Sviluppi in arrivo per la nuova inchiesta sull’omicidio di Mino Pecorelli, il giornalista fondatore della rivista OP (Osservatore Politico), ucciso a Roma il 20 marzo del 1979. Nuovi elementi per il magistrato della Procura di Roma Erminio Amelio titolare dell’inchiesta. Se ne è parlato a Cusano Italia TV durante la trasmissione “Crimini e Criminologia” curata e condotta da Fabio Camillacci.
La giornalista Raffaella Fanelli, che ha fatto riaprire il caso, ha presentato “La Strage Continua”, un libro che a breve dovrebbe essere acquisito agli atti dell’inchiesta come ha annunciato ai microfoni della tv dell’Unicusano, l’avvocato Giulio Vasaturo, legale della FNSI che si è costituita parte offesa nella nuova inchiesta: “Insieme al legale della famiglia, l’avvocato Claudio Ferrazza, chiederemo l’acquisizione agli atti dell’indagine del libro di Raffaella Fanelli perché per i contenuti può essere un fondamentale strumento conoscitivo e di rilievo giudiziario nell’ambito dell’indagine in corso”.
La novità rilevante emersa ultimamente, l’ha spiegata la stessa giornalista affermando: “Dopo aver intervistato Maurizio Abbatino, uno dei boss della Banda della Magliana, nel verificare una sua risposta in merito al sequestro e l’omicidio di Aldo Moro, ho trovato un verbale del 1992 di Vincenzo Vinciguerra, con le parole che il neofascista di Ordine Nuovo-Avanguardia Nazionale rilasciò al giudice di Milano Guido Salvini, e in cui parla dell’omicidio di Mino Pecorelli.
Vinciguerra parlò di un ricatto del quale era venuto a conoscenza attraverso le dichiarazioni di Adriano Tilgher, che fu tra i fondatori di Avanguardia Nazionale con Stefano Delle Chiaie. Tilgher e Vinciguerra erano in cella insieme e Tilgher disse a Vinciguerra che la pistola che uccise Pecorelli era in mano a Domenico Magnetta, un altro avanguardista. Magnetta –ha spiegato la giornalista- in precedenza aveva fatto a Tilgher una sorta di ricatto dicendo che se non lo avessero aiutato a uscire dal carcere attraverso le loro amicizie potenti, avrebbe tirato fuori la pistola che uccise Mino Pecorelli.
Una pistola che dunque sarebbe stata conservata nell’arsenale di Avanguardia Nazionale e in particolare proprio da Domenico Magnetta; peraltro l’avanguardista arrestato con Massimo Carminati. E così, cercando nei verbali che riguardavano Magnetta ho trovato anche un verbale di sequestro di armi del 1995 dove figura una pistola dello stesso calibro di quella che uccise Pecorelli. Quando intervistai Vinciguerra nel carcere milanese di Opera, mi confermò quelle dichiarazioni.
Oltretutto, dopo che Vinciguerra ne parlò col giudice Salvini, qualcuno in carcere cercò di ucciderlo. Voglio precisare che Vinciguerra non è un collaboratore di giustizia, non ha mai fatto dichiarazioni in cambio di benefici o sconti di pena ed è tutt’ora dietro le sbarre. E tutte le dichiarazioni che ha rilasciato in questi anni sono state verificate dal giudice Salvini e nessuna è risultata falsa.
La pistola purtroppo non c’è –ha concluso Raffaella Fanelli- perché sembra sia andata distrutta così come non ci sono i bossoli raccolti in strada in via Orazio il 20 marzo 1979, furono sostituiti quando si indagava su Valerio Fioravanti poi prosciolto. Ma la perizia sarà fatta dalla polizia scientifica di Perugia sulle foto scattate all’epoca e quando le armi furono sequestrate. Quindi, per ulteriori sviluppi dell’inchiesta attendiamo l’esito di questa perizia”.
Raffaella Fanelli - La strage continua
A Cusano Italia Tv è intervenuta anche Rosita Pecorelli. La sorella del giornalista ucciso 41 anni fa ha dichiarato: “Io ritengo che questa nuova pista legata ad Avanguardia Nazionale sia il filo conduttore che può portare alla verità su mandanti ed esecutori materiali dell’omicidio di mio fratello. Un filo nero legato alla ‘strategia della tensione’ che va dalla strage di Piazza Fontana alla strage di Bologna e su cui Mino ha sempre indagato. E sono contenta di essere finalmente affiancata in questa battaglia dalla Federazione nazionale della stampa italiana e per questo ringrazio il presidente Beppe Giulietti che vuole arrivare fortemente alla verità sull’uccisione di un suo collega”.
giuseppe valerio fioravanti e francesca mambro