1. CERCIELLO E VARRIALE, IL GIALLO DELL'AUTO DI SUPPORTO: SENZA RINFORZI LA NOTTE DELL'AGGUATO
Valentina Errante per ''il Messaggero''
MARIO CERCIELLO REGA E ANDREA VARRIALE
«Ma come sei arrivato a via Cicerone da piazza Trilussa?». A porre la domanda alle 3.22 del 26 luglio scorso ad Andrea Varriale che aveva chiamato disperato perché il suo collega, Mario Cerciello Rega era stato accoltellato e perdeva sangue, è l'appuntato, in servizio quella notte alla centrale operativa. «E dimmelo no, chiamami ti faccio avvicinare una macchina». Dalle conversazioni risulta chiaro che non ci fossero altre auto di supporto a sostenere l'operazione dei militari, intervenuti in borghese per un cavallo di ritorno, ossia la tentata estorsione ai danni di Sergio Brugiatelli e la richiesta da parte di Finnegan Elder Lee e Gabriel Christian Natale Hjorth di 80 euro e un grammo di cocaina.
Nei drammatici minuti che precedono l'arrivo dell'ambulanza, un'auto in servizio passa davanti a Varriale che tenta di farsi vedere. Una circostanza che ritarda anche i soccorsi. Il luogo diverso, rispetto a quello noto alle centrale, e il fatto che proprio Varriale accusi dell'aggressione due magrebini fa presumere che si tratti di un'altra operazione. Dal momento che la descrizione dei due americani «Uno biondo, l'altro moro», era stata fornita dalla centrale operativa.
omicidio cerciello - il video della fuga dei ladri della borsa a trastevere
LA CONVERSAZIONE
La prima chiamata di Varriale alla centrale è pochi secondi dopo l'accoltellamento. Varriale è disperato, chiede un'ambulanza. Ripete: «Mario, Mario Cossa, via Pietro Cossa, subito un'ambulanza, perde tanto sangue, sto tamponando...respira a mala pena». Nella registrazione le ultime parole del vicebrigadiere: «Sto male, sto male», mentre un'auto di servizio passa davanti ai due militari: «ehi, ehi, l'autoradio mi sa che non mi ha visto», dice Varriale. L'operatore dice a un collega: «Guarda gli so' passati avanti l'autoradio». Varriale grida. «Porco ...ma non mi vedono?». Dalla centrale cercano di capire: «Ma dimmi dove li vedi?» E li ho visti passare sulla piazza qua». E l'operatore: «Aspetta ti passo il collega sul primo canale che ce li ha in diretta, aspetta un attimo».
i due americani fermati per la morte di mario cerciello rega
«MANDAVO QUALCUNO»
Quattro minuti dopo, Varriale chiama ancora, alla centrale non hanno capito. Varriale bestemmia «C'hanno preso a coltellate sti bastardi». L'operatore risponde: «quelli che ha fermato?. Ma dimmelo che li hai fermati, ti mando qualcuno». E Varriale: «Ma che fermato, che appena li abbiamo fermati ci hanno accoltellato». E l'operatore: «Ma come sei arrivato a via Cicerone da piazza Trilussa?». Il carabiniere risponde: «Perché l'appuntamento non era lì, era da un'altra parte».
L'appuntato che era a conoscenza dell'intervento aggiunge: «E dimmelo, chiamami, no? Ti faccio avvicinare una macchina lì vicino. Vabbé ma come state?». Varriale: «Mario sta perdendo sangue, ci serve un'ambulanza, via Pietro Cossa». E quell'altro: «Via Pietro Cossa, ti mando subito un'ambulanza, il com'era». «Civico 32», replica Varriale...poi dalla centrale chiedono: «Ma è arrivato qualcuno delle macchine?». E Varriale: «Non è arrivato nessuno, e non mi vedono». «Ok, dai, ti mando qualcuno».
Alcuni secondi dopo dalla centrale partono le indicazioni in base alla testimonianza fornita da Varriale: «Si cercano due persone di colore, età circa 20, hanno accoltellato il collega». A questo punto proprio dalla centrale non comprendono più se Varriale e Cerciello Rega siano intervenuti per la tentata estorsione indicata proprio prima. Era stata proprio la centrale a informare Varriale e Cerciello Rega sui connotati dei due americani.
Così l'operatore dice a un collega: «Sembra però che le descrizioni sono diverse perché prima ci avevano detto uno biondo e uno moro e mo' sono due di colore, quindi non so se sono due cose distinte e separate..Non c'avevano informato che erano arrivati fino a zona San Pietro. Noi stavamo aspettando di sapere qualche notizia in merito a st'appuntamento, perché gli avremmo mandato un'altra macchina».
2. LA VERSIONE DEL KILLER: "MI STRINGEVA IL COLLO, HO DOVUTO COLPIRLO"
Marco Mensurati e Fabio Tonacci per ''la Repubblica''
"Mi chiamo Finnegan Lee Elder. Sono nato il 31 gennaio del 2000 a San Francisco. Il mio soprannome è Fin. Sono uno studente di Economia. Non ho condanne. E ho continuato a colpirlo finché non ho sentito mollare la presa al collo". Quando il killer del vice brigadiere Mario Cerciello Rega si siede davanti ai magistrati la mattina del 26 luglio sa bene che le sue possibilità di uscire indenne da quel guaio sono pari a zero.
MARIO CERCIELLO REGA ANDREA VARRIALE
I carabinieri l'hanno preso in albergo poche ore dopo l'omicidio, hanno trovato il coltello con cui ha inferto undici fendenti al costato di Cerciello, e, ora, stanno interrogando il suo amico Gabriel Natale Hjorth. Quanto basta per spingerlo alla mossa della disperazione: ribaltare i fatti, consegnare un racconto che da aggressore lo vede aggredito. "Uno dei due uomini (Cerciello, ndr ) mi ha preso e gettato a terra, poi con le mani ha cercato di strangolarmi".
"Macché coca, volevo dormire"
Il verbale inedito della sua confessione è allegato agli atti dell'indagine della procura di Roma, depositati in vista del Riesame per la scarcerazione. In parte coincide con la testimonianza di Natale Hjorth, in parte è opposta, come quando gli viene chiesto della ricerca del grammo di cocaina, primo moto di una notte di sangue. "Era Natale che la voleva", sostiene Fin ("Era Elder che la cercava ", dirà invece l'amico). Dopo l'aggancio con Sergio Brugiatelli, l'acquisto andato a vuoto, il furto dello zaino, e l'accordo per scambiarlo con soldi e droga il racconto di Finnegan approda al momento cruciale: l'incontro in via Cesi delle 3.15.
"Era grosso, mi sono spaventato "
"Quando siamo arrivati nel luogo dell'appuntamento, pensavo di vedere Sergio ma invece ho visto due uomini che guardavano in direzioni opposte mentre parlavano tra di loro. Sembravano turisti. Siamo stati aggrediti non appena sono arrivati vicino a noi, e loro non ci hanno detto nulla. Uno dei due mi ha buttato a terra e ha cercato di strangolarmi. A quel punto ho estratto il coltello perché pensavo che fossero stati mandati da Sergio e che avessero cattive intenzioni, non pensavo che Sergio avesse potuto ottenere l'aiuto dei poliziotti. Gli ho dato il primo fendente, ma questo ragazzo (Cerciello, ndr ) non si fermava, quindi ho continuato a colpirlo finché non ho sentito mollare la presa al collo. Quindi sono scappato". Andrea Varriale, il carabiniere di pattuglia con Cerciello, spiegherà invece che avevano semplicemente tentato di immobilizzarli, e che la reazione di Finnegan fu furibonda, inaspettata e violenta: undici coltellate inferte in circa 32 secondi, stando a quando si desume dagli orari di una telecamera che inquadra l'arrivo dei carabinieri e la fuga degli americani.
"Mi immobilizzava con le ginocchia e, sovrastandomi, mi colpiva ripetutamente e ho percepito questa situazione di compressione al collo", sostiene, al contrario, Finnegan. "Mentre mi teneva fermo non ha mai estratto la pistola (non ce l'aveva, ndr ), ma mi sono molto spaventato perché era di corporatura robusta".
La menzogna
Dunque, sostiene a questo punto Finnegan di non aver capito chi aveva davanti. "Se avessi saputo che si trattava di un poliziotto, mi sarei fermato. In America, quando un poliziotto ti ferma, la prima cosa che fa è esibire il tesserino". Una versione che non regge. Primo, perché le telecamere li filmano mentre si abbassano per non farsi vedere al passaggio della macchina di copertura, una Gran Punto nera, di Cerciello e Varriale, come se già la conoscessero.
Secondo, perché Natale Hjorth, la "mente" dell'agguato per gli investigatori, dichiara ai pm il contrario: "L'interlocutore (Brugiatelli, ndr ) mi diceva di raggiungerlo, e girando ho visto due tipi che si sono messi a gridare dicendo qualcosa sui Carabinieri, ma non sapendo che i Carabinieri potessero essere in borghese ho avuto molta paura per la mia vita e, spintonando uno dei due (Varriale, ndr ), sono riuscito a liberami". Nel frattempo, Cerciello veniva colpito a morte. "Non ho capito cosa è successo - balbetta Natale - solo a tarda notte ho visto il mio amico molto agitato e mi ha confessato di aver usato il coltello. Non mi rendevo conto della gravità dell'accaduto, mi sono limitato a chiedergli: perché, perché?".
I due coltelli
Fin e Gabe (soprannome di Gabriel Natale) si contraddicono pure sul coltello. "Tornati in albergo, Finnegan è andato in bagno e mi sembra che lo abbia lavato. Non so dove l'ha messo poi. E non posso definirlo mio amico, visto che non mi aveva detto di avere preso il coltello". E l'altro: "Io l'ho lavato, ma è stato Natale a nasconderlo, vicino alla porta nel controsoffitto. Anche lui aveva un coltello, ma molto più piccolo". Tornato all'hotel Meridien, dopo aver ucciso un carabiniere, Finnegan - che rivela di soffrire di "crisi di panico da circa due anni", di assumere Xanax, e di aver provato la cocaina "solo quando ero giovane" - ha il tempo di fare una telefonata. "Ho avvisato la mia ragazza in America". Poi il sonno.