Nicola Pinna per "www.lastampa.it"
Nelle buste recuperate dai veterinari si legge ancora chiaramente il codice a barre. L’ultimo piatto avvelenato finito nello stomaco del povero capodoglio che vagava agonizzante tra il Tirreno e le Bocche di Bonifacio.
A soffocargli lo stomaco è stata proprio quella grande polpetta di plastica: 22 chili di materiali di ogni tipo, che i biologi hanno ritrovato mentre cercavano di capire la causa della morte di quel gigante del mare ritrovato tre giorni fa nella spiaggia di Cala Romantica, in una piccola baia vicino a Porto Cervo. Era una femmina e avrebbe dovuto partorire, ma forse per la stessa causa ha avuto un aborto e infatti i biologi hanno recuperato anche un feto di oltre 2 metri.
La stessa drammatica sorte, nelle stesse ore, sarebbe toccata quasi certamente anche a due tartarughe caretta-caretta che sono state salvate ieri dalla Guardia costiera non lontano da Villasimius, nella costa sud della Sardegna. Galleggiavano con difficoltà e non riuscivano a reimmergersi e i biologi hanno quasi la certezza che anche loro abbiano ingerito una consistente quantità di plastica o ami.
Gli scienziati insomma non fanno allarmismo. La loro è una preoccupazione fondata. Perché l’invasione di rifiuti sta già devastando gli equilibri naturali del nostro pianeta. E fa danni gravi anche sotto casa nostra. Il capodoglio ritrovato sulla spiaggia della Sardegna era quasi certamente uno degli animali che abitano il famoso santuario dei cetacei, una gigantesca riserva naturale che si estende tra l’isola, la Liguria, la Toscana e la Francia.
Gli studiosi lo considerano un paradiso per delfini, balene e capodogli, ma con sempre maggiore preoccupazione scopriamo che la vita per questi animali non è più facilissima. Neanche in una zona apparentemente incontaminata.
«Questo è uno degli esemplari che aveva ingerito la quantità maggiore di plastica - racconta Cinzia Centelleghe, componente dell’equipe dell’Università di Padova che sta svolgendo i primi studi sull’ultima vittima dell’inquinamento -. Quello ritrovato qui in Costa Smeralda era ancora un piccolo cetaceo e ma nonostante le sue dimensioni ancora limitate aveva già parecchia plastica nello stomaco».
La plastica uccide ed ecco le prove. I 22 chili di materiali finiti nella pancia dell’esemplare spiaggiato in Gallura sono un vero grido d’allarme. Sacchi neri, l’involucro di un detersivo, un tubo corrugato e diversi piatti usa e getta. Tutti materiali abbandonati dall’uomo e che molti animali scambiamo per cibo.
Con questo piccolo immondezzaio nello stomaco, il giovane capodoglio - ipotizzano i biologi - non riusciva più ad alimentarsi e così ha perso l’orientamento ed è morto soffocato. «Vedere tutto questo materiale nello stomaco di questo animale ci ha lasciati tutti sgomenti - commenta Luca Bittau, biologo della onlus SeaMe - Questa situazione deve rappresentare un monito per quello che noi stiamo facendo a questi animali, al nostro mare e a noi stessi».
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