QUANTO CI HA FATTO SOGNARE IL “BUCO NERO” - SINONIMO DI MORTE E DISTRUZIONE POI PORTALE ATTRAVERSO IL TEMPO, I FILM SUI “WORMHOLE” E I SOGNI RACCHIUSI DALLA PELLICOLA “INTERSTELLAR”: “CI SIAMO ABITUATI A GUARDARE IN ALTO E A SOGNARE IL NOSTRO POSTO NELLE STELLE. ORA GUARDIAMO GIÙ E CI MERAVIGLIAMO DEL NOSTRO POSTO NELLA POLVERE”

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Tullio Avoledo per il “Corriere della Sera”

 

BUCO NERO BUCO NERO

Ci sono luoghi della Terra che conosciamo così bene sin da bambini attraverso libri, foto e film, che quando li vediamo dal vero abbiamo la sensazione di esserci già stati. Pensiamo a New York, o alla Tour Eiffel. Per i buchi neri vale l' esatto contrario. Li conosciamo da un pezzo, sono entrati nel nostro immaginario, ma sinora non li avevamo mai visti dal vero.

 

Albert Einstein li ipotizzò e descrisse già nel 1915, sviluppando la sua teoria della relatività generale, anche se l'intuizione del buco nero (definito «stella oscura») risale a ben prima, a una lettera scritta nel 1783 dallo scienziato inglese John Michell. Dopo Einstein, i buchi neri entrano a far parte dell'armamentario della fantascienza, ma diventano trendy solo quando nel 1969 il fisico John Wheeler li battezza così, con un nome che evoca immediatamente morte e distruzione. Secondo alcuni è ispirato al terribile carcere di Calcutta in cui vennero tenuti prigionieri nel 1756 dei soldati inglesi catturati in battaglia dagli indiani.

 

In soli tre giorni morirono, per mancanza d' aria e per il calore, 143 dei 164 prigionieri.

BUCO NERO BUCO NERO

Con precedenti simili e con un nome del genere, è evidente che il buco nero era destinato di per sé a un ruolo di cattivo, nell' immaginario popolare: una versione cosmica del nostro bilancio statale, che inghiotte e divora qualunque cosa vi si avvicini.

 

Toccò a grandi autori di fantascienza come Poul Anderson, Brian Aldiss, Frederik Pohl e Barry Malzberg, riabilitare i buchi neri, trasformandoli da incubi stellari in fantastici mezzi per superare le punitive distanze intergalattiche. Entri in un buco nero ed esci dove vuoi: dall' altra parte dell' universo, o nel passato, o meglio ancora nel futuro. Insomma, il buco nero viene promosso da tritatutto cosmico a scorciatoia interstellare.

BUCO NERO BUCO NERO

 

Quando nel 1979 la Disney, cercando di dare una risposta a «Guerre Stellari», produsse «The Black Hole - Il Buco Nero», la pellicola più costosa girata sino ad allora da quella casa di produzione, contribuì a questa idea che un buco nero, in fondo, sia addomesticabile e persino sfruttabile a fini commerciali. Il film, spettacolare quanto ingenuo, è diventato di culto, anche se solo di un culto di nicchia, nel corso degli anni.

Ben altra profondità ha un altro film sui buchi neri, «Interstellar» di Christopher Nolan, del 2014.

 

Ma sono passati 35 anni, e in mezzo c' è stata la grande impronta lasciata sul tema da Stanley Kubrick e dallo psichedelico viaggio dell' astronauta Bowman di «2001: Odissea nello spazio» attraverso un wormhole (versione addomesticata di buco nero con la quale si può viaggiare per l' universo a velocità maggiore della luce).

 

LA PRIMA FOTO DI UN BUCO NERO E DELLA SUA OMBRA LA PRIMA FOTO DI UN BUCO NERO E DELLA SUA OMBRA

La prima foto di un buco nero ci conferma che abbiamo finalmente scovato uno degli ingredienti immancabili in certe classiche ricette per costruire una macchina del tempo («prendete un buco nero di adeguate dimensioni»). Si aprono nuove porte per l' umanità. Cooper, l' astronauta di «Interstellar» interpretato da Matthew McConaughey, a un certo punto del film pronuncia una frase che riassume il nostro stato attuale: «Ci siamo abituati a guardare in alto e a sognare il nostro posto nelle stelle. Ora guardiamo giù e ci meravigliamo del nostro posto nella polvere».

 

buco nero 9 buco nero 9

La prima foto di un buco nero ci guarda oggi dalle pagine di questo giornale e ci mostra cosa l' umanità è capace di immaginare, secoli prima di poter vedere; di progettare, superando i limiti della tecnologia; di sperare, contro ogni speranza, pur di ottenere «il nostro posto nelle stelle». A ben vedere, bastano pochi tocchi di Photoshop per trasformare quel mostro cosmico in un galattico smile.

 

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