Alberto Mattioli per “la Stampa”
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Va decisamente male. Per Milano, ieri è stata una brutta, bruttissima giornata. I numeri sono pessimi. In Lombardia, 4.125 nuovi casi di Covid; a Milano e provincia, 1.858 (in città, 753): in pratica, il doppio di martedì, quando erano stati rispettivamente 2.023 e 1.054. I morti sono venti, i tamponi effettuati 36.416, con un tasso di positivi dell' 11%, in crescita anche lui (era del 9,3). Che il quotidiano bollettino di guerra sia allarmante e Milano ormai la prima linea della seconda ondata lo confermano i dati dell' Areu, l' Azienda regionale emergenza urgenza, insomma il 118.
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Attualmente si contano più di trecento interventi al giorno, quasi la metà dei 650 che erano la media nel picco della prima ondata: solo che allora il 118 accorreva soprattutto nelle province di Bergamo e Brescia, adesso in quelle di Milano e Monza dove gli interventi sono triplicati in venti giorni.
Se andrà avanti così, si calcola che a fine mese ci potrebbero essere circa 4 mila ricoverati negli ospedali, di cui 500 in terapia intensiva. Per questo, annuncia il presidente della Regione, Attilio Fontana, nei prossimi giorni riapriranno gli ospedali allestiti a suo tempo fra mille polemiche nelle fiere di Milano e di Bergamo, che «garantiranno al sistema i primi 201 posti letto aggiuntivi di cure intensive» (e il segretario della Lega lombarda, Paolo Grimoldi, rivendica subito «la lungimiranza» di averli realizzati).
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In città c'è un focolaio all' ospedale Sacco, con la Cardiologia chiusa dopo che una ventina di sanitari si sono infettati, in Tribunale si segnala il sesto pm positivo più diversi altri casi e l'Inter annuncia che Achraf Hakimi è positivo e asintomatico. Insomma, il tempo delle illusioni è finito e la durissima realtà bussa alla porta.
«Alcune aree metropolitane come Milano, Napoli e probabilmente Roma sono già fuori controllo. Hanno numeri troppo alti per essere contenuti con il metodo tradizionale del testing e del tracciamento. E, come insegna la storia, quando non riesci a contenere devi mitigare, ovvero devi bloccare la mobilità», certifica Walter Ricciardi.
E così ieri Fontana, dopo lunghe consultazioni e il freno a mano tirato da Matteo Salvini, che non voleva che fosse la Regione a intestarsi la nuova stretta (ma dalla Lega smentiscono), ha parlato di «misure pesanti, ma necessarie» e ha firmato l' attesa ordinanza ormai ribattezzata «del coprifuoco», nome lugubre che a Milano evoca tempi, se possibile, ancora più cupi. In effetti, sembra l' inverno del '44: vietati gli spostamenti dalle 23 alle 5, salvo le solite eccezioni per lavoro, necessità, urgenza o salute, però da autocertificare.
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E poi: chiusura dei grandi magazzini al sabato e alla domenica, divieto di fiere e sagre, massimo di sei persone per tavolo nei ristoranti, vietato consumare alimenti in pubblico dalle 18 alle 5, sospese le gare degli «sport di contatto dilettantistici» (ma ammessi gli allenamenti, beninteso individuali e distanziati). Per le scuole, le superiori devono organizzarsi per svolgere tutta la didattica a distanza da lunedì prossimo. L'ordinanza entra in vigore oggi e sarà in vigore fino al 13 novembre. Per ora.
Sarà un autunno da tappati in casa. Le luci della città si spengono. L'Alcatraz, tempio della musica live, annuncia «a malincuore» che chiuderà da questo fine settimana. I teatri provano a resistere. Il Piccolo anticipa l' inizio degli spettacoli alle 19:30, idem la Scala ma solo per le opere. È buio, e pesto, anche per i commercianti. La Confesercenti chiede aiuti altrimenti sarà «la morte» per bar e ristoranti: il solo annuncio della nuova stretta ha fatto perdere il 20% del fatturato, un miliardo di euro in un mese, e nel prossimo mese la percentuale salirà al 40.
Di fronte a una situazione così grave le polemiche politiche sono finalmente attutite. Fontana ha firmato in accordo con i sindaci dei Comuni capoluogo, in maggioranza di centrosinistra. E quello di Milano, Beppe Sala, approva la stretta: «In questo momento c' è un' impennata dei ricoveri in Lombardia, tranne che per Bergamo, Brescia e Cremona perché lì c' è una sorta di immunità.
Ma che prezzo hanno pagato per arrivarci? Milano non può pagare questo prezzo, per le sue dimensioni sarebbe un problema enorme. Io sono verso la fine del mio mandato e per me adesso l' idea del consenso conta zero. Conta solo il bene della mia città». Annuncia che in Comune tornerà lo smartworking al 50%, lui che l' aveva sempre avversato: «Ma ora è diverso e bisogna agire di conseguenza». Sullo sfondo, la vera paura è che non sia che l' inizio e che le misure appena prese siano già superate. Lo dice chiaro il virologo Fabrizio Pregliasco, del Cts regionale: «Il coprifuoco è necessario ma potrebbe non essere sufficiente. La situazione è esplosiva».
fabrizio pregliasco BEPPE SALA E ATTILIO FONTANA