QUALCUNO FERMI QUESTO DELIRIO! - LA TRECCANI SCEGLIE “FEMMINICIDIO” COME PAROLA DEL 2023 E CHIARA VALERIO ESONDA: “SE GIULIA CECCHETTIN È MORTA, TUTTE SIAMO A RISCHIO E SE SIAMO SALVE È PER CASO O FORTUNA” - UN FANATISMO RIDICOLO CHE FA PASSARE TUTTI GLI UOMINI PER POTENZIALI ASSASSINI - UNA FALSITA’ IDEOLOGICA PER TRASFORMARE LE DONNE IN “VITTIME”. E COME SCRISSE IL CRITICO DANIELE GIGLIOLI “ESSERE VITTIME DÀ PRESTIGIO, IMPONE ASCOLTO, PROMUOVE RICONOSCIMENTO. COME POTREBBE LA VITTIMA ESSERE RESPONSABILE DI QUALCOSA?”

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Estratto dell’articolo di Chiara Valerio per “la Repubblica”

 

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La parola del 2023 secondo Treccani è femminicidio. […] Il femminicidio non è questione astratta, è la pratica attraverso la quale il sistema che chiamiamo società civile ed è formato e sostenuto da uomini e donne punisce i deboli, gli irregolari, i non conformi. Dove debole, irregolare e non conforme significa il contrario di maschio bianco eterosessuale. E dove il debole, irregolare e non conforme più diffuso è la donna.

 

Le vittime concrete di questa pratica sono dunque le donne che, dall’inizio dell’anno 2023 e, direi, del tempo, vengono uccise, le vittime astratte di questa pratica siamo noi. Tutti noi. Con un problema che, nel nostro essere vittime astratte sottovalutiamo — i maschi bianchi eterosessuali, fuori e dentro di noi, di più, ma dicono “non si può dire niente/non si può fare niente” — e, con questa sottovalutazione, contribuiamo al fatto che i femminicidi crescano quasi indisturbati, le misure, già lasche, si rivelino prima inefficaci e poi inutili.

 

giulia cecchettin filippo turetta giulia cecchettin filippo turetta

Elena Cecchettin, dal giorno in cui è morta sua sorella Giulia, ribadisce col corpo e le parole che se è successo a Giulia, può succedere a tutte. Se Giulia Cecchettin è morta, tutte siamo a rischio e se siamo salve è per caso o fortuna, per una serie ininterrotta di gesti riusciti. Se caso e fortuna sono dirimenti allora la società che abbiamo costruito deve essere ripensata.

 

Nell’anno 2014, Daniele Giglioli, studioso e critico, pubblicava per i tipi nottetempo Critica della vittima. Un esperimento con l’etica che cominciava così: “La vittima è l’eroe del nostro tempo. Essere vittime dà prestigio, impone ascolto, promette e promuove riconoscimento, attiva un potente generatore di identità, diritto, autostima... Come potrebbe la vittima essere colpevole, e anzi responsabile di qualcosa? Non ha fatto, le è stato fatto. Non agisce, patisce... Non siamo ciò che facciamo, ma ciò che abbiamo subìto, ciò che possiamo perdere, ciò che ci hanno tolto”. […]

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