AOC recounting her horrifying experience hiding in her office during the insurrection.
“I thought I was going to die...I have never been quieter in my entire life.” pic.twitter.com/t2P6FU3mFU
— Justice Democrats (@justicedems) February 2, 2021
Gianni Riotta per "la Stampa"
«Pensavo di morire, mi sono detta questo è il giorno in cui morirai Alexandria»: la deputata democratica americana Alexandria Ocasio-Cortez, 31 anni, racconta con la voce rotta dall' emozione la sua fuga, la paura, il giorno dell' Epifania, quando i terroristi nazionalisti hanno preso d' assalto il Congresso per ribaltare la sconfitta dell' allora presidente Donald Trump alle elezioni di novembre. Un video trafelato, in diretta, come la telefonata a un' amica, le prime voci rauche degli aggressori sullo sfondo, i collaboratori che la costringono a chiudersi in un bagno, mentre dal tam tam dei messaggini WhatsApp e dagli slogan scanditi nei corridoi, appariva chiaro che quattro erano i bersagli della teppa.
Il vicepresidente repubblicano Mike Pence, considerato un traditore per non avere contestato la vittoria del democratico Joe Biden, come Trump gli aveva imposto, il nuovo leader dei democratici al Senato Chuck Schumer, la Speaker della Camera Nancy Pelosi e lei, AOC, Alexandria Ocasio-Cortez.
Per due volte eletta nel Bronx e Queens a New York, malgrado pesi massimi di Wall Street si fossero alleati contro di lei, idolo dei giovani, popolare online, capace di dire no agli investimenti di Amazon in città, in prima linea nei picchetti di piazza ma pronta, da influencer, a truccarsi in diretta o sfoggiare capi griffati, la Ocasio-Cortez è bersaglio dell' odio online dei gruppi eversori, QAnon, Proud Boys, Wolverines, Aryan Nation. La sua auto è stata circondata da dimostranti ostili, sui social media sono apparse le sue foto con la scritta «Ti uccideremo».
Perfino, racconta emozionata la parlamentare, il poliziotto che tempestava di pugni la porta del bagno in cui si era asserragliata, le ha dimostrato «rabbia e ostilità, non si capiva bene da che parte stesse» e quando le ha dato indicazioni per rifugiarsi in un' ala del palazzo meno pericolosa, è subito scomparso, abbandonandola a se stessa. Solo la collega deputata Katie Porter, vedendo la AOC disperata lungo un corridoio, la invita a barricarsi nel suo ufficio, «Io sono una mamma, non ho paura, organizziamoci», con la Ocasio-Cortez che le mormora «Katie, io spero di fare in tempo a diventare mamma».
La parlamentare racconta quindi di aver avuto paura di morire, di avere ancora attacchi di panico quando rientra in Parlamento o deve condividere l' aula con colleghe come la Marjorie Taylor Greene, militante della setta estremista QAnon, o Lauren Boebert, che solidarizzava con la rivolta.
Ma, a sorpresa, qui la giovane leader politica fa una confessione, avvertendo prima «i familiari e le mie persone care, non tutti siete al corrente di quello che sto per dire», raccontando in pubblico di esser stata vittima di una aggressione sessuale, il cui trauma viene ora riaperto dal tono violento di avversari politici e commentatori ostili.
Nell' America divisa degli Anni Venti la scelta della AOC le crea subito solidarietà in un campo e avversione in quello opposto, con toni di crudeltà grevi. Eppure, sia tra i democratici che tra i repubblicani, tutti dovrebbero meditare l' evoluzione della Ocasio-Cortez che, in una manciata di anni, matura da appassionata barista femminista del Bronx a icona globale del movimento per i diritti contro le disuguaglianze.
Non si tratta di approvare ogni sua posizione, o il suo tono, o le sue scelte, che qualche volta irritano la Pelosi come la preside con la ragazza ribelle del primo banco, si tratta di comprenderne il meccanismo narrativo formidabile, che al nostro tempo è vincente. Fare, come già Barack Obama, della propria vita, della propria storia personale, un manifesto politico, una piattaforma ideologica, una chiamata comune di battaglia. È, per esempio, quello che manca alla sinistra di casa nostra, algida, anodina, sempre incapace di passioni vere, svelate.
Ammettendo la propria debolezza, il terrore vissuto in Campidoglio, lasciando in pubblico la violenza sessuale subita, AOC dice alle altre vittime, alle donne, a chi subisce ingiustizie, «sono una di voi, vi rappresento, la mia voce è la vostra». I social media e la infosfera di oggi sono, è vero, inquinate dalla disinformazione, eppure hanno un istinto naturale per riconoscere le voci autentiche: e nel suo monologo sulla paura AOC ha interpretato questa fiducia con originalità.
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