Quirino Conti per Dagospia
Sarà pure una coincidenza, ma è almeno singolare che, mentre un quotidiano titolava “Salvini abbracciava i torturatori: ’Grazie’” a commento dei dolorosi fatti avvenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, la Moda maschile prefigurasse prototipi di elegantissimi, autentici torturatori.
Preveggenza o oscura interpretazione dei tempi? Basta avere la forza di affrontare questi puri campioni di sadismo essenziale per avere subito nella memoria torbide notizie di cronaca, genere Salòdi Pasolini. O i fattacci del Circeo.
Perché nello Stile si respira un’infetta aria di grembiuli di cuoio antischizzo ematico, di spalliere, di corsetti, di tanga monumentali, di mezzi guanti armati, di chiodature, di tirapugni, di maschere terrorizzanti, metallerie, fibbie e stringhe, e ogni genere di decorazione mozzafiato. Dunque, terrore: in scenari desolati da rave sanguinolenti.
Per Dior, in un aspro paesaggio di rocce e sabbia mummificate e come arse, tra cactus antropomorfi e funghi mortiferi. Come si immagina debba essere attorno a un penitenziario sconosciuto ai più e sperduto oltre ogni speranza di sopravvivere. Con niente di più che il nulla di quel nulla di divise abbrividenti.
Per Louis Vuitton, invece, si è già sbattuti tra naziskin-samurai, come in quelle salette d’essai con cicli sul cinema dell’orrore giapponese ma pure coreano; a filo di katana e verso un finale in un tremendo ambiente da esecuzione di massa; in un rombo di calzature senza pietà e brutti ceffi. In attesa di vittime.
Da Burberry, stessa sorte: anche qui in un deserto senza un filo di vita, mostruosamente accroccati per incutere spavento; con lineamenti sfigurati da strani strumenti deformanti (una specialità dello stilista già in Givenchy), nell’orrendo mondo dei senzanome. Naziskin di ultima generazione raggruppati come per un rave o una danza macabra in un esplicito mattatoio architetturale.
La pubblicità non è da meno: stesso tenore da Balenciaga, con un maestro dello Stile già espertissimo in spaventoseimbottiture per lunghe palandrane di morti viventi.
Incredibile la selezione dei casting. Schiere di Dolph Lundgren pronti a “spiezzare in due”.
Bellezze bianche come la neve da un lato, enormi e formate per i tormenti più audaci; scolpiti invece nel lustro ebano, dall’altro, monumentali colored di inimmaginabili proporzioni e con vite di libellula. Rapinati chissà in quale mercato di mercenari, chissà dove e chissà come.
Dura fatica, quella dei procacciatori di modelli. E mai l’ombra di un sorriso, di un cenno di sentimento, oltre la freddezza dell’acciaio in questa nuova razza di aguzzini e seviziatori chic.
Per il femminile, invece, uno per tutti: Marc Jacobs in stato di grazia – con crisalidi, bozzoli, in strati di mollettonato e duvet, senza un volto, enormi, dannatamente assatanate di dominio, irraggiungibili dentro murate di tessuto. Disumane fino alla negazione di qualsiasi lineamento antropomorfico.
Ecco, questo è quanto si prevede: in torbidi video – ancora rare le pedane – che in mano a chissà chi stanno raccontando la Moda come in un tragico Salone dei Tormenti. Per feroci guardoni del genere. Per ora solo Moda, poi chissà.
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