1 –TUTTI IN MASCHERA DAI SEI ANNI ALUNNI IMBAVAGLIATI IN AULA
Manila Alfano per “il Giornale”
PREPARATIVI IN UNA SCUOLA DI MILANO PER LA RIAPERTURA
Non solo i banchi a rotelle. Ora l'ultima, tragica prospettiva è indossare la mascherina da quando si entra a scuola a quando si esce. Bambini in museruola. A questo saranno obbligati gli alunni in classe.
Le aule sono troppo piccole per garantire la distanza di sicurezza e la consegna dei banchi singoli di cui si parla da mesi per il momento è slittata all'8 settembre e continuerà fino a ottobre. E ogni giorno è un macigno nuovo buttato sulle spalle dei genitori, per le madri e per il loro lavoro già messo tra parentesi per troppi mesi.
assistente civico francesco boccia
Il 14 settembre «riapriranno le scuole in sicurezza», ha assicurato il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia. Ieri c'è stata la prima di una serie di riunioni del Comitato tecnico scientifico sulle misure da adottare in vista dell'inizio dell'anno, in cui si è subito voluto rassicurare i presidi allarmati «non hanno motivo di essere allarmati».
Una delle ipotesi è che le decisioni vengano prese a ridosso del 14 del mese Regione per Regione, in base all'indice di contagiosità Rt. L'idea è basata sull'esperienza degli altri Paesi. Secondo il Cts ci sarebbe bisogno anche del ritorno del medico scolastico: «È una figura assolutamente necessaria», ha spiegato il coordinatore del comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo.
Ma ieri un'altra doccia fredda, quella appunto dell'obbligo delle mascherine. «Ai ragazzi sopra i sei anni sarà chiesto di usare la mascherina. Ci saranno delle condizioni particolari, come ad esempio l'uso o non uso della mascherina per una ragazzo o una ragazza non udente, per un bambino o una bambina con delle difficoltà neurologiche o psicologiche oppure durante l'interrogazione. Ci saranno dei momenti del contesto locale e specifico che saranno di volta in volta valutati. Ovviamente non c'è la mascherina a mensa o mentre si fa ginnastica, però l'indicazione è di utilizzarla».
Marcia indietro dunque rispetto alle aperture di una settimana fa quando la ministra Lucia Azzolina aveva annunciato che quando gli studenti sono al banco possono toglierla. Invece il Cts ha valutato che tenere la mascherina anche in classe, dove si passano molte ore insieme, sia una precauzione che va mantenuta, anche per i bambini delle elementari. Per ora niente deroghe come invece speravano anche insegnanti e presidi che vedono la difficoltà di un uso corretto da parte dei più piccoli.
giuseppe conte agostino miozzo
Il commissario Domenico Arcuri è pronto a distribuire 11 milioni di mascherine al giorno alle Regioni che le faranno pervenire alle scuole. Sono state date anche indicazioni su come verranno gestiti i casi di contagio in classe: no alla chiusura di tutta la scuola, ma quarantena per i compagni e i prof del contagiato.
«Abbiamo otto milioni di studenti e due milioni di persone che lavorano, non possiamo immaginare che non avremo un caso, ma un caso non vorrà dire chiudere le scuole di un paese, della Regione o della provincia. Bisognerà di volta in volta esaminare il contesto, mettere in quarantena una classe o se necessario mettere in quarantena l'intera scuola».
Intanto i sindacati hanno firmato il protocollo sicurezza per servizi educativi e la scuola dell'infanzia da 0 a sei anni. Le confederazioni, insieme alle categorie interessate, fanno sapere che, tra soggetti pubblici e privati, sono stati concordati alcuni principi e requisiti per l'igienizzazione di locali e arredi; la gestione della prima fase di manifestazione di sintomi riconducibili al contagio; la formazione e informazione su regole di prevenzione rivolte alle famiglie, agli accompagnatori e ai lavoratori.
2 – LE REGIONI: TROPPA INCERTEZZA VERSO RIAPERTURE SCAGLIONATE
Mario Ajello e Lorena Loiacono per “il Messaggero”
CHE SUCCEDE IN CASO DI CONTAGIO A SCUOLA
Le Regioni sono sul piede di guerra. «Il governo non ci coinvolge nelle scelte sulla riapertura delle scuole e poi scarica su di noi la gestione pratica della questione, senza dare chiarezza e lasciare vera autonomia». Non solo i governatori del Nord ma anche quelli del Sud sono di questo umore.
Nei palazzi delle Regioni non è tanto la data del 14 settembre come riavvio delle scuole a venire contestata, ma ognuno aprirà secondo le proprie esigenze, quanto le modalità della cosa, ovvero l'impreparazione con cui ci si avvia a questa data feticcio.
E se i banchi monoposto, come è probabile, non arriveranno prima di metà ottobre, come si fa con il distanziamento sociale, e chi paga - la Regione o il governo - il conto politico e sanitario per eventuali infezioni e probabili pasticci su tamponi e altri particolari di enorme rilevanza?
Ma soprattutto, si ricorderà, i governatori di ogni colore politico e di qualsiasi latitudine chiedevano di votare subito dopo la fine dell'emergenza più estrema, a luglio, non solo per convenienza personale (esempio: Zaia subito voleva incassare nelle urne il successo delle sue strategie anti-Covid) ma anche per il timore che diventasse ancora più complicato il riavvio delle attività scolastiche che va a sbattere contro l'election day di amministrative più referendum sul taglio del numero di parlamentari. Ed è questo che sta accadendo.
Si riapre il 14, si richiude il 18 per sanificare e allestire le cabine del voto negli edifici scolastici, si riapre non prima del martedì 22 anzi dopo visto che le misure anti-Covid renderanno anche lo spoglio elettorale più lento del solito. Per non parlare delle città anche importanti (Venezia, Reggio Calabria, Trento, Bolzano, Arezzo) e dei quasi mille paesi in cui si svolgono le Comunali e con i ballottaggi dopo due settimane dal 20 e 21 settembre le chiusure verranno di nuovo chiuse per il secondo turno.
Ecco, dal campano De Luca ai governatori del Nord - questi ultimi in nome dell'autonomismo Spacca-Italia sulla scuola vorrebbero fare tutto di testa propria - il refrain è un po' questo: «Il governo sulla riapertura delle scuole la fa troppo facile». La Campania avrebbe voluto riaprire le scuole dopo l'election day. Ma si adegua alla data del 14. Dal Veneto alla Lombardia, dal Piemonte al Lazio, idem.
Mentre la Puglia ha scelto: il 24 si apre, così si scavallano le elezioni. Ed è anche un modo forse per evitare che l'eventuale caos scolastico a ridosso delle urne incida sulle scelte elettorali e possa pagarne il costo il governatore uscente e ricandidato Emiliano. La Sardegna, che da area quasi Covid free è diventata focolaio d'Italia, dice di voler riavviare l'insegnamento il 22. E a Bolzano si comincia il 7, in Friuli il 16 (per chiudere due giorni dopo causa voto).
Si procede insomma in ordine sparso. La Campania vuol far fare i tamponi a tutti gli studenti, e ha già comprato i kit, altrove ci si comporta diversamente ma bisogna vedere come. E ovviamente su tutto pende la spada di Damocle della possibile escalation pandemica che porterebbe alla nuova serrata, parziale o totale, degli istituti di ogni ordine e grado.
LO SCONTRO
Anche i sindacati sono sul piede di guerra. Lanciano l'allarme: «E' tutto in ritardo». Maddalena Gissi, segretario nazionale della Cisl Scuola, è su questa linea: «Abbiamo chiesto al ministero dell'Istruzione di poter conoscere i dati arrivati dai vari monitoraggi e vogliamo avere piena conoscenza delle condizioni in cui versano gli edifici scolastici».
In questa incertezza, molti presidi vogliono - e possono secondo le norme - muoversi in autonomia, per posticipare le aperture ed essere più pronti al d-day. Compenseranno questo ritardo consentendo meno vacanze invernali, tra Natale e Carnevale (e anche i ponti saranno abbreviati). Intanto oggi, e fino al 5 settembre, parte in Toscana il test sierologico sul personale docente.
In Lombardia la stessa iniziativa dal 24 agosto. E saranno effettuati tra i 200 e 300 test al giorno su base volontaria. E potrebbe non presentarsi nessuno. E anche questo - quanto personale scolastico accetterà la prova e parliamo di lavoratori di età media sui 50 - potrà diventare un motivo di polemiche e di scontro.