C.Gu. per "il Messaggero"
Schmuel Peleg entra in tribunale
Due mandati di cattura internazionali emessi dalla Procura di Pavia (uno nei confronti del nonno di Eitan e l'altro dell'autista che li ha portati in macchina fino a Lugano), il ricorso subito depositato dai legali di Shmuel Peleg contro l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, l'immediata trasmissione dalla Procura generale di Milano al ministero della Giustizia della «richiesta di estradizione» da Israele verso l'Italia del nonno materno dell'unico sopravvissuto alla strage della funivia del Mottarone e del conducente dell'auto, definito dagli investigatori «soldato» di un'agenzia di contractor.
ESTRADIZIONE Con Israele si applica la convenzione europea di estradizione del 1957 di Parigi, ma il Paese ha apposto una riserva in base alla quale non estrada i propri cittadini. La guerra di famiglia per decidere il futuro del bambino di 6 anni, che nella cabina accartocciata ha perso genitori, fratello e nonni paterni, è una partita su vari livelli giudiziari. Nel caso più che probabile che venga negata l'estradizione del nonno di Eitan, precisano fonti di via Arenula, l'Italia attraverso il ministero della Giustizia potrebbe chiedere a Israele di perseguirlo penalmente sul suo territorio per i reati contestati dai magistrati di Pavia.
Ma anche questa strada si profila irta di ostacoli, poiché in Israele è già stato aperto un procedimento analogo a carico di Shmuel Peleg. Nell'ordinanza di custodia cautelare il gip rimarca il rischio di reiterazione del reato: grazie alle sue «capacità criminali» Peleg potrebbe rapire di nuovo Eitan, nel primo blitz sono state «impiegate tecniche (o forse anche solo mere e non confessabili cointeressenze) di intelligence parallela».
Il giudice parla di «un certosino piano di esfiltrazione destinato, dapprima, a eludere ogni possibile investigazione o accertamento da parte delle forze di polizia» sui movimenti di Peleg «e poi ad attuare» il rapimento di Eitan «con un'azione all'un tempo fulminea e irresistibile». Valga per tutti al riguardo, si legge ancora, «il rilievo che questi riusciva a far superare al bambino il controllo al posto di frontiera aerea di Lugano a dispetto del fatto che sul passaporto israeliano del minore», che il nonno avrebbe dovuto restituire alla zia tutrice su ordine del giudice di Pavia, pendeva «visibile sugli archivi telematici in uso alle forze di polizia di diversi Paesi una denuncia di smarrimento del documento presentata dalla tutrice Aya Biran».
Il gip inoltre fa notare che sempre l'11 settembre, giorno del rapimento, «vi fu un controllo alle 14.10 della polizia cantonale del Ticino presso l'area aeroportuale Lugano-Agno a carico di Peleg», che si trovava a bordo della macchina noleggiata «con suo nipote» e Abutbul. Ciò che «sconcerta di quel controllo», scrive il giudice, è che fu «verificato direttamente anche il passaporto israeliano del bambino», ma i tre vennero lasciati andare. Oggi si torna in aula a Tel Aviv per la prima udienza del processo d'Appello per decidere, in base alla Convenzione dell'Aja, se Eitan debba tornare in Italia.
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