1.VERONESI: VINCE LA SCIENZA E ORA TORNIAMO ALLA NOSTRA DIETA MEDITERRANEA
Umberto Veronesi per “la Repubblica”
La conferma che la carne rossa, soprattutto se lavorata, è da considerare una sostanza cancerogena è una notizia che va interpretata positivamente. Segna infatti una vittoria della scienza sulla malattia e non certo dei vegetariani sui carnivori. Non sarà infatti con la sognata pillola antitumore che risolveremo l' endemia del cancro sul pianeta, ma identificando ad una ad una le cause di ogni tumore, per eliminarle.
Troppo spesso il cancro è ancora oggi uno spettro che si materializza al solo evocarlo, vissuto intimamente come una maledizione o una iattura. Ricondurlo a un fenomeno umano che ha un inizio, cioè una causa, uno sviluppo e quindi anche una fine, cioè la guarigione, è fondamentale per tutti: malati, familiari, medici. L' annuncio che viene diffuso oggi dall' Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell' Organizzazione Mondiale della Sanità, il più autorevole organismo a livello mondiale in materia, segna dunque una pietra miliare per la prevenzione, la cura e la cultura del cancro.
È una tappa che in molti, come me, si aspettavano da tempo. Da oltre vent' anni anni io sostengo, sulla base dei primi studi epidemiologici che lo Iarc ha ora messo insieme ed analizzato, che esiste un legame causa-effetto fra consumo di carne e tumore del colon. All' inizio sono stato criticato, anche duramente, e sono stato accusato di essere un visionario, influenzato dalle mie convinzioni etiche di animalista.
Ma non ero intellettualmente solo: eminenti ricercatori a livello europeo hanno sviluppato i lunghi e complessi studi di popolazione necessari a stabilire la cancerogenità di una sostanza o un alimento, tanto che già nel Codice Europeo contro il Cancro - dieci raccomandazioni di prevenzione per ridurre del 20% la mortalità per cancro in Europa entro l'anno 2000 - diffuso dalla Commissione Europea per la prima volta nell' 87, figurava al punto tre l' invito a mangiare più vegetali e cereali e al punto quattro la raccomandazione di limitare il consumo dei grassi contenuti principalmente nella carne.
Se dunque la cancerogenità della carne da oggi non è più in dubbio, la discussione si apre ora sulla quantità che la rende pericolosa. Medici e ricercatori a livello internazionale si sono impegnati ad evitare gli allarmismi che potrebbero spingere a pensare che una singola fetta di salame possa essere causa diretta di un tumore al colon. Nessuno afferma che sia così.
L' invito è piuttosto ad una riduzione progressiva del consumo di insaccati e carne rossa, a favore di un aumento del consumo di pesce, verdura, frutta, cereali, grassi di origine vegetale. La nostra dieta mediterranea, in sostanza. Più vegetali e meno carne dovrebbe diventare non un diktat scientifico antimalattia, ma una politica per il benessere, adottata nelle scuole, nelle mense aziendali, nei ristoranti, per penetrare a poco a poco nelle famiglie e diventare cultura. Come oncologo sono fondamentalmente d' accordo con questo approccio educativo. Ma come uomo e cittadino di questo pianeta, la penso diversamente.
Il mio mondo ideale è un mondo in cui non si uccidono gli animali per ingoiarli e dunque in cui il consumo di carne è uguale a zero. Primo perché amo gli animali e dunque non li mangio. Non capisco coloro che si scandalizzano all' idea di mangiare il proprio gatto o il proprio cane, ma consumano a cuor leggero le costolette di agnello, un cucciolo delizioso e indifeso che viene massacrato strappandolo dal seno materno a pochi mesi di vita.
Ritengo che gli esseri viventi facciano parte dell' equilibrio del Pianeta e i loro diritti vadano rispettati. Prima di tutto quello alla vita.
Secondo, perché la carne non è un alimento sostenibile in un universo dove oggi vivono 7 miliardi di esseri umani e oltre 4 miliardi di animali da allevamento e fra poche decine d' anni, se il trend demografico continua con le attuali caratteristiche, vivranno 9 miliardi di uomini e la domanda di carne aumenterà dagli attuali 220 milioni di tonnellate a più di 460 milioni.
Si prospetta l' incubo di avere più capi di bestiame che uomini sulla Terra, con una percentuale di questi esseri umani che moriranno comunque ancora di fame. Come diceva Einstein, niente può aumentare le possibilità di sopravvivenza dell' uomo sulla terra quanto la scelta vegetariana.
2.PETRINI: MANGIARNE MENO PER STARE MEGLIO
Carlo Petrini per “la Repubblica”
Il fatto che anche l' Organizzazione Mondiale della Sanità abbia messo nero su bianco il fatto che esiste una correlazione tra il consumo di carne rossa (e ancor più di carne lavorata) e alcuni tipi di cancro conferma quanto molti scienziati, medici ed epidemiologi affermavano da tempo.
Non si può certo dire, infatti, che lo studio uscito in queste ore abbia l' effetto di un fulmine a ciel sereno.
Ciò che colpisce, semmai, è che da oggi non si torna più indietro, non ci si può più immaginare ripensamenti, cambi di rotta o nette fratture nella comunità scientifica: la carne rossa è probabilmente cancerogena; la carne conservata (wurstel, salsicce, carne in scatola, ecc.) è cancerogena.
Ma possiamo davvero accontentarci di questa semplificazione? Ovviamente no, ed è la stessa Oms a sottolinearlo chiaramente: è la quantità a fare la differenza, qui sta il centro della questione. Bisogna stare attenti, perché lanciare allarmismi "un tanto al chilo" è insensato oltre che stupido.
CARLO PETRINI MARTINA E FASSINA
Non per nulla molte organizzazioni nel mondo, tra cui Slow Food, teorizzano da anni che la diminuzione dei consumi di carne è una strada obbligata, non solo per la salute umana ma anche per quella delle risorse naturali che per la sua produzione vengono utilizzate (o meglio sovrautilizzate). E questo va a braccetto con la qualità della carne che finisce sulle nostre tavole.
Qualità in termini di sicurezza e qualità in termini di impatto ambientale.
È evidente che produrre carne per un mondo in continua crescita e in cui i consumi sono in costante escalation spinge alla ricerca di soluzioni rapide, di scorciatoie che consentano una produzione veloce, standardizzata e meccanizzata.
Ed ecco allora gli allevamenti da centinaia o addirittura migliaia di capi (parlando ovviamente di bovini, perché per ciò che riguarda il pollame si arriva tranquillamente a decine di migliaia), in cui la vicinanza degli animali e gli spazi angusti obbligano a un utilizzo massiccio di antibiotici per limitare l' insorgenza di malattie, dove si rende necessaria l' amputazione di corna, becchi o code per evitare che gli animali si feriscano, dove gli escrementi sono talmente tanti che non è pensabile utilizzarli come concimi (anche perché non ci sono prati da concimare, gli animali vivono reclusi in gabbie e stalle il più piccole possibile per ottimizzare gli spazi), dove l' alimentazione dei capi è ricca di grassi per favorire una crescita rapida e costante.
Tutto questo è figlio di un modo sbagliato di mangiare carne.
È necessario diminuire i consumi e diversificare le nostre diete, riscoprendo quelle proteine di origine vegetale che possono facilmente e molto efficacemente sostituire quelle animali. Non solo, ma dobbiamo privilegiare quei prodotti che meno si prestano all' utilizzo massiccio di additivi, conservanti, edulcoranti, coloranti. Perché oggi queste sostanze fanno a tutti gli effetti parte integrante delle nostre diete, spesso a nostra insaputa o per nostra disattenzione o noncuranza.
In questo senso è necessario che cresca la sensibilità intorno al fatto che scegliere ciò che si mette in tavola non è una scelta indifferente e soprattutto è una scelta che incide sulla qualità della vita in primis nostra ma non solo. Da questo punto di vista lo studio redatto dall' Oms può avere una grande forza di impatto sulle persone, che finalmente trovano la più alta autorità in termini di salute pubblica a esprimersi così chiaramente su un prodotto di consumo così esteso e diffuso.
Consumare meno carne fa bene alla nostra salute, fa bene all' ambiente e fa bene gli animali. Niente isterie però, altrimenti saremo nuovamente fuori strada e nuovamente saremo incapaci di cogliere una grande opportunità di educare noi stessi a mangiare meglio e, più in generale, a consumare meglio.
Lo studio che è uscito ieri deve porgerci il destro per affermare ancora una volta che sobrietà, diversificazione e consapevolezza devono essere il nostro faro per approcciare il cibo in maniera matura, informata e rispettosa. Altrimenti staremo solo correndo dietro all' ultima tempesta in un bicchiere d' acqua.