Alasdair Baverstock per http://www.dailymail.co.uk
In Messico, dove una vita vale meno di 30 dollari, il sicario Israel Hinosa ha servito il cartello di Sinaloa (quello del Chapo Guzman, ricordate?) per ben 4 anni, durante i quali, spesso sotto l’effetto di droghe pesanti, ha rapito torturato e ucciso centinaia di persone.
Nel 2010, Israel venne deportato in Messico dalla California come migliaia di altri messicani che vengono beccati a commettere un crimine sul territorio americano. Da un giorno all’altro, Hinosa si è trovato solo, lontano dalla sua famiglia, in un paese che nemmeno conosceva.
Dopo sei mesi in Messico, sua moglie e i suoi figli smisero di andare a trovarlo alla frontiera e lui scoprì che la donna si era fatta una nuova vita con un altro uomo. Completamente abbandonato, Israel iniziò a drogarsi e le cose peggiorarono alla svelta. Venne rapito per cinque giorni durante i quali venne torturato quasi fino a morire nella vana speranza che la sua ormai ex famiglia americana pagasse il riscatto. Risvegliatosi in un vicolo buio di Ciudad Suarez, l’unica cosa di cui Israel era assetato era vendetta.
proteste contro la guerra dei cartelli
“Chiamai un mio amico e gli dissi che volevo uccidere le persone che mi avevano rapito – ricorda Israel – e lui mi disse: va bene, però devi iniziare a lavorare per il cartello”. Fu l’inizio della fine. Il cartello di Sinaloa rintracciò e uccise i suoi torturatori ma dopo lui si trovò arruolato tra i sicari del “Chapo”.
Nella gerarchia dell’organizzazione, la vita di un sicario è quella che vale di meno, sono utilizzati per gli scontri armati con la polizia e per uccidere – o essere uccisi – da chiunque ostacoli i piani del cartello.
“Arrivai a un punto in cui mi iniettavo eroina, prendevo cristalli di meth e bevevo Tequila invece che acqua. Diventai la stessa tipologia di persona di chi aveva rapito, ma all’epoca non volevo pensare a quello che stavo facendo”. Un altro affiliato al clan, Mario Vallarino, dice che dall’esterno la figura del sicario può sembrare affascinante, ma che non c’è nessuna gloria nella morte, né se si uccide né se si viene uccisi”.
sicari morti per le strade del messico
Il destino di molti sicari è morire o finire in cella: è il caso di Melissa Calderòn, detta “la China”, che è stata consegnata alla polizia dal suo stesso fidanzato, o di Manuel Torres Felix, detto “il pazzo” per il suo temperamento imprevedibile che lo portava a non dormire anche per tre giorni. Uno dei sicari ancora in attività e tra i più attivi sui social network è “El Chino Antrax”, capo del braccio armato del cartello di Sinaloa che ama sfoggiare la sua vita agiata tra dollari e auto sportive.
La storia di Israel e degli altri killer rispecchia le sorti di molti disperati messicani che finiscono per servire i cartelli della droga. Narcotraffico, sicari e sottobosco criminale saranno i prossimi protagonisti del film hollywoodiano “Sicario” con Emily Blunt e Benicio Del Toro, ambientato proprio a Ciudad Suarez.
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