Ivan Fossati, Cristina Pastore, Beatrice Archesso e Luca Bilardo per www.lastampa.it
incidente funivia stresa mottarone
Non dovrebbero chiudersi con i tre fermi di questa notte l'inchiesta sulla tragedia della funivia del Mottarone. Altri nomi, a stretto giro, potrebbero essere iscritti nel registro degli indagati. La procura di Verbania in queste ore sta infatti valutando la posizione di altre persone, in particolare anche in vista della consulenza tecnica e di quelli che saranno gli accertamenti «irripetibili».
Intanto Luigi Nerini (amministratore della società che gestisce la funivia), Gabriele Tadini (capo operativo) ed Enrico Perocchio (direttore di esercizio) sono in carcere a Pallanza, in tre celle diverse a causa delle limitazioni Covid. Intanto domani mattina è prevista la richiesta di convalida del fermo disposto dalla Procura di Verbania.
Con un minuto di silenzio oggi alle 16 la Camera ha reso omaggio alle 14 vittime della tragedia del Mottarone. «E’ inaccettabile e sarà necessario fare piena luce, in tempi rapidi, sulle cause di questa tragedia e sulle responsabilità» ha detto il presidente della Camera Roberto Fico.
La figlia di una vittima: «Nessun perdono»
«Me li avete ammazzati e a questo, mi spiace, non ci sarà mai nessun tipo di perdono». Con un storia su Instagram Angelina, figlia di Vittorio Zorloni – una delle 14 vittime della funivia del Mottarone – commenta la notizia dei tre arresti avvenuti nella notte per quanto successo domenica mattina
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Trovato un secondo «forchettone»
Si arricchisce di un nuovo dettaglio l’inchiesta sulla tragedia della funivia di Stresa. Sul luogo dell’incidente, nei boschi del Mottarone, è stato trovato questa mattina il secondo «forchettone», quel particolare strumento che impedisce l’entrata in funzione dei freni di emergenza dell’impianto.
L’inchiesta non si ferma. «Verificheremo se anche il personale della società fosse a conoscenza di questa prassi, il che non significa che sia stata una loro decisione» ha detto la procuratrice di Verbania Olimpia Bossi. Intanto domani ci sarà il conferimento dell'incarico ai periti «per un sopralluogo», poi si procederà «al conferimento degli accertamenti irripetibili per i quali abbiamo bisogno di più tempo» ha aggiunto la procuratrice.
I tre arresti nella notte, tra loro il gestore
«Con la convinzione che mai si sarebbe verificata la rottura del cavo, hanno corso un rischio che purtroppo ha determinato un esito fatale per le 14 persone che domenica si trovavano sulla funivia del Mottarone. Il quadro ricostruito è grave e sconcertante».
elisabetta persanini vittorio zorloni
Dopo un lunga notte di interrogatori nella caserma dei carabinieri di Stresa, condotti dalla procuratrice di Verbania Olimpia Bossi e dagli uomini del colonnello Alberto Cicognani, sono stati arrestati quelli che gli inquirenti ritengono i tre responsabili del disastro al Mottarone. Convocato poco prima di mezzanotte e stato trasferito in carcere alle 4 Luigi Nerini, 56 anni, di Verbania, residente a Baveno.
angelo vito gasparro roberta pistolato
E’ l’amministratore delle Ferrovie del Mottarone, la società concessionaria della gestione dell’impianto. Con lui sono indagati in stato di fermo (in attesa della convalida del Gip) Gabriele Tadini - 63 anni, di Stresa – caposervizio dell’impianto e coordinatore del personale: il vice di Nerini all’interno dell’azienda. Il terzo arrestato è l’ingegner Enrico Perocchio, 51 anni, biellese, consulente esterno per le Ferrovie del Mottarone con incarico di direttore di esercizio.
Allo snodo delle indagini, affidate dalla Procura ai carabinieri, gli inquirenti sono arrivati a poco più di 48 ore dall’agghiacciante incidente che ha provocato la morte di 14 persone, tra loro molti giovani e due bambini. La svolta nell’attività investigativa è stata segnata dal riscontro che un “forchettone”, un divaricatore che tiene aperte le ganasce che attivano il sistema frenante, era rimasto attivato.
soccorsi alla funivia stresa mottarone
Da metà pomeriggio di ieri la convocazione di dieci dipendenti delle Ferrovie del Mottarone e dalle loro testimonianze è emersa una prima verità: i freni non sono entrati in funzione perché si era deciso di tenere aperta la ganascia perché causava interferenze con il sistema trainante e mandava in blocco tutto il sistema. Per sistemare l’anomalia ci sarebbe forse voluto un intervento prolungato che avrebbe voluto dire chiusura dell’impianto e niente incasso per un altro periodo dopo quello del lockdown. Una decisione presa nella certezza che la fune traente non si sarebbe mai spezzata, invece è successo. Per quale motivo, è l’altro enigma che gli inquirenti devono sciogliere.
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Il colonnello Cicognani ha spiegato che «hanno ammesso le loro responsabilità». Da quanto ricostruito era da tempo, si presume almeno un mese, che la funivia aveva qualche problema e quindi viaggiava in quel modo. Intanto proseguono le indagini degli inquirenti per verificare ulteriori persone coinvolte e responsabilità.
«In modo particolare dalle fotografie all’impianto – ha detto nella notte la procuratrice Olimpia Bossi – abbiamo visto come il sistema di emergenza dei freni sembrava manomesso, nel senso che era stato apposto il “forchettone” che bloccava i freni. Dagli accertamenti questo è stato motivato dall'esigenza di evitare continui disservizi e blocchi della funivia. Erano stati fatti degli interventi di manutenzione che però non aveva risolto del tutto i problemi. Il sistema evidentemente aveva delle anomalie e avrebbe richiesto un intervento più sostanzioso che avrebbe tenuto fermo l’impianto».
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E qui il procuratore spiega il perché degli arresti. «Per ovviare a questo problema, gli operatori con quello che noi riteniamo il concorso, l’avvallo e l’assoluta consapevolezza del gestore e del responsabile dell’impianto non ha rimosso questa forchetta. E così, quando il cavo si è spezzato il freno di emergenza non è entrato in funzione». E quindi la rottura della fune – il cui motivo è ancora da chiarire – da sola non avrebbe comportato questa tragedia.
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