PACCHI BOMBA, L’AFFARE SI INGROSSA: UNA BUSTA ESPLOSIVA INVIATA AL PORTIERE DEL PALAZZO DEI VIP A PONTE MILVIO. E’ LA QUINTA IN POCHI GIORNI A ROMA – NON SOLO LA PISTA DELLA GALASSIA ANARCHICA: UNO DEI SOSPETTI DI CHI INDAGA È CHE DIETRO AGLI ATTI TERRORISTICI CI SIA LA MANO DI UN FOLLE CHE, PERÒ, CONOSCEVA LE VITTIME, TANTO DA ESSERE RIUSCITO A RECUPERARNE GLI INDIRIZZI PRECISI…

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Michela Allegri per “il Messaggero”

 

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Un nuovo pacco bomba a Roma: questa volta è stato il turno del portiere di un palazzo di lusso, in via Ronciglione, zona Ponte Milvio. Per gli inquirenti l'attentatore sarebbe sempre lo stesso: il plico - un involucro commerciale formato A4, di colore giallo, regolarmente affrancato - è uguale a quelli che la scorsa settimana hanno ferito tre donne. Una quarta busta, pochi giorni fa, è stata spedita all'avvocato che aveva assistito e ospitato l'ex ufficiale nazista Erich Priebke.

 

Un dettaglio che aveva indirizzato gli inquirenti verso la pista della galassia anarchica. L'ultimo attentato - non andato a segno perché la vittima ha chiamato i carabinieri - rimescola però le carte in tavola. Uno dei sospetti di chi indaga è che dietro agli atti terroristici ci sia la mano di un folle che, però, conosceva le vittime, tanto da essere riuscito a recuperarne gli indirizzi precisi.

 

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LA VITTIMA

A. B., 54 anni, non ha ricevuto la missiva incendiaria sul luogo di lavoro, ma a casa sua, a Palombara Sabina, un comune nell'area a nord della Capitale. Come mittente era indicata una donna che aveva il suo stesso cognome, ma che lui non conosceva. Insospettito, il cinquantaquattrenne ha portato la busta nella caserma dei carabinieri più vicina. Sul posto sono intervenuti gli artificieri del Comando provinciale di Roma che hanno confermato la presenza all'interno di cavi elettrici collegati a una pila. L'ordigno, messo in sicurezza, è stato sequestrato.

 

Su tutti i casi indagano i carabinieri del Ros e la Digos, coordinati dal procuratore aggiunto Francesco Caporale e dal pm Francesco Dall'Olio. I reati ipotizzati nel fascicolo sono lesioni e atto con finalità di terrorismo. Il timore è che ci siano molti altri pacchi bomba in circolazione.

 

I PRECEDENTI

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La prima busta incendiaria è esplosa nella serata tra l'1 e il 2 marzo. La missiva era indirizzata a una ex dipendente dell'ateneo di Tor Vergata, ora in pensione. Ad aprire l'involucro, ferendosi, era invece stata un'impiegata del centro di smistamento posta di Fiumicino. Poco dopo, un secondo incidente: la busta è stata spedita a casa un'altra pensionata, che ha lavorato all'università Cattolica.

 

Il terzo pacco bomba è stato recapitato a una ex dipendente Inail. In questi casi come mittenti erano indicati persone realmente conosciute dalle vittime: un amico di Facebook, un conoscente e l'ateneo di Tor Vergata. Il 5 marzo a ricevere la lettera incendiaria, è stato un avvocato, che in passato ha difeso e ospitato l'ex ufficiale nazista Erich Priebke. Da qui l'ipotesi della pista anarchica, anche se mancano rivendicazioni.

 

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Dai primi accertamenti è emerso che in passato l'ateneo di Tor Vergata e la Cattolica hanno siglato accordi rispettivamente con l'Aeronautica militare e con la Nato. Intanto in questi giorni carabinieri del Ros e uomini della Digos hanno visionato le telecamere a circuito chiuso di negozi gestiti da cinesi nella zona nord di Roma. Filmati che potrebbero portare a una svolta nelle indagini: l'autore dei pacchi potrebbe avere acquistato in questi esercizi commerciali le «materie prime» utilizzate per fabbricare gli ordigni rudimentali. All'interno delle prime quattro buste era presente una piccola scatoletta di legno che conteneva l'innesco e l'esplosivo in un quantitativo idoneo a ferire, ma non ad uccidere: un avvertimento, o un atto dimostrativo.

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