Francesco Malfetano per il Messaggero
Un tracollo senza fine. Il modello delle Rsa lombarde, e quello di molte altre Regioni del nord Italia, è ancora una volta sull'orlo dell'implosione. Il rischio stavolta è che le residenze socio-sanitarie che ospitano anziani e persone non autosufficienti - i più fragili in una pandemia - si accartoccino praticamente su loro stesse, perché private del loro pilastro più solido: gli infermieri.
Soprattutto in Lombardia - in particolare nel milanese e nel bergamasco - ma anche in Piemonte, Emilia Romagna e Toscana, le pessime condizioni contrattuali garantite e una pressione salita tremendamente nel periodo di massima esplosione dei contagi, li stanno spingendo al licenziamento in massa.
Una vera e propria emorragia denunciata proprio dai dirigenti delle strutture di assistenza che aggrava una situazione già problematica. In Italia infatti, secondo le stime, mancano più di 53 mila infermieri, di cui 30 mila proprio sui territori. Non a caso, ad incentivare la loro fuga sono i numerosi bandi pubblici emessi dalle aziende sanitarie locali che puntano a rimpinguare le proprie risorse.
Gli infermieri in pratica, dopo anni passati ad essere costretti ad accettare condizioni contrattuali non in linea con la loro professionalità (il rinnovo manca ormai da 8 anni, tant' è che i sindacati minacciano battaglia e scenderanno in piazza a Roma il 15 ottobre prossimo), e dopo mesi trascorsi in prima linea durante la battaglia contro il Covid 19, lasciano il fronte Rsa per ambire finalmente ad uno scatto di retribuzione mensile e di carriera.
Un riconoscimento che però, come denunciato anche dai sindacati di categoria (NurSind e Nursing Up su tutti), rischia di far trovare queste ultime impreparate qualora i contagi dovessero superare il livello di guardia nelle prossime settimane o, in alternativa, di costringere le strutture ad aumentare le rette. Una questione allarmante soprattutto tenendo conto del fatto che, per l'ultimo report di agosto redatto dall'Istituto Superiore di Sanità, all'interno delle case di riposo in cui sono presenti ospiti Covid o sospetti tali va garantita la presenza di infermieri 7 giorni su 7 e 24 ore al giorno.
LO STUDIO Prassi sacrosanta che però diventa di difficilissima gestione a causa della carenza di personale e non solo. Secondo uno studio condotto nei mesi più difficili della lotta al Covid dall'Università di Trento, in collaborazione con quella di Verona e di Glasgow e già pubblicato sulla rivista Royal Society Open Science, il 43% del personale delle Rsa del nord Italia presenta sintomi moderati-gravi da stress post-traumatico. «Alla chiusura dell'indagine (avvenuta tra il 15 giugno e il 25 luglio 2020), abbiamo ricevuto 1.071 risposte da 33 strutture diverse situate in varie regioni del Nord.
Dai dati - ha spiegato alla stampa Elena Rusconi, docente di psicologia a Trento e co-autrice dello studio - la diffusione è risultata più elevata delle attese (in base a uno studio molto simile effettuato sui lavoratori ospedalieri in Cina durante il picco dei contagi) e dovrebbe costituire un forte campanello d'allarme». Una situazione potenzialmente esplosiva su cui servirebbe intervenire prima che si tramuti ancora in tragedia.