1. SORELLE DI 3 E 14 ANNI UCCISE DA UN ALBERO
Libero Dolce per ''La Stampa''
Due ore dopo è rimasto solo un refolo di vento che smuove sonnacchioso i lembi bianchi della tenda sventrata. Alle 7.33 era passato con tutt' altra intensità sopra al campeggio Verdemare Marina di Massa mezzo addormentato, forte e teso da sradicare un pioppo per abbatterlo sulla tenda di una famiglia in vacanza.
Lì dentro, a un giorno dalla fine delle vacanze, sono morte schiacciate dall' albero Jannat e Malak Lassiri di 3 e 14 anni. La sera prima avevano chiesto a mamma e papà di dormire con loro, perché con quel brutto tempo non volevano stare da sole nella loro tendina colorata montata di fianco. I genitori avevano risposto di sì.
La famiglia Lassiri è l' ultima rimasta nel rettangolo di prato circondato da bungalow nel campeggio a poche centinaia di metri dalle spiagge del mar Tirreno. Sono sette, arrivano da Torino: il papà Hicham 43 anni, la mamma Aziz Fatima di 36, le tre figlie Nissrin 19, Malak 14 e Jannat 3 e il figlio Tari, di 9. Sono lì dal 18 agosto, con loro c' è lo zio, il settimo membro della famiglia. Al risveglio si sarebbero preparati per l' ultimo giorno di vacanza.
La famiglia si stringe la notte di sabato, per far posto alla paura delle piccole dormiranno in sei nella tenda. Malak e Jannat vanno sui materassi gonfiabili nel lato sinistro, il più vicino al pioppo. Lo zio dorme nella tenda poco distante. Pioggia e vento a folate sono il tetto e le pareti di questa notte di allerta meteo.
«Un soffio che ha gonfiato la tende, poi un colpo secco, come di un cofano che si chiude»: questo succede alle 7.33, lo registrano i sensi semi vigili di un uomo che alloggia in una casetta in legno di fianco ai Lassiri. Poi si sentono solo urla. In mezzo minuto tutti nel rettangolo attorno all' area campeggio sono svegli e si precipitano fuori dalle casette. Un pioppo è caduto sulla tenda della famiglia. In un groviglio di stoffa e legno il papà e lo zio lottano per tirare fuori le piccole Jannat e Malak, incastrate. Il tronco pesante non si solleva, gli altri campeggiatori chiamano i soccorsi.
Il vento è maligno, si calma solo due ore dopo. Così l' elisoccorso del 118 non può atterrare, mentre l' anestesista a bordo e il pilota si dannano per capire come scendere. Arrivano per primi i soccorsi da terra, due automediche e un' ambulanza con i vigili del fuoco. Jannat è già in arresto cardiaco e i medici si attardano al campeggio per tentare una rianimazione.
La sorella ha un battito flebile e raro e così viene mandata via per prima. Entrambe però arrivano al pronto soccorso in arresto cardiocircolatorio. Nonostante un' ora e mezza di tentativi per Jannat non c' è niente da fare: muore per lo choc emorragico. Troppo gravi le fratture e i danni addominali e al torace.
l albero sradicato e caduto sulla tenda
Malak invece va in arresto cardiaco durante il trasferimento in ospedale. La notizia arriva prima di lei in reparto e chi era in servizio dalla notte - anestesisti e medici del pronto soccorso - decide di rimanere per dare man forte ai colleghi del giorno. Riescono a farle ripartire il cuore, ma è inutile. Il tronco l' ha colpita in testa, causando una grave emorragia e anche per lei viene dichiarato il decesso. Illesi gli altri 5, tranne la sorella 19enne, ferita in modo lieve.
Le indagini sono in mano ai carabinieri guidati dal colonnello Massimo Rosati e alla pm Roberta Moramarco.
Si cercherà di capire se fosse prevedibile che l' albero, per le condizioni in cui era, potesse cadere in caso di maltempo, considerato che sotto c' erano gli spazi per le tende. Le ipotesi di reato: omicidio colposo e lesioni gravi, ma al momento nessuno è iscritto nel registro degli indagati.
I carabinieri hanno ascoltato il responsabile della struttura, Amilcare Dal Pino. I familiari delle piccole nel pomeriggio vanno in ospedale, dove sono attesi da incombenze più terribili.
Rimarranno ancora a Massa qualche giorno, con il Comune che ha messo a disposizione un alloggio in un ostello in centro. Il padre e lo zio, a bordo di una Volkswagen familiare, sono tornati al campeggio dopo ore a recuperare il figlio rimasto con amici. Hicham Lassiri è sconvolto. Il capo abbandonato sul poggiatesta dell' auto, guarda fisso la tenda dove la normalità di questi giorni di vacanza si è trasformata in un incubo.
2. MALAK, LA RISCOSSA CON IL JUDO JANNAT, CHE SAPEVA GIÀ CANTARE
Massimiliano Peggio per ''la Stampa''
«Gli anni scorsi andavano sempre in vacanza in Marocco, passando prima in Francia a trovare dei parenti. Partivano a luglio e tornavano ai primi di settembre. Per colpa del Covid quest' anno hanno rinunciato.
l albero abbattuto sulla tenda
Una decina di giorni fa sono partiti per la Toscana, per andare in quel campeggio. Ci mancherà la piccola, perché era un terremoto. Quando rideva si sentiva in tutto il palazzo». Piangono i vicini di casa, raccontato di quanto fosse bella quella famiglia dell' alloggio del quarto piano, con il cuore disegnato sullo zerbino, le finestre affacciante su un giardino di periferia, con lo stadio della Juventus che si staglia oltre la strada.
Jannat e Malak, 3 e 14 anni, stavano crescendo qui, in questa parte estrema di Torino, quartiere Vallette, case e palazzi popolari, zona da sempre operaia e con una fama da prendere con le pinze, né tutta bella, né tutta brutta. Malak aveva frequentato la scuola media Turoldo e si era iscritta al primo anno dell' istituto superiore Russell-Moro-Guarino, all' altro lato della strada. Lo stesso istituto frequentato dalla sorella maggiore, Nissrin. L' unica sopravvissuta in quella tenda.
Il papà Hicham lavora come muratore, la mamma Fatima fa la badante presso una cooperativa torinese.
Originari di Kenitra, cittadina del Marocco affacciata sull' Atlantico. In Italia da molti anni: prima in Calabria poi a Torino. Da una decina di anni residenti in corso Molise, periferia nord della città, in quel palazzo di nove piani con i mattoni a vista, le scritte "ti amo" sotto i portici e le cassette della posta con i nomi sbiaditi. «Una bravissima famiglia. Le ragazze mi chiamano nonno.
Sono molto triste, il destino è stato crudele», racconta Hamid, un altro vicino di casa, anche lui originario del Marocco, a Torino da moltissimi anni. Tra i singhiozzi offre una tazza di tè alla menta. «Prima di partire - dice - sono venuti a salutarmi.
Siamo amici. Passiamo molto tempo insieme e ci aiutiamo a vicenda».
Già, perché possono sembrare luoghi comuni, ma in questa parte di città non è così semplice far crescere dei figli e mantenere una famiglia. Creare legami. Malak aveva tanti amici, compagni di scuola e nello sport. Con la sorella maggiore condivideva la passione per le arti marziali. Entrambe iscritte alla società dilettantistica Asd Jigoro Kano di Torino, a due passi da casa. «Due ottime atlete, molto promettenti. Malak aveva vinto una medaglia d' oro. Nissrin è una ragazza fantastica, ben inserita nell' associazione.
Sono addolorato per quello che è successo. Questa tragedia ha sconvolto tutta la società. Siamo vicini alla famiglia», spiega affranto il presidente, Giuseppe D' Avenia.
Lottare in gara per imparare ad affrontare con coraggio la vita. Questo insegnano nella palestra di zona, ricavata nello stesso stabile dove si trova la sede dei servizi sociali del Comune. «So che Nissrin - racconta un amico - ha scelto il judo perché a scuola era un po' bullizzata. In palestra ha trovato la forza per affrontare la stupidità e le prepotenze che si incontrano in strada o in classe. Qui, nel quartiere Vallette, non è facile vivere, bisogna combattere tanti pregiudizi».
Malak, seguendo l' insegnamento della sorella si stava facendo strada, tra i tornei della sua categoria. Lei sorridente sul podio, con le medaglie al collo. Tante le foto sul profilo della società, listata a lutto, con un fiocco nero. Un paio d' anni fa un infortunio l' aveva tenuta lontana per alcuni mesi dal tappeto di gara. Era tornata e aveva vinto.
Jannat era l' ultima arrivata. Piccola e sempre sorridente, per nulla timida.
«Si faceva sentire eccome, quando arrivava in casa», dicono i vicini. «Aveva una bella voce, squillante, sapeva già cantare».
3. L'ULTIMO GESTO D'AMORE DEI GENITORI DONATI GLI ORGANI DELLA QUATTORDICENNE
Libero Dolce per ''La Stampa''
Un gesto d' amore. Per la loro bambina e per il Paese che li ha accolti. Potrebbe salvare altre vite Malak, la 14enne morta in un campeggio di Marina di Massa insieme alla sorellina: la famiglia ha infatti dato l' autorizzazione all' espianto degli organi. «Sono devastati dal dolore, eppure hanno autorizzato la donazione degli organi della figlia quattordicenne», ha riferito una fonte del comune che ha organizzato il trasferimento dei familiari in una struttura ricettiva. L' autorizzazione è stata data dai genitori, Fatima e Hicham. Sono state attivate subito dopo, nel pomeriggio, le procedure per l' espianto degli organi.
Un fascicolo d' indagine, intanto, è stato aperto in procura, la responsabile è la sostituto procuratrice Roberta Moramarco. Non c' è nessun nome nel registro degli indagati, ma se emergessero responsabilità i reati ipotizzabili sarebbero omicidio colposo e lesioni gravi. La parte di polizia giudiziaria è seguita dai carabinieri di Marina di Massa, coadiuvati dal Nucleo Radiomobile, tutti sotto la supervisione del colonnello Massimo Rosati, comandante provinciale. Ieri mattina e per parte del pomeriggio è stato lungamente ascoltato il titolare del camping, Amilcare Dal Pino, che ha fornito tutte le informazioni necessarie in suo possesso ai carabinieri.
L' uomo era addolorato per quanto accaduto nella sua struttura. L' intera area adibita a spazio per le tende è stata posta immediatamente sotto sequestro e transennata.
un albero cade in un campeggio di marina di massa e uccide due sorelle
Non sono ancora stati sentiti ufficialmente Hicham Lassiri e Aziz Fatima, genitori delle due piccole, come anche i due figli sopravvissuti. Secondo alcuni camperisti presenti nel campeggio la famiglia avrebbe usufruito del bonus vacanze, così come scrive anche l' agenzia Ansa.
Le indagini per la morte delle due piccole torinesi Jannat e Malak Lassiri girano attorno all' albero. Il pioppo sradicato da uno scirocco che soffiava a 65 chilometri orari e che si è abbattuto su di loro nel sonno mentre dormivano in tenda nel campeggio. Si parte da quelle radici innaturalmente capovolte, per capire quali fossero le condizioni dell' albero e se fosse prevedibile che potesse cadere in caso di maltempo.
Non c' è niente di misterioso nella dinamica. Il vento, «uno scirocco rinforzato» secondo i meteorologi, ha divelto le radici del pioppo, che si è abbattuto. Meno banale è capire quanto fosse prevedibile che quell' albero cedesse di schianto sollecitato da un vento di quella potenza. Era in buone condizioni? Era stato controllato di recente il suo stato di salute? E, di conseguenza, sarebbe potuto cadere in caso di maltempo visto che sotto c' erano gli spazi per montare le tende?
Per capirlo la procura di Massa, guidata dal procuratore della Repubblica Piero Capizzoto, ha nominato un perito agronomo che stamattina effettuerà una ricognizione.
Marta Buffoni, agronoma, presidente dell' Ordine degli agronomi delle province di Lucca, Pisa e Massa-Carrara, spiega: «Un avvenimento del genere non è così insolito».
Pur precisando che servono «ispezioni specifiche sulla pianta per poter fare una valutazione corretta».
La procura sentirà anche gli esperti di meteorologia, per comprendere quali fossero le effettive condizioni del tempo. Il pioppo non è stato l' unico albero abbattuto in zona, altri alberi sono caduti in diversi campeggi.
Questi però hanno travolto auto o si sono semplicemente schiantati al suolo.