Alberto Zorzi per il ''Corriere del Veneto''
Per una notte è stato milionario. «Non ho chiuso occhio - ricorda lui oggi - ero frastornato e non sono nemmeno stato capace di pensare a cosa avrei potuto fare con tutti quei soldi». Ora invece, undici anni dopo, di quei 5 milioni di euro che lui ritiene di aver vinto alla slot machine non solo non ha visto un centesimo; e l’ultimo colpo è arrivato giorni scorsi, con le spese legali da pagare per la causa che aveva fatto contro il Casinò di Venezia e che ha perso, perché anche per il giudice civile la macchina era andata in tilt: oltre 30 mila euro.
«Cornuto e mazziato», sbotta Giovanni Fellone, 58enne imprenditore modenese delle costruzioni, al telefono nel suo ufficio. «Sapevo di essere una formica che combatte contro Sansone, ma tiro dritto e farò appello - continua - Già avevo bruciato 10 mila euro in quella sera. Vinco 5 milioni, non me li danno e ora mi tocca anche pagare le spese? E’ una follia!».
«Jackpot»
Il nastro va riavvolto a quel 5 gennaio del 2008. E’ l’ora di cena e Fellone si concede una serata con la moglie a Ca’ Noghera, nella sede di terraferma della casa da gioco lagunare. Gioca tanto, al punto da spendere circa 10 mila euro alle slot. Ma a un certo punto sullo schermo compare la scritta che apre le porte al sogno milionario: «Jackpot». Il cuore arriva in gola, Fellone chiama immediatamente l’addetto in sala e, secondo il suo racconto, la vincita compare anche sul computer della cassa.
Ma gli viene detto che per importi così importanti c’è una procedura di verifica da fare e quindi si dovrà ripresentare la mattina dopo alle 11, alla riapertura delle sale. «Io ero frastornato, ma sereno, mi hanno anche ospitato in hotel sul Canal Grande - racconta Fellone - La mattina dopo però ho subito capito che c’era qualcosa che non andava. Il tecnico non arrivava, poi verso le 14 mi hanno detto che era già passato prima e aveva verificato il guasto. A quel punto ho chiamato la Guardia di Finanza».
Il primo passo è stata una denuncia per truffa, che però è stata archiviata dalla procura di Venezia. Poi, tre anni fa, ha scelto la strada della causa civile contro le due società del Casinò (la Cmv, cioè la patrimoniale, e la Cdv Gioco, cioè quella di gestione) e Ca’ Farsetti, che proprio nei giorni scorsi è arrivata a conclusione con la sentenza del giudice Alessandro Cabianca.
La vicenda in tribunale
Gli avvocati Pasqualino Miraglia e Francesco Morcavallo avevano spiegato come quel giorno Fellone stesse giocando alla slot «Aristocrat» numero 10339 con scheda «Unicorno» e che al quinto degli otto tiri previsti gli fosse uscita una combinazione da 9.999.999 punti, ognuno dei quali valeva 50 centesimi di euro. Sullo schermo era comparsa la parola «win», poi «Jackpot» e «call attendant» (cioè chiamare l’addetto). Quando quest’ultimo è arrivato, la macchina si è spenta e al momento della riaccensione è comparsa la scritta «Watchdog - Reset».
Per il giudice, però, l’elemento dirimente è stata una foto fatta da Fellone, che ha ripreso la sequenza di simboli e lettere che avrebbero portato alla vincita: luna, K, 8, 9. J alla prima riga, A, 10, 10, K, 10 alla seconda, Q, 9, J, Q, 9 alla terza. «Tale sequenza raffrontata con la tabella di vincita non ha determinato una combinazione vincente - osserva il giudice - pertanto l’indicazione dell’interfaccia della slot è stata errata, con un esito non conforme alle regole del gioco».
Gli avvocati Paola Dalla Valle, Marco Vianello, Antonio Iannotta e Nicoletta Ongaro avevano infatti sostenuto che alle slot si vince solo se si raggiungono certe combinazioni, stabilite prima in una tabella, senza le quali la macchina è in tilt. Così è stato e addio ai cinque milioni.