Fulvio Abbate per huffingtonpost.it
No, il plexiglass no! Parafrasando Totò, quando nei “Soliti ignoti”, visionando il filmino amatoriale girato da Marcello Mastroianni per mettere a punto il colpo, potremmo dire: come simulazione grafica è una schifezza… Ma si capisce quanto basta rispetto all’orrore disumano che ne potrebbe giungere.
Sì, circa l’orrore ambientale che potrà essere qualora quel genere di paratie dovessero essere messe in opera, installate, così da separare in spiaggia ombrellone da ombrellone, sdraio da sdraio, lettino da lettino, villeggiante dal cognato. Tutti soli, separati, divisi, come “monadi”. Un termine filosofico che bene rende l’idea: “monos” cioè uno, singolo, unico. Qualora fosse presente tra i bagnanti Leibnitz, ve ne direbbe molto di più.
ipotesi di adattamento della spiaggia al coronavirus
Le doverose accortezze dovute ai tempi di coronavirus, posto che non si possa rinunciare ai piaceri dell’estate, del sole e dello iodio marino, hanno ipotizzato che lungo le nostre spiagge, appunto tra ombrellone e ombrellone debba esserci una parete divisoria in plexiglass, qualcosa di simile ai labirinti degli specchi che un tempo si trovavano nei luna park come il Parco della Cittadella di Parma.
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Il suggerimento giunge da un’azienda del modenese: “attrezzare le spiagge con dei cubicoli di alluminio e plexiglass: 4,5 metri per lato, con un’altezza di due metri e una porta per entrare. Lo spazio sarebbe sufficiente per ospitare un paio di sdraio e un ombrellone”. L’azienda, Nuova Neon Group 2, nome da suggestione fantaradiofonica, si è anche detta pronta a realizzare “soluzioni meno drastiche, come dei pannelli separatori”, sempre in plexiglass, tra gli ombrelloni. La simulazione grafica pubblicata da molti giornali e siti lascia, lo si è detto, tragicamente a desiderare, suggerisce un sistema concentrazionario, sia pure in forma “easy”. Ci si potrà salutare attraverso le pareti trasparenti, come avviene nei parlatori degli istituti di pena.
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Sappiamo tutti che l’Italia tirrenica adriatica e ionica è paese d’ingegno, e dunque da una situazione tragica che assomiglia a un monumento alla costrizione, sputo in volto alla sensazione di libertà che le spiagge nostre, al di là dell’affollamento talvolta simile a un carnaio, hanno sempre mostrato, perfino nell’ampia filmografia nazionale, ci sarebbe perfino qualcosa da apprendere e da progettare, metti, artisticamente parlando.
Proprio nei giorni scorsi Sky Arte ha mostrato un documentario accattivante e istruttivo sulla piattaforma realizzata dagli artisti Christo e Jeanne-Claude lungo il lago d’Iseo, “The Floating Piers”, un’installazione temporanea consistente in una rete di pontili galleggianti aperta al transito pedonale pubblico, sviluppata tra Sulzano, Montisola e l’Isola di San Paolo. Le passerelle galleggianti sono state realizzate con circa 220.000 cubi di polietilene ad alta densità (siamo sempre nel mondo delle materie plastiche, le stesse che venivano indicate come il futuro da mister Robinson nel “Laureato”, ricordate?) e ricoperte da un tessuto giallo-arancio brillante. Un’opera che risponde alla fantasia del Nouveau Réalisme, il movimento che vede Christo, “l’impacchettatore” di monumenti, tra i fondatori.
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Una interminabile passerella irregolare, sull’acqua, quasi a dare la sensazione che i miracoli cristologici possono anche avere luogo e perfino aspetto turistico, ricreativo, rallegrante, con Christo (l’artista, non l’Unto) a dirigere i lavori fino all’acme dell’inaugurazione con l’arrivo di pullman occupati da visitatori felici di sentirsi pronti a collaudare l’opera. Aspiranti apostoli del turismo domenicale.
Permettete un salto all’indietro nel tempo, sarà stato il 1968 quando mia madre, insegnante di lingue straniere, prese a mostrarmi un testo che conteneva visivamente ciò che sarebbe stato in un imminente futuro l’approccio all’apprendimento, appunto, linguistico. Nel libro apparivano le foto dei laboratori video-linguistici: cellette di vetro trasparenti dove gli studenti si ritrovavano separati, esiliati gli uni dagli altri. Impossibile, da quel momento in poi, pensare di rivolgersi tattilmente all’altro o, che so, praticargli il temibile “morso dell’asino”, la presa dolorosissima sulla coscia all’altezza del ginocchio, giusto per restare nella koinè studentesca. Confesso che la vista di quei laboratori, indicati criminalmente da mamma come un’opportunità unica, a me apparve simile a un sacello penitenziale, acquari mortuari.
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Non è più tempo di reticenze, il Covid-19 impone, appunto, accortezze cui noi dobbiamo offrire risposte certe, rassicuranti, che suggeriscano il riconquistato tempo di pace e ristoro marino, non è forse vero, come mostra il mussoliniano Colosseo Quadrato dell’Eur a Roma, che siamo un popolo, sì, di poeti, eroi, santi, ma anche di navigatori e trasmigratori? Dunque anche di bagnanti e bagnini, e perfino di artisti, una razza che non può certo rinunciare al mare.
Dunque ben venga, se non le paratie di plexiglass, l’innato genio leonardesco nazionale questa volta riferita al microcosmo degli stabilimenti, dei “chiringuiti”, e se proprio Christo dovesse essere occupato altrove, oppure i costi del suo ingegno dovessero risultare eccessivi, si potrà sempre ricorrere, metti, a Filippo Panseca, l’artista palermitano pieno di fantasia e risorse immaginifiche che con materiali affatto consueti eppure futuribili ebbe a fare la gloria scenografica del compianto Bettino Craxi, cominciando da una piramide; lui che già nel 1970 aveva realizzato a Milano un modulo componibile all’infinito, a duplice accensione intermittente, e di una durata di vita di tre anni.
Quanto alla “piramide multimediale”, già utilizzata per un congresso politico, nel nostro caso potrebbe mostrare ogni genere di libero palinsesto televisivo, film, cucina, reality, talent, tutto di soggetto ricreativo da solleone o quant’altro.
Sarebbe una grande soddisfazione sia per la protezione civile sia per gli assessorati al turismo sport e spettacolo, e anche gli uffici di igiene, ne siamo certi, darebbero il placet. Se davvero ciò avvenisse potrebbero risorgere perfino i Righeira, con un remix aggiornato del loro brano “L’estate sta finendo”. Ma quale finendo? L’estate di plastica comincia adesso.