"CHI NON ACQUISTA E’ PERDUTO. E VIVE MALISSIMO" – FELTRI SI LANCIA IN GLORIA DEL CONSUMISMO: "IL RISPARMIO E’ IL PEGGIORE DEI VIZI. PRIVATEVI PURE DELL'UTILE, MA NON LASCIATEVI MANCARE IL SUPERFLUO" - MA OGGI, CARO FELTRI, NON E' QUESTIONE DI BALOCCHI E PROFUMI. LA PANDEMIA HA QUASI AZZERATO IL RITO DELL'ACQUISTO E IL SISTEMA RISCHIA IL CRACK. PERCHE' IL CAPITALISMO SI REGGE SU DUE PILASTRI: DOMANDA E OFFERTA. E SE VIENE A MANCARNE UNO, CROLLA TUTTO

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VITTORIO FELTRI per Libero Quotidiano

 

VITTORIO FELTRI VITTORIO FELTRI

Se è vero, e non c'è ragione di dubitare, che il mondo per metà è da vendere e per metà è da comperare, coraggio, amici del consumismo, ci aspettano ancora molti acquisti.

 

Non date retta alla favola della cicala e della formica: probabilmente è stata scritta da un formichiere che voleva incentivare la riproduzione del suo nutrimento.

 

Che senso ha risparmiare due, dieci, cento milioni se poi non li spendi? Il risparmio non finalizzato ad una spesa è il peggiore dei vizi. Accumulare denaro per idolatrare delle cifre con molti zeri su di un libretto in banca, che orrore.

 

Vuoi mettere la gioia dell'investimento? Non mi riferisco a titoli e obbligazioni che sono una variante sofisticata del salvadanaio, ma ai generi di conforto, specialmente quelli molto voluttuari, i soli che rendano sopportabile la vita. Il distinguo è importante perché nessuno ci persuade che sia godibile il possesso del pacchetto di maggioranza della Bastogi, mentre è sperimentalmente provato che una cassa di champagne può rallegrare alcune serate.

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E poi: è meglio un pomeriggio in borsa o dal sarto? Preferisci 500 azioni della Finmare o un motoscafo? Un aumento di capitale o una "spider" inglese? Un dividendo con il direttore della Cariplo o una settimana a Mombasa con tre ballerine etiopi?

 

Comprare è un'arte che si impara con molti sacrifici, e ci vuole predisposizione. Tutti sono capaci di spendere 50 milioni, avendoli, per essere proprietari di un palazzo. Ma pochi sanno comperare una cravatta, un'acqua di colonia, un gatto, un tappeto, un orologio, un pianoforte una pipa o un disco di Bobby Solo.

 

Il problema è la scelta, occorre un lungo esercizio, anni e anni di struggente esame delle vetrine, bisogna aver covato il desiderio dell'oggetto per un giusto periodo. E l'oggetto va selezionato, coccolato, nutrito di ammirazione. Il consumista provetto, di rango, una volta in negozio non ha esitazioni, sceglie a colpo sicuro. Ma a certi livelli si giunge appunto con l'esperienza, dopo decine di "shopping" a vanvera e dopo aver accatastato quintali di roba pessima. Il consumista è come il "sommelier", degusta.

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L'importante per lui non è riempirsi di merce, ma comprare: come momento culminante di un piacere che comincia col desiderio di possedere la tal cosa ed esplode al ritiro del pacchetto.

 

C'è qualcosa di voluttuoso nel rito dell'acquisto: il negozio, la vetrina, l'odore del legno e del cuoio, quei lunghi attimi che precedono l'estrema decisione, di fatto, già maturata. Comprare è come amare, contano anche gli approcci. Al consumista raffinato il piacere più grande, tuttavia, è offerto da un acquisto eccessivo. Vediamo come. È il venti di novembre, lo stipendio è lontano, ha in tasca 100 euro e li spende tutti per prendersi un accendisigari corteggiato da sempre.

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Ecco, qui il godimento è impareggiabile. Tanto è delizioso oziare nel giorno in cui sei sommerso di impegni, così è dolce, quasi da estasi, scialacquare fino all'ultimo centesimo nel giorno in cui ti scade una cambiale. Provate. Privatevi pure dell'utile, ma non lasciatevi mancare il superfluo che, come diceva Oscar Wilde, è una necessità. Anzi, un'esigenza. Perché beati sono coloro che per vivere da ricchi muoiono poveri, e infelici coloro che vivono da poveri per morire ricchi.

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