Giuseppe Scarpa per “la Repubblica - Edizione Roma”
Il parcheggio di un supermercato al Trullo era il suo tristissimo mondo. Lo è stato per 9 lunghi anni. Ha iniziato come posteggiatrice abusiva: uno scricciolo che aveva appena compiuto quattro anni e ha treminato come baby prostituta a undici, sempre nello stesso identico posto. Di fronte al via vai dei clienti, alcuni dei quali si intrattenevano dopo la spesa con la bimba, e sotto gli occhi dei commessi.
Per lei la scuola non poteva esistere, nonostante ci volesse andare a tutti i costi. La risposta della mamma, della nonna e della zia, le sue negriere, alle su richieste era sempre la solita: le cinghiate.
Adesso i parenti della piccola nomade ( mercoledì prossimo) dovranno difendersi, nella prima udienza del processo, dalle accuse formulate dal pm Vittorio Pilla: riduzione in schiavitù e prostituzione minorile. Accanto a loro, sul banco degli imputati, siederanno anche due italiani che hanno abusato della bambina.
La storia inizia nel 2005 quando la piccina dal campo di via Candoni, quattro anni appena compiuti, viene abbandonata ogni giorno nel posteggio di un supermercato al Trullo. Il suo compito era semplice. Doveva fare la parcheggiatrice abusiva. Indicare un posto libero e poi mostrare il palmo della mano per raccattare quanti più spiccioli possibili.
La bimba cresce così. Passano un paio di anni e chiede alla mamma e alla nonna: «Vorrei andare a scuola» . La risposta delle due è terribile, come scrive il pm nel capo d'imputazione, «le puntano un coltello e la percuotono con la cinghia». Ma le botte "per metterla al suo posto" nonna, mamma e zia le dispensano anche quando la piccina non riesce a racimolare abbastanza soldi.
E così, alle tre aguzzine, non è parso vero scoprire, nel 2012, che alcuni clienti, tra una spesa e un' altra, cercano un approccio sessuale con la bambina ( aveva appena compiuto 11 anni). «Al posto di 1 euro ti do 5 euro, ma posso toccarti?» , le domandano.
Quando la piccola racconta scioccata la proposta che aveva rifiutato, riceve l' ennesima lezione da mamma, nonna e zia. Ma oltre alla botte, questa volta, ci sono anche le minacce « non rientri a casa finché non guadagni denaro sufficiente » . La liberazione arriva solo alla fine del 2014, quando i parenti della piccola vengono arrestati e la ragazzina viene affidata ai servizi sociali.