Andrea Galli per il ''Corriere della Sera - Edizione Milano''
E alla fine è caduto anche «il Bomba». Le latitanze hanno una necessità primaria (i soldi, parecchi soldi, per mantenersi), un punto debole (il circuito degli affetti) e alla base una regola investigativa che sembra ovvia ma non lo è mai: per trovarli, i ricercati, bisogna mettersi all’inseguimento, investire uomini, fonti, risorse, tempo. Nel pomeriggio di giovedì, la Guardia di finanza ha arrestato il 55enne Gino Messina detto per appunto «il Bomba», personaggio notissimo: basta chiedere nel giro delle discoteche di corso Como, oppure a chi ha vissuto la stagione delle cosiddette Olgettine, e salta fuori questo tipo esuberante, dalle mille conoscenze, le camicie piene di colori e tendenti al kitsch, le fotografie in compagnia di Lele Mora e altri dell’ambiente.
Lui, «il Bomba», personaggio oltremodo vistoso con quel cranio ricoperto di tatuaggi che specie in questa latitanza, iniziata nell’aprile 2018 dopo la condanna definitiva per violenza sessuale, l’hanno obbligato a girare con un cappellino pure di notte, dinanzi agli investigatori, nel centro di Ivrea, una delle tappe del suo vagare tra Italia e Francia, non ha opposto resistenza. Zitto e pedalare. Ma non in conseguenza dell’accettazione della sorte, quanto per il sincero smarrimento: era convinto d’aver costruito un sistema che gli avrebbe garantito libertà eterna gabbando i cacciatori.
In Costa Azzurra, forte di documenti d’identità fasulli, ben realizzati, dunque costosi e fabbricati dalle persone giuste del circuito della malavita, Messina s’era messo di recente a lavorare come custode di una villa. Un «travestimento» in quanto anche là continuava a fare quello che aveva sempre fatto: organizzare eventi, feste private, incontri fra imprenditori, manager, modelle. Cresciuto sulla Riviera di ponente, decine di relazioni nel suo passato con fidanzate esclusivamente dell’Est Europa, «il Bomba» si sarebbe concesso rimpatriate in Liguria, negli ultimi tempi, avvicinando tramite conoscenze i famigliari; allo stesso modo, e lo conferma l’intensità della ricerca, almeno da metà giugno si sarebbe spostato in alcuni appartamenti di Milano per vedere i «contatti» e ricevere foraggiamenti.
La sua vicenda giudiziaria è relativa allo stupro di una giovane russa, nel garage di un condominio di Alassio; stupro comprovato (anche) dagli esami medici, mentre Messina aveva insistito nel parlare di un rapporto consenziente. Durante il processo, si era difeso così, e nessuno gli aveva creduto: «Lei mi chiamò dicendomi che voleva vedermi. Ci accordiamo che a fine lavoro ci saremmo messaggiati e sarei passato a prenderla… Ero con una macchina scomoda, un prototipo americano che dà molto nell’occhio… Allora ho deciso di andare nel garage di casa a cambiare vettura... Appena entrati in garage mi è saltata addosso, ha cominciato a baciarmi... io a quel punto l’ho appoggiata alla mia Smart e abbiamo consumato il rapporto».
Ora «il Bomba» ha davanti cinque anni di galera. Le indagini sono del Comando provinciale della Finanza di Savona con l’ausilio, come si evince dalla geografia della latitanza, di altri «cagnacci» fra Lombardia, Piemonte e Francia. Restano da capire quelli che gli han fornito denaro, covi, dritte. Potrebbero esserci novità interessanti. A breve.