Fulvio Fiano e Carlo Macrì per il “Corriere della Sera”
Fosse solo il commissario... L'incredibile pasticcio della gestione dell'emergenza Covid in Calabria sembra prossima a produrre la quarta nomina in una settimana. Dopo Saverio Cotticelli, Giuseppe Zuccatelli ed Eugenio Gaudio avanza forte la candidatura di Federico Maurizio D'Andrea: 61 anni, calabrese di Cerchiaria (Cosenza), ex colonnello della Gdf, due lauree, già collaboratore del pool Mani Pulite e ora consulente del sindaco di Milano, Giuseppe Sala.
Ma ritorna anche il nome del direttore del Centro regionale trapianti, Pellegrino Mancini, indicato da Salvini, e c'è chi parla di Andrea Crisanti. I conti economici devastati (225 milioni di disavanzo) non possono poi far escludere un uomo del Mef. Mentre una delegazione di sindaci calabresi oggi, dopo un sit-in, verrà ricevuta a Palazzo Chigi. Chiunque sarà il commissario, prima di occuparsi della parte sanitaria, dovrà riordinare una catena di comando del tutto saltata.
Cacciato Cotticelli, il suo vice, la dottoressa Maria Crocco, «Maria di Catanzaro» nella tragicomica intervista che ha aperto il caso, non ha un ruolo operativo, pur partecipando alle decisioni che vengono prese in questi giorni. La Regione è senza presidente dopo la scomparsa di Jole Santelli, ed è retta dal facente funzioni Nino Spirlì, che è pro tempore e governa a colpi di ordinanze.
Le quali si arenano nelle cinque aziende sanitarie provinciali e nelle quattro ospedaliere tutte commissariate (due per infiltrazioni mafiose) e in scadenza. Per dire, solo ieri è partito il primo drive through regionale (a Cosenza) e solo ieri la Asp di Vibo Valentia ha chiuso le fasi preliminari per reclutare i medici delle Uscar (il decreto di marzo, 8 mesi fa, ne prevedeva tre). Il fardello, così, è tutto su Antonio Belcastro, 61 anni, laureato in economia, manager in aziende private e poi in Regione per 18 mesi tra il 2018 e il 2020.
È «il delegato del soggetto attuatore per l'emergenza Covid». Letteralmente, l'uomo a cui tutti sono aggrappati in queste ore. Non ha incarichi istituzionali e da esterno gestisce l'emergenza.
La sua investitura sul campo comincia all'inizio della prima ondata, il 24 gennaio, con la convocazione al ministero come direttore generale del Dipartimento salute assieme ai suoi omologhi. Fino al 15 febbraio, però, quando si insedia Jole Santelli, di fatto è solo con una squadra ristretta di esperti. Tanto che, quando a maggio decade per lo spoils system , Santelli lo richiama come consulente.
La prima ondata passa senza disastri, grazie «alla gestione ordinaria dell'emergenza», come la definisce lui con un ossimoro. Belcastro dice di essersi ispirato al modello Veneto, dichiara in quei mesi 25 zone rosse in base all'incidenza del contagio ma anche con scelte preventive come per Torre di Ruggiero, dove la folla di fedeli al santuario è un fattore di rischio. Individua 4 hub dedicati, strutture in disuso o riadattate, per i ricoveri e «per una congiuntura o grazie a Dio e al lavoro dei nostri operatori», il contagio non dilaga.
Con la seconda ondata la situazione esplode: i ricoverati in terapia intensiva passano dai 23 di marzo ai 53 attuali (161 posti disponibili), i pazienti ospedalizzati da 183 a 353 (813 posti disponibili). Gli isolati a casa sono 7.332. «Siamo sulla soglia dell'emergenza».
Dodici ospedali vengono rimodulati e uno da campo è in costruzione a Locri. Belcastro parla con la voce provata e non lo nasconde: «Se uno non soffre certe cose non può risolverle, è impossibile gestirle in superficie. Finora ho fatto il parafulmini, spero di non diventare capro espiatorio ma ho sempre operato in modo corretto».
Nell'audizione di martedì alla Camera, Cotticelli ci ha provato dicendo che spettava a lei... «Ma poi si è corretto, spiegando che aveva capito male». Come se ne esce? «Già nominare un commissario sarebbe un bel passo avanti». E se lo chiedessero a lei? «Non lo faranno e a me basta dare una mano in questa terra così disgraziata ma non disperata».