Alessia Grossi per “il Fatto quotidiano”
Il sapore dell' innocenza George Pell l' ha assaporato per una sola settimana. Rilasciato martedì dall' Alta Corte australiana - che ha annullato la sentenza del Tribunale di Melbourne che lo aveva condannato per violenza sessuale su due minori ritenendo quella decisione sbagliata perché non teneva conto del ragionevole dubbio - ora il cardinale simbolo della pedofilia nel clero si trova a dover affrontare un' altra accusa per lo stesso reato.
Un' inchiesta annunciata dalla News Corporation, che in realtà era nell' aria già il giorno del rilascio dell' alto prelato che in prigione aveva passato 400 giorni "da innocente" come lui stesso aveva sottolineato.
Questa volta l' atto di pedofilia - già noto e sempre negato con veemenza dal cardinale - risalirebbe agli anni 70, quando Pell esercitava il sacerdozio nella città vittoriana di Ballarat. La polizia di Victoria non ha voluto commentare la notizia dell' inchiesta su Pell, benché anticipata in qualche modo dalle dichiarazioni del procuratore generale, Christian Porter, che martedì scorso mentre l' ex ministro delle Finanze del Vaticano si rifugiava nel monastero carmelitano, aveva assicurato che le denunce raccolte nel fascicolo sul suo conto non sarebbero state archiviate con l' assoluzione, ma che anzi, visto l' interesse pubblico sulle accuse di pedofilia al cardinale, sarebbero state analizzate dalla procura. La polizia locale non ha voluto commentare la nuova inchiesta.
A parlare, invece, guarda caso proprio nel giorno delle accuse è George Pell in persona, o meglio, in video, su Sky News, intervistato dal suo amico e sostenitore di lunga data, Andrew Bolt. Nell' anticipazione dell' intervista, Bolt, che ha scritto numerosi articoli e commenti a sostegno di Pell prima che si chiudesse il caso dei due coristi di Melbourne, accennava già alla possibilità di nuove indagini sul conto dell' ex arcivescovo voluto da Bergoglio a Roma. "Come reagiresti se la polizia vittoriana continuasse a pescare a strascico altre vittime, se continuasse a pescarle per tentare di perseguirti?".
La riposta di Pell: "Be', non sarei del tutto sorpreso. Ma chi lo sa. Sono affari loro".
Insomma il cardinale avrebbe deciso di preparare, anche a livello mediatico e con l' aiuto del suo amico, il terreno per continuare a indossare i panni della vittima perseguitata. Teoria questa che anche la sua portavoce, Katrina Lee, citata dall' Herald Sun che per primo ha dato la notizia della nuova inchiesta a carico del prelato, sostiene: "Qualsiasi cosa faccia la polizia, dovrebbe esserci un giusto processo attraverso i canali appropriati", ha fatto sapere Lee.
Accuse queste che il vice commissario della polizia di Victoria, Shane Patton, non ha voluto neanche commentare. Fatto sta che per George Pell potrebbe non essere questo l'ultimo guaio. La commissione d' inchiesta aperta in merito alle accuse di abusi sessuali all' interno della Chiesa in tutta l' Australia infatti, dal suo rapporto finale del 2017 aveva stralciato le pagine relative al cardinale per non intralciare il processo a suo carico allora ancora non concluso. Ma ora una nuova indagine potrebbe mettere in dubbio quella cancellazione di quelle testimonianze inserite nelle indagini sulle azioni delle autorità ecclesiastiche a Ballarat, al tempo in cui Pell era sacedote in quella regione.
In quell' occasione, Pell era già stato oggetto d' indagine perché amico del prete pedofilo di Ballarat, Gerald Ridsale. Interrogato, l' ex ministro delle Finanze aveva dichiarato che "si trattava di una storia triste e non molto interessante" per lui. "Non avevo motivo di interessarmi ai mali perpetrati da Ridsale", aveva spiegato. Contro questa "indifferenza" all' epoca si era scagliato anche il giornalista Bolt che però in seguito si era scusato con Pell per averlo giudicato "come tutti gli altri". Tra "gli altri" ci sarebbero anche tutti coloro che lo starebbero minacciando dopo l' assoluzione. Motivo per cui l' arcidiocesi di Sydney ha confermato che il cardinale è stato raggiunto per essere protetto dalla squadra antiterrorismo della polizia nel seminario di Good Shepherd, a Homebush.
GEORGE PELL PAPA FRANCESCO BERGOGLIO