Chiara Giannini per “Il Giornale”
I monaci tibetani non possono entrare in Italia, mentre le centinaia di migliaia di immigrati irregolari, provenienti dalle coste del Nord Africa, sono i benvenuti, almeno secondo il governo del Belpaese.
Lo scorso weekend, all'istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia, in provincia di Pisa, il centro buddhista più importante d'Europa, si è tenuto il festival del Tibet, una tre giorni dedicata alla scoperta del buddhismo tibetano e del Paese da cui ha origine. Domenica sera era in programma uno spettacolo con un gruppo di monaci del monastero del Ngari Khangtsen, uno dei più grandi e famosi esistenti a Sera Je, nel sud dell' India.
Avrebbero dovuto presentare una performance didattica per mostrare il mondo e la magia di questa regione himalayana, con danze sacre conosciute come Cham. Un'esibizione culturale di tipo teatrale, che prevedeva la creazione di mandala, il canto di preghiere tradizionali e diversi rituali atti a eliminare gli ostacoli e ad accumulare meriti per raggiungere la pace e la prosperità.
Quella di Pomaia doveva essere la prima tappa di un tour europeo dei monaci i quali, in partenza dall'India, sono stati bloccati dall'ambasciata italiana, come ha spiegato dal palco uno dei presenti, che ha negato il visto nonostante gli stessi abbiano lo status di rifugiato.
Tre di loro, nonostante le procedure fossero state compiute nel modo corretto e benché vi fosse la prova che sarebbero stati ospiti dell' istituto buddhista Lama Tzong Khapa, non hanno avuto il permesso di partire. Gli altri tre, invece, alla fine sono riusciti ad arrivare in Italia, dove hanno dovuto modificare lo spettacolo in maniera sostanziale, mancando la metà dei componenti del gruppo.
Le ragioni del blocco dei visti sono tuttora da chiarire, ma la cosa appare contraddittoria, alla luce del numero altissimo e quotidiano di sbarchi di immigrati clandestini sulle coste italiane. Come si ricorderà, i monaci tibetani vivono in India, avendo dovuto abbandonare la loro terra a causa delle persecuzioni cinesi. Lì, a Dharamsala, vive anche il Dalai Lama, che a settembre prossimo sarà ospite proprio del centro di Pomaia.
E c'è anche chi ipotizza che tutto nasca dal contenzioso tra Roma e New Delhi per la questione dei marò. Ma è improbabile. All'istituto buddhista si limitano a dire che la storia è quella raccontata sul palco domenica sera, ma che le ragioni andrebbero chieste all'ambasciata italiana che ha negato i visti.
La vicenda rischia di creare non pochi imbarazzi, anche perché il buddhismo tibetano è considerato una delle religioni amiche dell'Italia, proprio per la sua professione di pace e fraternità. Insomma, Roma preferisce accogliere immigrati irregolari provenienti da quel mondo islamico che, sempre più spesso, incita all'odio verso chi crede in un Dio diverso e a chi, invece, invita all' amore tra popoli, viene impedito l'ingresso in Italia. Forse ai monaci sarebbe da consigliare, la prossima volta, di arrivare su un barcone. Così riusciranno sicuramente a esibirsi, per giunta senza bisogno di alcun visto.