge, Termini possedeva 28 binari (oggi, 32); e un grande quadro luminoso di questa sala li mostra, indicando se sono liberi, e quali semafori e scambi sono attivi. I cuori del bunker sono due: le tre planimetrie illuminate (Termini e i suoi approcci); e 737 leve, che azionavano ognuna uno scambio. Da qui, si potevano far arrivare, e partire, oltre 300 treni al giorno.

 

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Ma quel luogo doveva essere isolato, protetto, autosufficiente: la blindatura dell'ingresso è spessa quattro dita; e tre filtri purificavano l'aria, proteggendo la trentina di addetti dagli avvelenamenti biologici; poi, c'erano anche sei serbatoi, marca Pirelli: contenevano la calce con cui assorbire l'anidride carbonica, anche quella emessa dal respiro umano: se ne vedono ancora i contenitori, stivati ordinatamente in un locale attiguo.

 

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UN INTERO MONDO Qui sotto c'erano tutti gli apparati sussidiari, per fare funzionare la cabina-bis: trasformatori di corrente a 260 e 150 volt; 25 armadi metallici, con 55 relè ognuno; sotto il pavimento, chilometri di cavi; quattro alternatori. Dentro, ricorda qualcuno, «il rumore era infernale»: il soffitto è piuttosto basso, non esistevano sistemi fonoassorbenti, e dieci metri sopra, passavano i convogli. Esisteva perfino una cella: per rinchiudervi eventuali sabotatori. E c'era addirittura un registratore cronologico di eventi, che pare un orologio: con dieci punte scriventi, certificava tutti i dettagli dello stato di ogni treno.

 

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UNA SOLA VOLTA Per l'epoca, l'impianto era assai avanzato. E' stato messo in allerta, pronto a funzionare, una sola volta: era l'11 luglio 1943; Roma era sotto attacco dal cielo. Ma gli aerei alleati, forse ce lo ricordiamo, puntarono sulla zona di San Lorenzo: quattromila bombe, per oltre mille tonnellate; tremila morti e 11 mila feriti in città, 1.500 vittime e quattromila feriti solo nel quartiere. Nemmeno quella volta, però, ci fu bisogno del bunker, mai inaugurato e rimasto segretissimo.

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