PESCE FRESCO! - "PER ANNI HO FATTO LE STESSE STRONZATE A LOOP. ORA RIESCO A CONTROLLARMI" – EDOARDO PESCE, L'ATTORE PIU' MUTANTE (E INTERESSANTE) DEL CINEMA ITALIANO: DAL BANDITO DELLA MAGLIANA IN “ROMANZO CRIMINALE” AL PUGILE COCAINONE DI "DOGMAN" FINO AL FIGLIO DI BUD SPENCER IN “ALTRIMENTI CI ARRABBIAMO” - "PRIMA ANDAVO SUL SET PERCHÉ LO DOVEVO FARE. MI CHIEDEVO: CHE CI STO A FARE QUI? C’È QUALCOSA DA SEMPRE CHE NON VA IN ME" - DOTTO: "NON SI CAPISCE BENE DOVE FINISCE LA VITA ED INIZIA IL SET E NON IMPORTA CAPIRLO" - VIDEO

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Giancarlo Dotto per “Oggi”

 

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Molo di Fiumicino. Ristorante “La Marina”. In una saletta interna, seduto al tavolo, un tipo che si fa notare. Bello grosso, impomatato, i baffetti, l’orecchino, i capelli tirati indietro, una camicia alla Pablo Escobar, l’aria del gattone sazio che potrebbe esploderti come niente fosse un colpo di pistola in faccia se solo si sveglia male e tu non hai l’alito giusto.

 

È l’ultima versione cinematografica di Edoardo Pesce, l’attore più mutante del cinema italiano (se la batte con Elio Germano). Endorfine a mille di questi tempi e  da queste parti, il suo nome è su tutte le insegne dei locali e su tutti i piatti. Questa volta è Julio, figlio devoto di una amatissima mamma colombiana, grande ballerino di salsa, gente povera, passioni forti e una vita molto pasticciata, regia di Enrico Maria Artale, suo amico dai tempi del liceo.

 

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È stato molte cose Pesce, molti Pesci e molti colori, in quasi quindici anni del suo acquario cinematografico. Bandito della Magliana in Romanzo Criminale, il fratello gay dei Cesaroni (“senza mai fare la checca”, ci tiene a dire), mafioso spietato nella parte di Brusca, stalker feroce con Castellitto, l’ex pugile bullo cocainomane di Dogman con Garrone.

 

È stato un macellaio italo-americano in un musical degli anni 20,  è stato Alberto Sordi, Enrico Falqui e Califano, delinquenti e psicopatici sparsi. Di questi tempi, il picchiatore con le stigmate in Christian, celebrata serie televisiva su Sky Atlantic. In uscita nelle sale Altrimenti ci arrabbiamo. Lui è Carezza, il figlio di Bud Spencer, al fianco di Alessandro Roja, figlio di Terence Hill.

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Credibile qualunque parte o camicia abbia addosso. Il carisma di attori come lui e Luca Marinelli? Non si capisce bene dove finisce la vita e inizia il set e non importa capirlo. Capisci che credibile è la loro oscurità. Si chiama malessere (o benessere) fecondo.

 

Prime di leggerne la tecnica, ne apprendi le cicatrici e alcune buttano sangue, come le mani di Christian. Pesce è un mix di faccia e anima, come Sean Penn o il primo De Niro. Gli manca la loro ambizione smodata, ma prima o poi verrà. Forse.

 

Da intervistato, non si sente comodo. “Mi servirebbe un analista junghiano più che un’intervista. Ho fatto tanti anni fa due sedute, poi sono partito in  Sicilia  a fare Brusca…”.

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Sei un narcotrafficante sanguinario in questo film?

“Ti sbagli. Sono un ragazzone fragile, romantico, che ha un rapporto morboso con la madre. Sono saturo di ruoli violenti. Basta con l’onda sadica. La violenza è un colore che ho esaurito…”.

 

E dove andiamo ora?

“M’interessa raccontare le vulnerabilità a partire da un sembiante così forte come il mio”

In Christian sei un maschio alfa.

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“Un tantino ottuso. Era scritto così, una grande sceneggiatura. Di mio ci ho messo l’ironia romana. Le cose gli capitano, non le cerca. Un po’ il Sylvester Stallone di Taverna Paradiso. Facci caso, non picchio mai nessuno, vengo menato sempre”.

 

In Altrimenti ci arrabbiamo sei il figlio di Bud Spencer.

 “Un film per innocenti. Non c’è psicologia. Ma cerco anche qui di aggiungere un’emotività al personaggio, una crepa, una nostalgia”.

 

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Eri un fan di Bud Spencer?

“Da piccolo li ho visti tutti. Quando i miei erano fuori, mia zia ci prendeva a me e a mia sorella Rachele al piano di sotto. Ci faceva vedere tutti i loro film e quelli di Herbie il maggiolino tutto matto”. Mio nonno Marcello, invece, mi faceva vedere Toro scatenato”.

 

Che ci hai messo di tuo?

“Essendo il figlio di Bud, ho cercato di portare la sua bonaria orsitudine. Lui era un napoletano generoso, anche per come ha vissuto. Di sicuro, si è divertito un sacco”.

C’è Christian De Sica, questa volta, a fare il cattivo. E c’è Alessandro Roja, il figlio di Terence Hill. Già insieme ai tempi di Romanzo criminale. “Un ragazzo in gamba, sensibile, leale. Un vero fico. È stato bello ritrovarci”. 

 

Ci sarà un seguito?

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“Vediamo intanto come va questo. Di sicuro, a maggio cominciamo a girare la seconda stagione di Christian”.

 

Mi sbilancio. Edoardo Pesce è oggi, insieme a Luca Marinelli, il più interessante attore italiano.

“Non esageriamo…”.

 

Senti chi parla.

“Aspetterei due o tre anni. Il meglio di me come attore deve ancora venire. Sai qual è la novità? Da un paio di anni mi sveglio la mattina e sono contento di andare sul set”.

 

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Prima?

“Andavo perché lo dovevo fare. Mi chiedevo: che ci sto a fare qui? C’è qualcosa da sempre che non va in me”.

 

Parliamone.

“Da bambino ero un performativo ossesso. Dovevo piacere a tutti. Volevo far ridere papà, mamma, gli amici. A 3 anni facevo l’imitazione di Hulk, del fruttivendolo sotto casa. A 7 anni facevo  Totò, Corrado, Verdone”.

 

Crescendo?

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“A 11 anni facevo karate e suonavo la chitarra, sentivo Robert Johnson, ma un po’ mi ci sentivo anche. A vent’anni ero in fissa per Bene, Artaud e Jarry, la patafisica. Cose così. Cercavo sempre roba forte. Vivevo in borgata a Tor Bella Monaca e studiavo nei quartieri borghesi dove mio padre aveva lo studio da oculista. Tornavo in periferia, nel vuoto, e mi buttavo nei libri. Una sorta di bovarismo”.

 

E oggi?

“Quando sto andando bene, divento sospettoso, mi devo sabotare. Sono sempre stato un po’ blues, passo dall’euforia alla malinconia profonda. Quando mi parte il flusso, non mi freno. Faccio disastri, rompo le palle a tutti. Un auto sabotatore”.

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Saboti te stesso?

“Faccio i danni e poi li riparo. Per anni ho fatto le stesse stronzate a loop. Ora, è diverso, riesco a guardarmi e a controllarmi”.

 

Dogman la svolta. Premi, riconoscimenti, un maestro come Garrone.

“Garrone mi ha obbligato a essere più vero e onesto come attore. Lui non ti lascia giocare di mestiere. Non ti permette scorciatoie. Puoi fare 80 ciak, non scappi”.

 

Sei stato Alberto Sordi.

“Un omaggio in stile Rai. Molto lavoro in poco tempo e piedi di piombo”.

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Tu incredibile per quanto credibile, ma un Sordi molto parziale.

“Il Sordi con la cameriera in una vasca da bagno? Troppo lascivo. Non andava in guerra? Troppo vigliacco. Lui che viveva con le sorelle, questa mamma ingombrante, i misteri sui suoi amori? Troppo insinuante”.

 

A furia di sentirti dire che sei bravo, ti sei rassegnato? 

“Sono bravino. Per diventare bravo mi serve metter insieme altri pezzi, poco a poco. Il film giusto…”.

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Che potrebbe essere?

“Chi lo sa, magari una cosa scritta di me, magari un film in cui mi travesto da donna. Chi può dirlo?”.

 

Qualcuno ti rimprovera che esageri, che fai troppe cose.

“Mi sono comprato una casa nel parco dell’Appia Antica e devo pagare un mutuo enorme. Però, faccio solo cose carine”.

 

Il Pesce che si compra casa sull’Appia Antica è quello che fa i danni o quello che li ripara?

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“È il Pesce buono. Ho messo su una casa tutta mia. Voglio che diventi come la casa di, Batman, la mia tana. Fuori gli alberi, la terra, i pappagalli, niente cemento e cacca di cane. Dove sono e faccio tutto quello che voglio, con una cerchia ristretta di amici. Poi, quando voglio, esco e faccio Batman”.

 

Quel 17 e il cavallo che fuma un sigaro tatuati sul braccio.

 “Mio nonno Marcello, nato il 17 maggio del ‘27, romano. Aveva la passione per le scommesse e i cavalli. Ci portavo le ragazze a Capannelle e le facevo scommettere. Se vincevano, dicevo che era stato mio nonno. Non sono credente, ma credo come i messicani che se ricordi i tuoi morti li mantieni in vita”.

edoardo pesce christian ph matteo graia edoardo pesce christian ph matteo graia

 

Parli pure con tua nonna?

“Mia nonna Marcella è viva, il 23 marzo fa 99 anni. Non sa nulla dei  miei film”.

 

Le donne?

“Un logaritmo di cui non sono venuto ancora a capo. Diciamo che fino a oggi non c’ho capito niente”.

 

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