Federica Cravero e Carlotta Rocci per “la Repubblica”
Il palazzo di corso Re Umberto 10 è sempre stata la casa dei Levi-Montalcini. Sulla strada si affacciava il negozio di stoffe della famiglia, mentre nei vari appartamenti abitavano genitori zii e cugini di Rita, futuro premio Nobel per la medicina. Una dinastia di artisti e scienziati scampata alle leggi razziali e che oggi si trova a vivere la guerra in casa, con eredi che si parlano attraverso avvocati.
RITA LEVI MONTALCINI E LA NIPOTE PIERA
Al centro della disputa c' è proprio uno degli alloggi, quello al secondo piano, da cui è stata sfrattata per morosità Piera Levi- Montalcini, nipote di Rita. «Sono stata mandata via da mio fratello - denuncia - E pensare che mia madre aveva chiaramente scritto nel testamento che lasciava l' intero palazzo al primogenito Emanuele con l' obbligo per lui "di fare in modo che la figlia Piera abbia ad ottenere nell' appartamento in cui ha sempre vissuto un comodato gratuito vita natural durante". Invece due anni dopo la morte di nostra madre è venuto l' ufficiale giudiziario a cambiare la serratura».
Formalmente a sfrattarla è stata la società proprietaria dell' immobile, la Zefora srl, riconducibile comunque a Emanuele Levi- Montalcini. «Non c' è alcun rancore nei confronti di mia sorella. Lo sfratto non è stata una mia decisione», fa sapere l'erede attraverso l'avvocato Domenico Iodice, che rappresenta Zefora.
in ricordo di rita levi montalcini
La procedura di sfratto, infatti, è stata avviata non dal fratello ma dall' amministratore della società e non è nei confronti di Piera bensì della figlia Claudia, a cui era intestato il regolare contratto d' affitto. «E anche le volontà della defunta non sono così chiare come sono state presentate - incalza l' avvocato Iodice - visto che si tratta di un testamento molto articolato. La dimostrazione di tutto ciò è che il tribunale ha portato avanti lo sfratto».
Non che questi formalismi plachino la rabbia di Piera Levi-Montalcini: «Lo sfratto è stato eseguito ma il giudice non ha ancora stabilito se prevalga la volontà del testamento o il contratto di locazione». Da quando la battaglia legale è iniziata, con il fratello nemmeno si salutano più quando si incontrano sulle scale. Lei al secondo piano, lui al quarto. Entrambi in quel palazzo ci lavorano anche. Lui, architetto, nello studio che fu di papà. Lei con una sua società e un' associazione.
«I nostri rapporti anche prima di questa vicenda non erano molto stretti», commenta Piera. Ma quando si è vista l' ufficiale giudiziario alla porta non ci ha più visto e ha persino chiamato il 113: «Non mi davano il tempo di fare un inventario di tutto - attacca la donna - Al di là del legame affettivo, visto che proprio in quell' appartamento sono nata e vi sono tornata dopo il divorzio, tra quelle mura ci sono oggetti, carte e documenti che compongono il patrimonio culturale della nostra famiglia e che non vanno persi».
Dagli scritti di Rita Levi-Montalcini ai quadri della gemella Paola, ai disegni del padre Gino, famoso architetto: è Piera che si occupa di preservare la memoria della stirpe ed è sempre lei che ha creato una rete delle scuole in Italia, 70 in quattro anni, intitolate alla scienziata premio Nobel. «È questa ricchezza che conta per me: il contributo che la mia famiglia ha dato all' arte e alla scienza. Tanto i soldi nessuno se li porta nella tomba», si consola Piera.
I NIPOTI DI RITA LEVI MONTALCINI
Minuta e sempre indaffarata, sembra la fotografia di sua zia. Sarà per i tratti del viso, sarà per i capelli d' argento acconciati sulla nuca nello stesso modo in cui Rita li portava.
Mentre parla si aggira per le stanze dell' alloggio al primo piano che era stato di sua madre, dove adesso che non ha più casa ha portato gli imballaggi.
Ci sono ancora tutte le fotografie dei nipoti incorniciate sui mobili, così come gli attrezzi per lavorare la maglia. Da qualche tempo in realtà, dopo aver terminato l' esperienza di consigliera comunale a Torino per il centrosinistra, si divideva tra Torino e Lugano: «Vorrà dire - conclude - che adesso mi stabilirò definitivamente in Svizzera. E quando dovrò venire in Italia andrò nella casa di zia Rita a Roma. D' altra parte lei diceva sempre che è Roma la città delle opportunità».