Paolo Russo per “La Stampa”
L'obbligo di Super Green Pass nei luoghi di lavoro per gli over 50 non spaventa i No Vax. Il primo giorno a ingresso vietato per chi è senza vaccino e nemmeno è guarito dal Covid negli ultimi sei mesi è filato via liscio senza particolari intoppi. Qualche problema al Cardarelli di Napoli per l'assenza di una cinquantina tra medici e infermieri non vaccinati e un bel po' di certificati medici recapitati alla Asl1 di Napoli dove sono un centinaio i professionisti sanitari No Vax. Che in realtà avrebbero dovuto essere sospesi dai rispettivi ordini e lasciati a casa da tempo, visto che per i lavoratori della sanità l'obbligo c'è già da un bel po'.
Al comune di Milano i pochi ultracinquantenni senza certificato non hanno creato disservizi, così come i dipendenti della Regione Liguria. Ma in nessun angolo d'Italia vengono segnalati problemi, nemmeno tra le aziende private. Il perché lo dicono i numeri. Tra 50 e 65 anni senza immunizzazione né da malattia e né da vaccino sono rimasti in 820 mila. Di questi il 40% non lavora, in base alla media nazionale degli occupati in queste fasce di età. Il numero dei lavoratori interessato all'obbligo si riduce così a circa mezzo milione.
Anche perché la grande contagiosità di Omicron ha avuto anche l'effetto collaterale di servire su un piatto d'argento il Green Pass ai non vaccinati. «Un fenomeno che ha ridotto l'impatto dell'obbligo nei luoghi di lavoro», afferma Silvestro Scotti, segretario nazionale della Fimmg, il sindacato dei medici di famiglia. «Ma il problema degli irriducibili - rimarca - si porrà tra 4-6 mesi se l'obbligo sarà ancora in vigore, perché per conservare il certificato dovranno poi vaccinarsi».
Anche senza prendersi il Covid le cose non sono andate male per i dipendenti delle aziende private. Perché, come ricordato ancora ieri dal sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, «lo smart working non consente di aggirare l'obbligo e i controlli al dipendente che lavora da remoto per quanto complicati sono sempre possibili». Ma a non averli attivati in molti casi sono state proprio le imprese, con le loro associazioni che da Nord a Sud ieri segnalavano zero problemi. E il motivo è semplice: il datore di lavoro non ha alcun interesse a impelagarsi nella ricerca di un sostituto con le stesse mansioni del lavoratore No Vax sospeso, con un contratto di durata per di più limitato a soli 10 giorni, sia pure rinnovabili fino al 31 marzo.
Questo perché il legislatore ha comunque voluto mantenere una «finestra» aperta al lavoratore No Vax a casa senza stipendio, che può fare ritorno al suo posto di lavoro 15 giorni dopo la somministrazione del vaccino. Il tempo necessario perché una persona si immunizzi e ottenga quindi il lasciapassare sanitario. Un procedimento tutt' altro che semplice, che ha spinto molti imprenditori a lasciare i loro dipendenti in smart working senza controllare se fossero muniti o meno di certificato, nonostante sia possibile, oltre che obbligatorio, farlo.
Questo dove è possibile lavorare in modalità remoto. Non nei campi certamente, dove uno dei pochi campanelli d'allarme l'ha fatto suonare ieri Confagricoltura, ricordando che il 35% della manodopera agricola è composta da lavoratori stranieri, molti dei quali vaccinati con prodotti non riconosciuti validi in Italia. In tutto sarebbero fuori regola in 356 mila, che non rientrano nel computo del mezzo milione di over 50 No Pass perché appunto senza cittadinanza italiana. Un problema che secondo la confederazione verrà a galla quando inizierà già in primavera la stagione dei raccolti. Resta il mondo della pubblica amministrazione.
no vax e no green pass a milano 6
Qui i non vaccinati con più di 50 anni sarebbero al massimo 100 mila. Che non possono utilizzare la via di fuga dello smart working, perché come fortemente voluto dal ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, la maggior parte delle giornate lavorative nella Pa deve svolgersi in presenza. Al momento è difficile capire quanti di loro siano ricorsi all'escamotage del certificato di malattia.
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