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1. AMRI, GABRIELLI DIFENDE IL VIMINALE: "GIUSTO FARE I NOMI DEGLI AGENTI"
Sergio Rame per il Giornale
Il Viminale diffonde nome e cognome dei due agenti coinvolti nella sparatoria conclusasi con la morte del killer di Berlino, ma non tutti sembrano condividere la scelta di comunicazione.
E la polemica, inizialmente limitata ai social, monta con il passare delle ore con qualche sconfinamento nella politica. Ma il capo della Polizia, Franco Gabrielli, spegne le polemiche facendo scudo al Viminale: "Non c'è alcuna esposizione, ma un riconoscimento chiaro. Una sottolineatura per mettere al centro chi ha reso possibile tutto questo, rischiando la propria vita".
È sul web che ci si chiede se divulgare l'identità di Luca Scatà, l'agente in prova al commissariato di Sesto San Giovanni che ha sparato e ucciso Anis Amri, e Cristian Movio, l'altro poliziotto della pattuglia rimasto ferito a una spalla, non esponga i due e le rispettive famiglie al rischio di ritorsioni. "È una scelta sbagliata", scrivono in molti. "Ora dovranno cambiare nome e residenza", azzardano altri. "Ma l'indirizzo e il codice fiscale non li pubblicate?", ironizzano altri ancora.
Tra i primi a mettere il neo ministro dell'Interno, Marco Minniti, nel mirino è Gianni Alemanno, di Azione nazionale. "Si dimetta - attacca l'ex sindaco della Capitale - è veramente una vergogna l'incompetenza e la mancanza di professionalità di un ministro che in conferenza stampa svela i nomi e i volti degli agenti di polizia che hanno ucciso l'attentatore di Berlino, espone queste persone a una sicura ritorsione da parte del terrorismo islamico".
Di "follia" parla anche Franco Maccari, segretario generale del Coisp, sindacato indipendente di polizia: "Si sarebbe dovuta tutelare l'identità degli agenti, così come avviene per i militari impegnati all'estero nelle attività di contrasto al terrorismo".
Gabrielli non ci sta a farsi tirar dentro al tritacarne delle polemiche. Non accetta in alcun modo che un successo della Polizia italiana venga macchiato dal tira e molla politico. "È abbastanza avvilente che mentre tutto il mondo parla di noi e si complimenta con la Polizia per il lavoro svolto, noi continuiamo a farci del male guardando il dito e non la luna". Secondo Gabrielli, infatti, fare i nomi dei due agenti non li espone a ritorsioni da parte della comunità islamica.
CRISTIAN MOVIO CON I COLLEGHI IN OSPEDALE
"Non siamo in presenza di un terrorismo come quello che abbiamo conosciuto negli anni Settanta, un terrorismo endogeno che ha interesse a colpire il singolo - spiega - qui ci troviamo di fronte a qualcosa di diverso". La preoccupazione di Gabrielli, insomma, non è per il singolo agente: "Sono a rischio tutti coloro che rappresentano le forze di polizia e hanno una divisa".
Da mesi Gabrielli lavora affinché continui a crescere l'orgoglio e il senso di appartenenza dei poliziotti e degli uomini e delle donne delle forze di polizia. "E, nel momento in cui è fondamentale tenere alto l'orgoglio di chi vive con la divisa, il ministro non ha fatto altro che galvanizzare chi ogni giorno opera indossando proprio una divisa". Per questo non può che condividere la scelta fatta da Minniti.
2. LUCARELLI ATTACCA GLI AGENTI: "NON SONO EROI, RIMPIANGONO MUSSOLINI"
Claudio Cartaldo per Il Giornale
Non si è fatto attendere il commento di Selvaggia Lucarelli su Facebook in merito alla vicenda dei due poliziotti che a Sesto San Giovanni ieri notte hanno freddatto Anis Amri, il jihadista della Strage di Berlino.
Per la Lucarelli, Luca e Cristian non sono "eroi", ma "al massimo poliziotti coraggiosi con buoni riflessi". Ma soprattutto critica alcuni post sui profili Facebook di uno dei due agenti che ha condiviso alcune foto di Mussolini, si è fatto ritrarre nel saluto romano e altri post "scomodi". "Per quello che mi riguarda - scrive la Lucarelli - un poliziotto che chiede i documenti a una persona per effettuare un banale controllo e si trova, imprevedibilmente, a dover rispondere al fuoco, non è un eroe.
È un uomo che svolge il suo lavoro e lo fa esattamente come gli altri 300 000 poliziotti in Italia che si assumono i medesimi rischi e magari vanno in pensione senza essersi mai trovati nella drammatica situazione di dover sparare a qualcuno. Parole come "orgoglio" ed "eroi" mi lasciano perplessa". E questo perché quello della scorsa notte "era un controllo casuale. Hanno avuto prontezza nella reazione. Bravi. Fine".
Poi l'affondo contro il poliziotto: "Per il resto - conclude Lucarelli - quello che ha ammazzato Amri è uno che scriveva cagne alle donne, che si faceva fotografare mentre faceva il saluto romano, che rimpiangeva Mussolini e così via. Ecco, facciamo che è al massimo un poliziotto coraggioso e con dei buoni riflessi. Per il resto, dal bussolotto degli eroi del Natale, per quel che mi riguarda c'è altro da pescare".
IL CAMION GUIDATO DA ANIS AMRI NEL MERCATO DI BERLINO