Estratto dell’articolo di Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”
E adesso che succederà dentro Cosa nostra? Chi prenderà in mano lo scettro del capomafia più rappresentativo e carismatico? C’è qualcuno in grado di raccogliere l’eredità di Matteo Messina Denaro? E chi continuerà a gestirne il patrimonio ancora nascosto?
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Parliamo di due eredità — quella mafiosa e quella economica — non necessariamente coincidenti. Sulle quali i primi a interrogarsi sono inquirenti e investigatori, forti di conoscenze ancora confinate dal segreto di indagine tuttora in corso, chiamati a individuare e per quanto possibile prevenire il futuro dell’organizzazione criminale.
Di sicuro, nella successione conteranno i cognomi e gli intrecci nel nucleo familiare dei Messina Denaro; una «casata» mafiosa che proverà a sopravvivere all’ultimo padrino.
Gran parte dei parenti sono stati o si trovano ancora in galera, tenuti sempre sotto controllo, ma ciò nonostante sempre coinvolti nei traffici legati prima al latitante e poi all’ergastolano di casa detenuto. Fra loro, uno che potrebbe vantare una sorta di ipoteca sulla successione è il «nipote prediletto» di Matteo: Francesco Guttadauro, figlio di Filippo Guttadauro (ancora detenuto per la sua «pericolosità sociale», nonostante abbia finito di scontare la sua pena) e di Rosalia Messina Denaro, arrestata a marzo scorso con l’accusa di aver gestito la cassa del fratello Matteo mentre era ricercato; decine di migliaia di euro spesi ogni mese in contanti, di cui è stata trovata solo una parte della contabilità, insieme a circa 200.000 euro pronti ad essere recapitati.
Oltre alla parentela diretta con il boss di Castelvetrano, Francesco può vantare il cognome della famiglia paterna, lo stesso del clan che governa Cosa nostra a Bagheria in stretto contatto con i Graviano, a loro volta controllori del quartiere palermitano di Brancaccio. Un’alleanza tra cosche suggellata da un matrimonio e dal destino di un figlio che non ha ancora quarant’anni e si trova in carcere da dieci. Arrestato a dicembre 2013, è stato condannato a 16 anni di pena che sta scontando senza mostrare il minimo cedimento. […]
La provenienza degli approvvigionamenti sempre garantiti al boss — e dunque la loro fonte: gli investimenti ancora nascosti che hanno rimpiazzato i beni e le imprese per decine di milioni sequestrati e confiscati ai prestanome scoperti in passato — sono l’altro lascito in cerca di eredi. Per il quale potrebbero rivendicare voce in capitolo gli stessi familiari, gli imprenditori collusi, possibili mediatori o altri mafiosi aspiranti capi.
Quelli che finora parlavano o agivano in nome di Messina Denaro, e ora non potranno più farlo. Serviranno nuovi equilibri criminali per gestire la successione. Resta da vedere se ci si arriverà in maniera incruenta, secondo le nuove regole del boss mutuate dalla «mafia silente» ripristinata da Bernardo Provenzano, o se in Sicilia si tornerà a sparare. O a sparire.
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