Alessia Candito per “la Repubblica”
Abbracciate in auto, sdraiate sui sedili, con un gattino che dormiva fra loro. Quando i carabinieri di Bianchi, paesino di poco più di mille anime della Sila cosentina, le hanno trovate, hanno pensato a due turiste che avessero perso la strada.
O alle figlie di qualche abitante del borgo emigrato chissà dove tornate in cerca delle proprie radici. Ma non erano nulla di tutto questo. Entrambe 14enni, alta e bruna una, minuta bionda e con la testa rasata l' altra, Solène e Louise erano due adolescenti in fuga.
Da due famiglie che non accettavano la loro storia, dalla quotidianità troppo stretta di Vence, cittadina a una ventina di chilometri da Nizza, divenuta soffocante per le due ragazze. Che lì, e soprattutto nelle rispettive famiglie, si sentivano aliene. Per questo hanno deciso di sparire, allontanarsi anche fisicamente dai genitori che rifiutavano il loro rapporto.
Non si sa se ci pensassero da tempo o abbiano improvvisato. Una sera hanno rubato l' auto alla nonna di una delle due e si sono messe in viaggio. Destinazione Ventimiglia, e l' Italia, divorata fino a Roma in un' unica notte, passata a darsi il cambio al volante e a spingere sull' acceleratore di quell' auto che nessuna delle due avrebbe potuto guidare.
Poi nella Capitale sono iniziati i problemi, i pochi soldi sono finiti in fretta e dopo qualche giorno le ragazze hanno deciso di puntare a Sud. Ma la Salerno- Reggio Calabria le ha tradite, gli svincoli le hanno confuse e si sono trovate sulla strada di montagna che da Rogliano si arrampica verso la Sila, che ormai, di notte inizia a ghiacciare. Forse per questo hanno deciso di fermarsi in quel parcheggio dove i carabinieri le hanno trovate.
A gesti (le ragazze parlavano solo francese), sono riuscite a rassicurarli, non a convincerli, soprattutto con la storiella dei documenti smarriti. Qualche ora dopo però, la stessa pattuglia le ha trovate a gironzolare per il borgo, spaesate, visibilmente affamate e con il gattino in braccio e ha deciso di approfondire. A fare da interprete è stata chiamata la moglie del sindaco e con lei le ragazze, poco a poco, si sono aperte. Prima hanno tentato di farsi passare per turiste, appena 18enni, ma autonome.
Poi, fra una cucchiaiata e l' altra di un pasto caldo, forse il primo dopo giorni, sono crollate. Hanno raccontato del viaggio, delle difficoltà e anche delle famiglie, che da 11 giorni non sapevano più nulla di loro.
«Mia moglie le ha convinte a contattare casa - dice il sindaco, Paolo Taverna - È stata lei a telefonare per spiegare la situazione, poi le ragazze hanno parlato con i genitori». In poche ore le due famiglie si sono messe in viaggio. Le ragazze invece erano ospiti del sindaco. «Non potevamo certo lasciarle dormire in macchina o in caserma - dice Taverna - sono venute da me, anche col gatto».
All'alba dell' indomani, i genitori di Louise e Solène hanno bussato alla porta. Pianti, abbracci, scuse, qualche formalità burocratica e una foto ricordo. Poi, è arrivato il momento di rimettersi in viaggio verso casa. Forse con una serenità nuova, di certo con un micio in più.
Scoperte a dormire in un parcheggio, sono finite ospiti del sindaco. Avevano adottato un gattino La foto ricordo Da sinistra: Louise tra due carabinieri; Solène e i suoi genitori; un terzo militare, il papà di Louise e Mafalda Scozzafave, la moglie del sindaco che ha fatto da interprete alle ragazze.