(ANSA) - Dal processo emerge "come l'imputato non abbia adoperato alcuna forma di violenza - ancorché si sia trattato, effettivamente, di toccamenti repentini - tale da porre la persona offesa in una situazione di assoluta impossibilità di sottrarsi alla condotta". Condotta che "non ha (senz'altro) vanificato ogni possibile reazione della parte offesa, essendosi protratta per una finestra temporale", "20-30 secondi", che "le avrebbe consentito anche di potersi dileguare".
Lo scrive la Corte d'Appello di Milano nella sentenza con cui ha confermato l'assoluzione per un sindacalista dall'accusa di violenza sessuale nei confronti di una hostess. Il 24 giugno scorso, la prima sezione penale della Corte d'Appello milanese (giudici Flores Tanga-Alessandra Simion-Alessandro Santangelo) aveva confermato l'assoluzione dall'accusa di violenza sessuale per un ex sindacalista in servizio a Malpensa nei confronti di una hostess che a lui si era rivolto, nel 2018, per una vertenza sindacale.
Una sentenza che già in primo grado aveva fatto discutere e che anche dopo il verdetto d'appello era stata bollata dall'Associazione Differenza Donna, con l'avvocato Maria Teresa Manente, come un passo "indietro di 30 anni". La Procura generale di Milano, col sostituto pg Angelo Renna, aveva chiesto in appello di ribaltare il verdetto di primo grado del Tribunale di Busto Arsizio (Varese) del 2022 e di condannare il sindacalista. E potrà ora fare ricorso in Cassazione.
"Il mio assistito - ha spiegato, invece, il difensore, l'avvocato Ivano Chiesa - non ha potuto, perché non era possibile, percepire un dissenso immediato, ma quando la presunta persona offesa ha espresso il suo diniego si è immediatamente fermato". La Corte nelle cinque pagine di motivazioni, in sostanza, chiarisce che in questo caso mancano i "requisiti" della "violenza, minaccia o abuso di autorità" per configurare il reato di violenza sessuale e che "la qualifica e il ruolo rivestito dall'imputato non comportavano, in concreto, alcuna supremazia" nei confronti della donna.
E non può sussistere in questa vicenda, scrivono i giudici, "l'ipotesi di atti sessuali repentini aventi rilevanza penale" , anche perché la stessa parte civile, spiega la Corte, "ha precisato come 'i toccamenti e i baci (...) siano poi stati protratti per un tempo di circa trenta secondi, in cui ella aveva continuato a sfogliare e a leggere i documenti'".
Per i giudici, inoltre, per la donna non c'era alcun "stato di 'timore' indotto dalla corporatura massiccia dell'imputato", avendo "avuto questa Corte agio di constatare che trattasi di individuo di stazza assolutamente normale". I giudici, tra l'altro, ribadiscono, in un passaggio finale delle motivazioni, "la infondatezza di opzioni ermeneutiche intese ad arricchire il catalogo della condotte sessualmente violente".