Gianluca Nicoletti per “La Stampa”
VLADIMIR PUTIN STACCA INTERNET IN RUSSIA 2
Si parla dell'11 marzo come data simbolica della disconnessione da Internet dei residenti in territorio russo. Siamo però in guerra e dobbiamo tenere conto che ogni notizia è anche un'arma di combattimento, il cui potere di fuoco è determinato proprio dall'alternarsi di affermazioni e smentite.
È molto probabile che non potremo più collegarci via WhatsApp, o Skype, o Zoom con sudditi di Putin, entusiasti o reticenti che siano. Come pure è molto facile che alle loro latitudini nessuno, o quasi, potrà leggere i nostri post o accedere alle nostre fonti di informazione.
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È un fatto certo che la Russia si stesse preparando al distacco da Internet, da ben prima dell'entrata dei carri armati in Ucraina. La rete alternativa RuNet non è certo stata allestita in questi ultimi 10 giorni, come pure da tempo era in atto un controllo nazionale su Internet.
Almeno dal 2019 una legge aveva in pratica dato libero accesso della polizia in tutti i server provider fisicamente presenti nel territorio russo. Da più di 20 anni, oltretutto, è sotto osservazione il fenomeno stesso del così detto «Splinternet», ossia della nascita di reti Internet territoriali, anche definito «balcanizzazione» della Rete.
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Tra tutte le nostre speranze infrante da questa guerra arcaica e ottusa, sperimenteremo così pure l'eclissi del concetto di Rete globale, in cui tutti possano liberamente collegarsi con tutto, che potrebbe essere archiviato come la più ottimistica utopia della contemporaneità.
La Cina di Xi Jinping già si è mossa in tale direzione, creando uno spazio digitale di fatto riservato ai propri cittadini, probabilmente questo non ci ha emotivamente e concretamente lambito, perché tranquillamente continuiamo ad acquistare tramite Alibaba e giochiamo con TikTok.
Ora però ci troviamo di fronte alla realtà di persone, che potrebbero essere confuse con il nostro vicino di pianerottolo, che non potranno usare i social media, acquistare tramite Amazon, guardarsi film sulle piattaforme digitali, soprattutto avere l'impressione di poter scrutare il mondo dal proprio smartphone.
È un atto che, con tutte le miserie e gli splendori che comporta, per noi corrisponde a una libertà di esprimerci e informarci che giudichiamo irrinunciabile. È importante però osservare questo accadimento sotto un duplice punto di vista: il primo più generalmente è legato alla sicurezza di uno Stato impegnato, a vario titolo, in azioni di guerra; siano esse di attacco come di difesa.
È lampante che sia fondamentale in questa circostanza limitare ogni azione ostile, di disturbo o di sabotaggio. Un Internet aperto a possibili attacchi dall'esterno potrebbe permettere azioni pericolosissime come per esempio interferire nelle centrali elettriche, gli acquedotti, i sistemi di attacco e difesa.
Nessuno potrebbe permetterselo, è quindi comprensibile che si tagli ogni eventualità di intrusione a un possibile «territorio digitale», in cui la difesa potrebbe avere dei punti di pericolosa fragilità.
Va ricordato che anche in Italia abbiamo stabilito delle norme riguardo al «perimetro di sicurezza nazionale cibernetica». Il DPCM 30 luglio 2020, n. 131 attribuisce al Presidente del Consiglio, come misura straordinaria e previe opportune verifiche e consultazioni, anche il potere di isolarci da Internet, se fosse in gioco la sicurezza nazionale per un possibile attacco a nostre strutture critiche.
Come secondo punto non possiamo fare a meno di considerare come, nel caso della Russia, l'Internet-exit potrebbe essere assimilato come una delle tante azioni del Presidente ispirate dal suo «sex appeal per il punto di ripristino».
Si ricorre alla metafora informatica per segnalare l'inadeguatezza strutturale del Putin pensiero a gestire la complessità del mondo moderno, che è sicuramente una realtà contraddittoria e ambigua ma non può essere gestita facendo tabula rasa in nome del passato.
Ricorre al punto di ripristino chi non ha un hardware sufficientemente adeguato a sostenere gli aggiornamenti periodici del sistema operativo. Per evitare l'onere di affrontare un cambiamento preferisce regredire, rinuncia a nuove funzionalità condannandosi a operare isolato e con strumenti del passato, di cui alimenta la menzogna che tutto filasse a dovere.
Ai Russi sarà detto che spegnere l'Internet globale sarà una retrocessione indispensabile per difendersi dagli attacchi hacker dei nemici. In realtà si vorrà anche cogliere l'occasione per recintare una zona franca dove seminare i sogni da piccolo Zar di Putin, concimati con i fantasmi di una congiura di empi (naturalmente anche gay), prima fonte di fremiti per la barba bianca del Patriarca di Mosca Kirill.
La crociata per la riconquista di un'immaginaria terra santa potrebbe essere così bandita nel nuovo Internet fatto in casa, che sarà con cura depurato ed esorcizzato da tutti i demoni del nostro faticoso cammino a evolverci e civilizzarci.