Chiara Sandrucci per "www.corriere.it"
È allarme per i giochi violenti stile «Squid Game», arrivati anche negli intervalli e nei cortili delle scuole piemontesi. La serie tv sudcoreana in onda su Netflix da appena un mese è diventata un fenomeno virale tra i più piccoli. Una classe di terza elementare dell’Ic Duca d’Aosta di Torino è stata sorpresa a giocare in cortile a «un due tre stella» in una nuova versione: chi perde viene eliminato con il gesto dello sparo o prende schiaffi. Nella serie, si viene uccisi.
«Le maestre si sono accorte che quel gioco non era normale e sono intervenute — riferisce Serenella Cuiuli, preside della Duca d’Aosta —. Si sono fatte spiegare la storia dai bambini e hanno scritto ai rappresentanti di classe invitando le famiglie a prestare più attenzione a quel che guardano i figli fuori da scuola».
Nella classe di una primaria del torinese, alcuni alunni costringevano i loro compagni a giocare a ddakji, la sfida coreana che consiste nel ribaltare un cartoncino ripiegato lanciandone un altro dall’alto in basso. Il gioco è stato replicato con righelli e astucci. Chi perde, così come nella serie, riceve uno schiaffo. In una scuola media della provincia di Alessandria, gli zaini di alcuni ragazzi sono stati svuotati fuori dalle finestre perché si rifiutavano di giocare. Nella serie, una delle regole è che non ci si può ritirare dal gioco.
Questi ultimi due casi sono arrivati insieme ad altre decine di segnalazioni da tutta Italia alla Fondazione Carolina, che ha chiesto di sospendere la serie tv lanciando una raccolta firme su Change.org. In alcuni casi la Onlus dedicata alla novarese Carolina Picchio, prima vittima di cyberbullismo in Italia, è intervenuta con il «Rescue Team», il suo pronto intervento gestito da esperti messo a disposizione delle famiglie e delle scuole. «Non possiamo affidare ai social il nostro domani, istituzioni e famiglie devono intervenire», commenta Paolo Picchio, papà di Carolina e presidente onorario della Fondazione. «Ai tanti incontri che siamo tornati ad organizzare anche in presenza, i genitori non partecipano come ci si aspetterebbe. Molti sono troppo impegnati, altri non credono che i propri figli possano avere problemi di questo tipo».
Nei nove episodi della prima stagione di Squid Game, vietata ai minori di 14 anni, i concorrenti gareggiano in sei giochi per bambini. Perdere significa morte istantanea. «Da oggi 21 ottobre sulla piattaforma Change.org è possibile firmare la petizione per bloccare questo contenuto, micidiale per gli utenti più giovani e fragili», denuncia Ivano Zoppi, segretario generale di Fondazione Carolina.
«Ci siamo già attivati con l’AgCom, mentre abbiamo chiesto di incontrare il Garante infanzia e adolescenza per rappresentare il disagio vissuto da tante famiglie». In qualità di educatore, Zoppi non entra nel merito del prodotto televisivo, ma propone la «censura» come estremo rimedio. «Gli argini a tutela dei più piccoli non hanno retto, tanto vale domandarsi se davvero ha ancora senso indicare un limite di età alla visione di un contenuto».
Un’azione forte, finalizzata a sensibilizzare genitori e istituzioni, più che a censurare. Le scuole sono già in allerta. C’è preoccupazione tra gli insegnanti dell’Ic Tommaseo e dell’Ic Parri Vian, dove i bambini non giocano così in classe, ma guardano la serie a casa o nei video postati sui social. «La vedono senza che i genitori se ne facciano cruccio — conferma la preside della Tommaseo Lorenza Patriarca —. Quindi abbiamo pensato di intensificare gli interventi che già si facevano per le famiglie nelle classi delle medie e organizzarne per le quarte e quinte della primaria».
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