Flavia Fiorentino per il “Corriere della Sera”
anna bulgari e giorgio calissoni rapiti nel 1983
«Mi manca la terra sotto i piedi, ho un senso di vuoto incolmabile, non posso immaginare che mamma non c' è più. Da quando ci rapirono insieme, avevo solo diciassette anni, con lei ho sempre avuto un legame speciale».
Il nome è importante, ma nel parlare di Anna Bulgari Calissoni, scomparsa a 93 anni venerdì pomeriggio all' Ospedale Santo Spirito di Roma dopo un malore, il figlio Giorgio è semplicemente un uomo (oggi affermato notaio della capitale) che ha profondamente amato sua madre. Una donna coltissima, amante della musica classica, appassionata di argenteria antica, erede della grande dinastia di gioiellieri originari dell' Epiro, eccellenti conoscitori di gemme per generazioni e trapiantati a Roma dove fondarono il prestigioso marchio internazionale, oggi di proprietà del gruppo francese Lwmh.
Vi capitava di ricordare quel terribile momento in cui i vostri carcerieri le amputarono il lobo di un orecchio per ottenere il riscatto che fu poi pagato, 4 miliardi di lire?
«Sono riuscito a superare quella situazione solo perché mamma mi dava coraggio.
Da quando ci presero, il 19 novembre del 1983, fino alla liberazione alla vigilia di Natale, ho avuto la fortuna che non ci separassero mai e abbiamo vissuto sempre in tenda insieme. Se lei non ci fosse stata, non so se ce l' avrei fatta. Con il tempo non le piaceva tornare sull' argomento.
Con gli altri lo aveva cancellato. Tra noi era diverso, anche se non ne parlavamo si era creata un' intesa così speciale, che solo noi sapevamo che alcune parole o certe situazioni ci colpivano perché riportavano la mente a quei giorni lontani ma ancora così vivi. Sui giornali se ne scrisse tanto. Quei fatti sono diventati un pezzo di storia del nostro Paese. Oggi per fortuna i sequestri non sono più di attualità».
Quando l' ha vista l' ultima volta?
lettera di anna bulgari calissoni
«Sono andato a trovarla giovedì, come quasi ogni giorno, nella sua casa in via Condotti. Sempre elegante, lucidissima, curiosa. Parlavamo di tutto, lei era molto ironica e divertente. Poi ci siamo risentiti al telefono in serata e mi ha detto che le mancavano le sue amiche che non vedeva da un po' perché, come tutti, per paura del Coronavirus l' avevamo "chiusa in casa".
ANNA BULGARI CALISSONI POCO DOPO LA LIBERAZIONE
Dai controlli, nessun contagio, due tamponi, entrambi negativi. Ma il medico mi ha detto: "Guardi che se sua madre non muore per il Covid, muore di depressione. Così, mi sono imposto di andarla a trovare regolarmente. E tutti i giorni, alle 18 e 30 ero lì».
Poi cosa è successo?
«All' una di notte la badante ha chiamato un' ambulanza perché la mamma si lamentava. Poi, arrivata all' ospedale Santo Spirito, la situazione è precipitata. All' alba di venerdì i medici ci hanno detto che era gravissima facendo questo esempio: "Le persone così anziane camminano su un burrone, basta un po' di brecciolino per farle precipitare".
giorgio calissoni dopo il rilascio
Sono un uomo maturo, ho cinquantaquattro anni e due figlie, ma in questo momento provo un senso di vuoto che mi dà le vertigini. Ho perso mio padre nel 2001, con lui avevo un ottimo rapporto e ho ereditato molti aspetti caratteriali. Ma lo spaesamento, il senso di abbandono che sto vivendo in queste ore è più profondo. I funerali, per l' ultimo saluto alla mamma si terranno domani a Roma nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme».
ricerche sul luogo di prigionia di anna bulgari e del figlio giorgio calissoni