Carlotta Rocci per “la Repubblica”
Mohamed Safi, 36 anni, aveva già ucciso una donna e per questo era stato condannato a 12 anni di carcere da scontare a Torino. Concetta, 42 anni, però non lo sapeva quando lo ha conosciuto, non aveva mai sentito il nome di Alessandra Mainolfi, amante di Mohamed che all' epoca era sposato, uccisa a Bergamo con due coltellate al petto, il 9 giugno 2008 perché, come lei, aveva deciso di lasciarlo. Lo ha scoperto per caso, trovando su internet il nome e la storia dell' uomo con cui aveva una relazione da metà aprile.
«Mi chiedevo perché di giorno non fosse raggiungibile e perché avesse sempre orari strani», ha spiegato alla polizia. Poi ha scoperto che quelli erano gli orari disposti dal carcere per permettere al detenuto di svolgere la sua attività lavorativa fuori dal penitenziario in un bistrò alla periferia di Torino. È allora che ha avuto paura e ha deciso di troncare la relazione ma ieri notte lui ha cercato di ucciderla. Ha provato a sgozzarla con un coccio di bottiglia trovato in strada. «Mi ha salvato la sciarpa o sarei morta», ha detto la donna, ma niente le ha protetto il volto completamente sfigurato dai colpi di Mohamed che l' ha aggredita a due passi da casa, in corso Giulio Cesare.
È l' una di notte e lui dovrebbe essere già sulla via di ritorno verso il carcere dove deve rientrare entro le 2 e invece la coppia è sul tram numero 4, il più lungo della città che però non porta al penitenziario. Lui l' aggredisce appena scendono. Una volante del commissariato Barriera di Milano diretto dal vicequestore Alice Rolando arresta l' uomo per tentato omicidio pochi minuti dopo, con i vestiti completamente imbrattati di sangue, mentre cerca di scappare.
Concetta viene operata, il vetro le ha reciso il nervo facciale: «Una brutta lesione dal punto di vista estetico e funzionale», spiega Giorgio Merlino, primario del reparto di chirurgia estetica del Maria Vittoria che le ha ricostruito il nervo. In ospedale ci sono i parenti di Concetta, i figli e i genitori. «Non sapevamo nemmeno che quell' uomo esistesse, è un incubo, un fulmine a ciel sereno», dice il padre. C'è tanto dolore ma soprattutto rabbia verso chi ha provato a togliere a Concetta la possibilità di sorridere e verso una giustizia che «fa schifo e non ci protegge».
Mohamed godeva della possibilità di lavorare dentro al carcere dal 2015,e dal 2017, su proposta del direttore con il benestare del magistrato di sorveglianza, era stato assegnato al lavoro esterno come cameriere. Aveva un' ora e mezza di tempo per raggiungere il bistrò e altrettanto tempo per tornare in cella con i mezzi pubblici. Da un anno e mezzo si muoveva in autonomia senza che nessuno lo accompagnasse.
Tutte le carte che riguardano il detenuto sono state acquisite dalla procura e il guardasigilli Antonio Bonafede ha annunciato l' invio degli ispettori in carcere per controllare se l' uomo avesse tutti i requisiti per godere della possibilità di lavorare, un percorso che serve per il reinserimento sociale dei detenuti in vista della fine della pena e che normalmente - spiega Marco Ferrero, responsabile di Pausa Caffé, la cooperativa che aveva accolto Mohamed - abbattono il rischio di recidiva dei reati».
I datori di lavoro del killer di Bergamo, sconvolti dall' accaduto, ieri non hanno aperto il ristorante. L'aggressione a Concetta solleva, intanto, le polemiche dei sindacati di polizia e penitenziaria che denunciano un «eccessivo permessivismo» nella concessione di margini di libertà ai detenuti. Tre donne, la sindaca di Torino Chiara Appendino, la vicepresidente del Senato Anna Rossomando e la cantante Fiorella Mannoia tornano a parlare di emergenza in fatto di violenza sulle donne.