PROCEDE CON GRANDE CALMA L'INCHIESTA SULLA MAXICOMMESSA PER 1,2 MILIARDI DI MASCHERINE CINESI ACQUISTATE DALL'ALLORA COMMISSARIO PER L'EMERGENZA COVID DOMENICO ARCURI ALLA MODICA CIFRA DI 801 MILIONI DI EURO - LA CHIUSURA DELLE INDAGINI È STATA NOTIFICATA NEL MARZO SCORSO E LA POSIZIONE DI ARCURI SI E’ MOLTO ALLEGGERITA: DELLE ACCUSE INIZIALI, E’ RIMASTA IN PIEDI SOLO QUELLA DI PECULATO…

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Paolo Ferrari per “Libero quotidiano”

 

BENOTTI ARCURI MESSAGGI BENOTTI ARCURI MESSAGGI

Procede con grande calma l'inchiesta sulla maxicommessa per 1,2 miliardi di mascherine cinesi acquistate dall'allora Commissario per l'emergenza Covid Domenico Arcuri alla modica cifra di 801 milioni di euro.

 

Gli ultimi accadimenti degni di nota risalgono allo scorso marzo quando i pm romani Fabrizio Tucci e Gennaro Varone, titolari del fascicolo, avevano notificato l'avviso chiusura indagini ad Arcuri, ad Antonio Fabbrocini, responsabile unico del procedimento perla struttura commissiariale, al giornalista Rai-mediatore Mario Benotti, e ad alcuni imprenditori. La posizione di Arcuri si era notevolmente alleggerita.

 

DOMENICO ARCURI DOMENICO ARCURI

L'iniziale accusa di corruzione era caduta quasi subito. Lo stesso dicasi per il peculato. Nel cassetto anche l'ipotesi di traffico di influenze in quanto la "relazione personale" pregressa tra Arcuri e Benotti, come scrissero i magistrati, «non rende di per sé illecito il "contratto" tra il committente e il mediatore». In piedi era rimasto, solo l'abuso d'ufficio, reato difficile da provare e che si prescrive in 7 anni e mezzo.

 

In vista dei dibattimenti al palazzo di giustizia di Roma, (vedasi Libero del 18 agosto scorso), è probabile che non si riuscirà nemmeno a celebrare un primo grado. Arcuri dopo aver appreso di essere imputato solo per abuso d'ufficio, sprizzò euforia da tutti i pori: «Nel pieno rispetto del lavoro della magistratura, esprimo la mia soddisfazione per l'archiviazione delle ipotesi» di reato «relative alla corruzione e al peculato». L'ex commissario si era dichiaro «soddisfatto della possibilità di esercitare finalmente il mio diritto alla difesa in relazione alla ipotesi di abuso d'ufficio».

gli sms di arcuri a benotti quarta repubblica gli sms di arcuri a benotti quarta repubblica

 

Ad Arcuri i magistrati di piazzale Clodio contestano di avere nella «qualità di pubblico ufficiale e in concorso con Fabbrocini e in unione e concorso per mutuo accordo con l'imprenditore Vincenzo Tommasi» costituito «intenzionalmente, in capo al Tommasi, con ciò abusando del loro ufficio, un'illecita posizione di vantaggio patrimoniale».

 

Un modus operandi che ha garantito all'imprenditore «la facoltà di avere un rapporto commerciale con la Pa senza assumere alcuna responsabilità sul risultato della propria azione e sulla validità delle forniture che procurava».

Domenico Arcuri Domenico Arcuri

 

Per i pm, Arcuri non avrebbe rispettato gli articoli 16 e 17 di un Regio decreto del 1923 che «impongono la forma scritta ad subastantiam dei contratti stipulati», omissione «intenzionale» e grazie alla quale avrebbe assegnato «la quasi totale esclusiva» a Tommasi, «negando agli altri importatori anticipazioni dei pagamenti», ma concedendole alle società cinesi «prima di ogni verifica sulla qualità delle forniture».

 

Il 9 agosto scorso, la guardia di finanza ha sequestrato della documentazione presso lo studio di San Marino della commercialista Maria Stefania Lazzari, moglie di Daniele Guidi, un banchiere locale ed il cui nome compare fra i mediatori della super commessa. Alla base del sequestro, alcune segnalazioni della Banca d'Italia su un giro di denaro legato alle commissioni incassate.

 

domenico arcuri domenico arcuri

Su quest' ultimo punto, la tesi difensiva di Arcuri è nota da tempo. Per l'ex commissario, in pieno lockdown, in Italia mancava ogni tipo di dispositivo di protezione individuale, come le mascherine. Alcuni enti locali, come la Regione Lazio, erano stati anche truffati con le mascherine acquistate, mai giunte a destinazione, e tutti i mediatori privati che si proponevano per procurarle chiedevano il pagamento anticipato. Richiesta non avanzata dalle società cinesi. Per questo, la soluzione prospettata da Benotti, era risultata essere più conveniente.

 

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