Cristiana Mangani per “Il Messaggero”
Laura, 20 anni, proveniente da Mantova, è l'ultima nell' ordine. Quante volte la mamma le aveva raccontato l'esperienza di lavoro in Inghilterra. E lei voleva ripeterla, voleva andare a Londra per lavorare in un pub. Ma quando si è presentata all'ufficio di frontiera è stata bloccata e subito ricollocata su un aereo che l'ha riportata in Italia. «Sono stata trattata come una clandestina», si sfoga.
Il Regno Unito, dall'inizio dell'anno, è fuori dall'Europa, e i confini sono più che blindati. A Laura è andata bene, perché è ritornata a casa senza altre conseguenze. Il governo Tory di Boris Johnson sta facendo sul serio sulle sbandieratissime restrizioni ai confini nei confronti dei nuovi arrivi dai Paesi Ue, Italia compresa.
boris johnson e l'accordo sulla brexit
E ne descrive i metodi il sito Politico.Eu in una inchiesta giornalistica, nella quale svela come le autorità di frontiera di Londra - dall'entrata in vigore definitiva del divorzio da Bruxelles - abbiano bloccato, trattenuto fino a 7 giorni in centri per l'immigrazione e rimpatriato nei Paesi d'origine almeno una trentina di cittadini europei, tra cui tedeschi, greci, italiani, romeni e spagnoli: quasi tutti giovani che avevano tentato di entrare nel Paese all'avventura, in cerca di lavoro, senza avere il visto necessario o lo status di residenza prolungata garantito (con tutti i diritti pre Brexit) ai soli vecchi residenti che si sono iscritti nel registro digitale del cosiddetto EU Settlement Scheme.
Si tratta di numeri che l'Home Office, il dicastero dell'Interno britannico guidato dalla ministra-falco Priti Patel, per ora non conferma in attesa dell'elaborazione di dati ufficiali aggregati, non senza aggiungere per bocca di un portavoce di non voler entrare nel merito di vicende «individuali». Ma che neppure smentisce, lasciando intendere che le nuove regole sono note e legittime.
I RACCONTI
È una rivoluzione radicale alla quale molti devono ancora abituarsi. Gli europei fermati alla frontiera britannica vengono lasciati senza cellulare o altri mezzi per comunicare con l’esterno.
Sono praticamente sequestrati all'interno di centri di immigrazione (e di asilo politico), e possono usare solo un telefono pubblico che è nella struttura. I loro racconti sono finiti anche sui social.
Il 26enne greco Sotiris Konstantakos ha descritto condizioni al limite, con temperature fredde e sbarre alle porte e alle finestre, da dove non si può uscire, a parte i momenti di socializzazione con gli altri fermati. Per diversi diplomatici europei si tratta di una reazione «sproporzionata».
Da gennaio scorso, i ragazzi e le ragazze che hanno provato a trovare accesso dichiarando apertamente di voler cercare lavoro - di solito in attività poco qualificate e temporanee, alla pari o low skilled - senza tuttavia disporre delle condizioni richieste dalla normativa fresca di attuazione, sono stati respinti.
Gli schemi post Brexit consentono l'ingresso libero sull'isola fino a 90 giorni solo per turismo o motivi analoghi. Un po' come accade se si vuole fare un viaggio negli Stati Uniti.
La durata della detenzione dei fermati - in aeroporto per chi è potuto ripartire più in fretta, in centri ad hoc, tipo ostelli sorvegliati, per chi ha dovuto attendere - si viene spiegata in parte con gli ostacoli dell'emergenza Covid, che si traducono in meno voli disponibili per i rimpatri.
Le ambasciate e i consolati europei stanno intanto offrendo consulenza legale e intervenendo per cercare di abbreviare il periodo di stop, sebbene non tutte le persone coinvolte abbiano chiesto assistenza.
Fonti diplomatiche hanno osservato come non si tratti di casi clamorosi o di sorprese, tenuto conto che il governo Johnson aveva ampiamente pubblicizzato e rivendicato il previsto giro di vite, con l'introduzione dei visti di lavoro per i nuovi immigrati nonché di un severo sistema a punti - analogo al modello australiano - stando al quale il flusso (turisti esclusi) viene ora regolato sulla base di qualifiche, conoscenze linguistiche e caratteristiche dei candidati all' ingresso, oltre che del possesso di contratti di lavoro già firmati. Ciò non toglie il malcontento per l' atteggiamento draconiano del Regno.
POSSIBILI REAZIONI
Un atteggiamento che non è materia di negoziato con Bruxelles, visto che la stretta ai confini è stato uno degli argomenti fondanti della Brexit; e che Johnson e i suoi non a caso hanno tenuto fuori dall'accordo sulle relazioni future sottoscritto con l'Ue, l'immigrazione o la mobilità delle persone.
Ma che potrebbe essere affrontato a livello bilaterale; e in caso di mancato alleggerimento della pressione far scattare - se converrà - la reciprocità di misure altrettanto rigide verso i sudditi di Sua Maestà in arrivo nel continente.