Elena Loewenthal per "la Stampa"
Tutto ti senti, fuorché spettatore. L' esperienza del cinema «Effetto VR», che poi sarebbe «realtà virtuale», ha ben poco a che vedere con quello che ti succede quando ti siedi in poltrona davanti a uno schermo. Si incomincia da seduti, certo.
Ma è subito un viaggiare, muoversi, esserci. Appena indossi la maschera visore - sembra una cosa pesante e ingombrante, ma una volta che ce l' hai addosso te la dimentichi - è tutta un' altra cosa, una cosa che prima non esisteva.
Fatta nella sala del Museo del Cinema, poi, questa esperienza di realtà virtuale e aumentata ha un che di vertiginoso perché il museo, luogo della conservazione del passato quasi per antonomasia, diventa così il suo perfetto contrario: un' avventura dentro qualcosa che ancora (quasi) non c' è. Una specie di futuro che ti si materializza addosso.
cinema virtuale al Museo del Cinema di Torino
Che succede, allora? Succede che si precipita immediatamente dentro una stanza. Precipita? Macché. Il cinema in Virtul Reality è il contrario di una esperienza immersiva perché non ti immergi, non caschi, non sprofondi e invece guardi tutto come dall' alto, pur essendo dentro il set.
Ti ritrovi in una stanza dove ci sono due ragazzi distrattamente allungati su un letto un po' sfatto, un signore elegante seduto in poltrona con le gambe accavallate, una donna che entra sommessamente da una porta alle tue spalle.
Sei lì, con loro, così vicino che basterebbe allungare un mano per toccarli, sentirli. Ma sei anche un poco più in alto di loro, come in cima a una scaletta. Fors' anche per questo, fors' anche per timore di trovarsi in precario equilibrio su quella scaletta che mica esiste, ci vuole un poco di tempo prima di provare a girarsi per vedere cosa c' è lì dietro, alle spalle, e scoprire che no, non sei sopra la scena ma dentro di essa.
Dentro, fuori, sopra, dietro: lo spazio della realtà virtuale al cinema è denso, pieno di dimensioni. Molto di più che dentro la realtà non virtuale. E sì, gli otto minuti che dura Revenge Room sembrano molti di più ma non per noia, certo che no. Al contrario, perché quegli otto minuti sono così carichi di esperienze sensoriali che è tutto da elaborare, dopo.
Tutto da rivedere mentalmente, da tenersi a memoria: il sopracciglio appena alzato dell' uomo in completo chiaro mentre recita brani di un salmo. La posa in ginocchio della ragazza, sopra il lenzuolo. Le maglie della lana, proprio in quell' angolo lì accanto al tuo ginocchio, che par di sentire la trama ispida.
E i corpi, tutti i corpi sulla scena: come si muovono, come parlano, come ricordano. È tutto di una intensità nuova, mai vista, mai provata prima. È proprio un' esperienza, anzi un' avventura satura di fisicità, questa dell' effetto VR. Quei corpi, quei movimenti, ti sembrano più veri del vero. La ragazza che si copre il viso con le mani, la donna che sale anche lei in ginocchio sul letto, per confortarla, per farla raccontare: corpi vivi, incredibilmente fisici.
Persino il tunnel d' autostrada pare vivo: lo percorri nel buio, a velocità vertiginosa, seguendo la storia che si dipana, esce dalla stanza quasi anonima, ti porta vicino a un altro letto che forse è lo stesso eppure sembra più lontano nel tempo e nello spazio.
Ecco, proprio così: tempo e spazio diventano una cosa sola, una specie di impasto vivo in cui ti ritrovi dentro. Sai che la storia è già successa, che anzi la storia è un avvicendarsi complesso di prima e dopo, dentro il presente della scena. Eppure, mentre i corpi sembrano dotati di più di tre dimensioni, il tempo e lo spazio diventano un tutt' uno in cui tu sei dentro, ma anche vagamente più in alto. Tutto è vicino, vicinissimo, letteralmente tangibile, ma non è solo spazio: anche il tempo della storia è così - pieno, denso, vivo, fisico.
Insomma, è proprio difficile da raccontare, questa esperienza del cinema in realtà virtuale al Museo Nazionale del Cinema, nella nostra città. È un fuoco d' artificio di sensazioni, «visione» che scardina il nostro rapporto con il tempo e lo spazio.
È, soprattutto, un' esperienza molto fisica, così vera che mentre la vivi sai già che te la ricorderai per un bel pezzo, dopo, e che ti verrà voglia di tornare a viverla, a entrare dentro altre stanze, altre storie, altri volti e corpi così, con quella intensità ma anche con una specie di leggerezza mai vissuta prima, come sospesi in un non-spazio e non-tempo, dentro e fuori dal mondo, per otto indescrivibili minuti.
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