(ANSA) – Si è reso "autore di reiterati atteggiamenti denigratori e minatori, espressivi di una volontà prevaricatrice, frutto di un'incapacità di autocontrollo con evidenza legata ad una gelosia maniacale e ad una pretesa di controllo costante del partner". Lo scrive il gup di Milano Angela Minerva nelle motivazioni della sentenza di condanna, emessa il 21 dicembre, a 2 anni e 4 mesi con rito abbreviato per Francesco Angelini, 52 anni, finito in carcere a fine giugno scorso perché accusato di stalking ai danni di Marialuisa Jacobelli, giornalista sportiva e conduttrice tv, che lo aveva denunciato una decina di giorni prima.
La 31enne aveva trovato il coraggio di parlare di quel "clima di terrore" in cui lui, con cui aveva avuto una breve relazione, l'avrebbe costretta a vivere, tra minacce, violenze fisiche e psicologiche. Con la sentenza, arrivata dopo le indagini della Squadra mobile coordinate dal pm di Milano Pasquale Addesso, sono state riconosciute all'imputato l'attenuante di aver risarcito il danno (ha versato un "cospicuo risarcimento" di 100mila euro alla conduttrice, che non era parte civile) e le attenuanti generiche perché sta seguendo un percorso di cure in una clinica in regime di domiciliari.
Oltre ad evidenziare le "aggressioni fisiche" di natura "umiliante e vessatoria", il giudice dà atto nelle motivazioni che Angelini ha "preso atto del disvalore delle proprie azioni, rispetto alle quali ha mostrato resipiscenza, sia mediante la volontà di riparare alle sofferenze" della vittima, "sia attraverso l'avvio di un percorso di cura nella clinica ove è attualmente agli arresti domiciliari, volto alla gestione delle proprie emozioni ed al superamento delle proprie criticità".
Il giorno del suo compleanno Jacobelli, come ha messo a verbale nel corso delle indagini, si era accorta che avrebbe dovuto lasciare quell'uomo che, dopo aver visto una suo foto postata su Instagram, "ha iniziato a insultarmi". Troncata la relazione, però, è iniziato "l'incubo", andato avanti da gennaio dello scorso anno e fino alla denuncia pochi mesi dopo. La donna ha vissuto in "uno stato di costante ansia e paura" tale "da costringerla ad un'alterazione delle proprie abitudini di vita consistente nella necessità di un supporto", "nell'evitamento della vita sociale e dei contesti pubblici, nel ridotto utilizzo dei social network".
L'ansia e il "turbamento", scrive ancora il giudice, "ingenerato nella Jacobelli hanno riguardato peraltro il timore, non solo per la propria incolumità, ma anche per quella dei propri congiunti, atteso che, come rilevato, anche la madre della stessa è stata frequente destinataria di insistenti e moleste telefonate". È provato, si legge ancora nella sentenza, "che la condotta persecutoria dell'imputato sia proseguita fino alla vigilia della querela sporta dalla Jacobelli, circostanza confermata dalla localizzazione del cellulare dell'uomo a 470 metri dall'abitazione della persona offesa il 14 giugno 2022".
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