Giovanni Sallusti per Dagospia
*autore del libro ''Politicamente Corretto - la dittatura democratica'' - Giubilei Regnani editore
Caro Dago,
basta, la misura è colma, anche il recalcitrante tenutario di questa rubrica sceglie di dire qualcosa di Politicamente Corretto, perché di fronte alla barbarie manifesta bisogna prendere atto e reagire.
Che spettacolo gretto, questo vicepresidente degli Stati d’Uniti America che, in visita nel povero Guatemala, con alle spalle tutta l’opulenza del capitalismo yankee e la sicumera del complesso militare-industriale, si rivolge in quel modo agli ultimi, ai diseredati, ai dannati della terra. “Voglio parlare molto chiaro con chi sta pensando di fare quel pericoloso viaggio tra Stati Uniti e Messico”.
POLITICAMENTE CORRETTO GIOVANNI SALLUSTI
E già qui sguazziamo in un pericolo equivoco sovranista, quei disgraziati non “stanno pensando” di migrare, sono obbligati a farlo, per impellenti motivi economici, sociali, perfino climatici, che ormai solo i pochi miscredenti del Vangelo secondo Greta negano. Ma il peggio viene ora: “Non venite. Non venite”. Scandito così, due volte, con pausa scenica e una durezza d’animo che nemmeno “Salvini&Meloni”, ormai un unico sintagma per indicare l’abiezione umana e politica, come da sacrosanto utilizzo sdoganato da Roberto Saviano.
Insiste, il vicepresidente, e sicuramente da qualche parte deve ancora tenere gelosamente custodita la tessera del Ku Klux Klan: “Gli Stati Uniti continueranno a far rispettare le nostre leggi e a proteggere il nostro confine”. Questo è davvero inaudito, la persuasione razzista che la legge oltre che per i cittadini del proprio Paese debba valere anche per gli immigrati clandestini e i loro “organizzatori”, come se una Carola Rackete non fosse libera di forzare blocchi, speronare motovedette militari e mettere a rischio la vita di uomini in divisa, siamo davvero alla notte della civiltà.
“Esistono modi legali con cui la migrazione può e deve avvenire”, è il virgolettato a rinforzo, di chiara ispirazione trumpiana. E poi la sottolineatura ridondante, tipica di una nazione buzzurra costruita sulla Colt: “Se verrete al nostro confine, sarete rimandati indietro”. Teorizza il respingimento sistematico dei clandestini, questo vicepresidente, siamo all’instaurazione del fascismo in America.
migranti attraversano il fiume suchiate in messico
E quando cerca di indorare la pillola è perfino peggio, perché rispolvera la retorica tipica di tutte le destre nazionaliste, quella dell’ “aiutiamoli a casa loro”. “L’amministrazione Usa vuole aiutare i guatemaltechi a trovare spazio in patria”. Chiude proprio così, con la parola proibita, maledetta, bandita dagli aperitivi arcobaleno della gente che piace, “patria”, questo pseudoconcetto etnicista, novecentesco, in odor di mai sopite nostalgie nazionalsocialiste.
Come dici, caro Dago? Il vicepresidente in questione è una vicepresidentessa? Una vicepresidentessa di colore, di madre indiana e padre di origini giamaicane (per stare all’obsoleta distinzione reazionaria precedente a genitore 1/ genitore 2)? È la vicepresidentessa di colore nuova star indiscussa del Partito Democratico, l’ala sinistra e patinata rispetto a quell’attempato maschio bianco di Joe Biden, così indietro sui tempi?
proteste in guatemala contro kamala harris 1
La Madonna Pellegrina del politically correct globale, quella che risplende al riparo dalla critica e dall’ironia (chiedere a quel becero del professor Marco Bassani, sospeso dalla Statale di Milano perché aveva condiviso spiritosaggini social sulla vicepresidentessa), quella che a detta del Giornalone Unico avrebbe spalancato un’era di magnifiche sorti e progressive e inclusiviste dopo l’orrenda stagione dell’orco Trump (un altro che voleva contrastare l’immigrazione di massa e presidiare le frontiere, ma senza alcuna grazia e con la stampa contro), insomma stiamo parlando di Kamala Harris? Chiedo venia, cancella tutto, mi scuso e sollevo questo sito da ogni responsabilità.
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