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1. ZELENSKY, 'ECCELLENTE SCAMBIO TELEFONICO CON TRUMP'
(ANSA) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato di aver avuto un "eccellente" scambio telefonico con Donald Trump dopo la sua vittoria alle elezioni presidenziali statunitensi. "Abbiamo concordato di mantenere uno stretto dialogo e di far progredire la nostra cooperazione", ha dichiarato il presidente ucraino su X. "Una leadership statunitense forte e incrollabile è essenziale per il nostro mondo e per una pace giusta", ha assicurato.
2. 'L'AMMINISTRAZIONE BIDEN ACCELERA SUGLI AIUTI ALL'UCRAINA'
(ANSA) - L'amministrazione Biden punta ad accelerare lo stanziamento dei restanti sei miliardi di dollari in assistenza all'Ucraina, con l'obiettivo di elargirli prima del giuramento di Donald Trump. Secondo indiscrezioni riportate dai media americani, la Casa Bianca è già al lavoro ma gli ostacoli sono molti.
Ci vogliono infatti mesi prima che le munizioni e le apparecchiature raggiungano l'Ucraina dopo l'annuncio di nuovi aiuti, e questo vorrebbe dire che un annuncio nelle prossime settimane si tradurrebbe nell'arrivo degli aiuti durante l'amministrazione Trump e il prossimo commander-in-chief potrebbe fermarli. Da qui l'accelerazione per mettere al sicuro l'Ucraina di fronte all'incognita Trump.
3. AUGURI DA KIEV, PUTIN TACE MA L’UCRAINA HA PAURA DEL DISIMPEGNO AMERICANO
Estratto dell’articolo di Mauro Evangelisti per “il Messaggero”
In campagna elettorale Donald Trump ha promesso di far cessare la guerra in Ucraina entro 24 ore dal suo insediamento alla Casa Bianca. Il timore che hanno a Kiev è che questo sia vero, ma alle condizioni di Vladimir Putin, che in passato ha avuto un rapporto dialogante con Trump. Per questo non si può escludere che la corsa di Zelensky a presentare quello che lui ha definito il "piano della vittoria” […] sia l'estremo tentativo di trovare una exit strategy dopo oltre due anni di guerra.
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Il mandato di Zelensky è finito, ma resta presidente visto che il suo Paese è in guerra. Paga però una innegabile diminuzione della popolarità. Senza Biden, potrebbe essere il prossimo ad andarsene. Il leader ucraino ha comunque mantenuto vivo il rapporto con il candidato repubblicano che poi ha vinto le presidenziali.
[…] Per Kiev però la situazione è sempre più cupa: nel Donbass, obiettivamente, sia pure molto lentamente i russi stanno conquistando nuovi territori. Inoltre, i soldati inviati dalla Corea del Nord per combattere dalla parte dei russi rappresentano "carne da cannone" che consente a Putin di ridurre i sacrifici che sta chiedendo al suo esercito.
Già nell'ultimo anno l'invio di armi e di aiuti all'Ucraina anche da parte degli Usa si è ridotto: non è mai stato in linea con le richieste di Zelensky. E anche il via libera all'utilizzo di missili a lungo raggio in territorio russo da parte di Washington si è arenato. Ora la situazione rischia di peggiorare per due motivi: ci sarà la fase di passaggio di consegne, che posiziona a gennaio l'insediamento di Trump, dunque Biden non avrà la possibilità di prendere decisioni importanti.
Inoltre, Putin sa che il nuovo inquilino della Casa Bianca potrebbe ridurre il sostegno a Kiev e dunque non ha alcun interesse ad accettare proprio ora un compromesso. In teoria Zelensky potrebbe contare sulla Nato e sull'Unione europea, ma senza il ruolo di playmaker di Washington difficilmente avrà un sostegno tale da proseguire una guerra così dolorosa.
La «pace» che Trump ipotizza «nel giro di 24 ore» dal suo insediamento e il negoziato che l'Ucraina potrebbe essere costretta ad accettare, assomiglierà molto a una resa, con la concessione a Putin non solo della Crimea (occupata dieci anni fa), ma anche dell'area presa dal 2022 nel Donbass. […]
4. SI FA PRESTO A DIRE FILOPUTINIANO: SU KIEV LA RUSSIA TEME SORPRESE DA TRUMP
Estratto dell’articolo di Mara Morini per “Domani”
[…] l’opinione pubblica russa auspica che il presidente Trump possa facilitare i negoziati di pace con l’Ucraina in una fase in cui più della metà dei russi è ormai favorevole a questo tipo di soluzione.
[…] Questa “timida” speranza riposta nella figura di Trump risiede anche al Cremlino? In realtà, sin dalle elezioni 2016 le diverse fazioni politiche che ruotano attorno alla figura del presidente Putin hanno espresso pareri discordanti: da un Trump definito come «una variabile pazza» per la stabilità del sistema internazionale, un mero «elemento di debolezza della politica interna americana» ad «amico di Putin».
Biden ha rappresentato la continuità della politica obamiana, caratterizzata da una «tagliente retorica antirussa», ma Trump, ad esempio, non ha eliminato le sanzioni contro la Russia dopo l’illegale annessione della Crimea, ha autorizzato l’invio di armi letali in Ucraina, non ha sostanzialmente migliorato le relazioni con la Russia.
Queste sono alcune delle motivazioni che hanno indotto l’élite russa a diffidare sempre più del tycoon americano. Tant’è vero che in questi giorni l’ex presidente russo, Dmitrij Medvedev, dal suo canale Telegram ha asserito che non nutre «grandi aspettative» per le elezioni americane in quanto non cambieranno nulla perché non può «fermare la guerra in un giorno, in tre giorni, in tre mesi».
Dello stesso avviso è il ministro degli affari esteri russo, Sergej Lavrov, per il quale «chiunque vinca le elezioni, non si prevede un cambiamento dell’America nel suo atteggiamento russofobico».
Volodymyr Zelensky e Donald Trump alla Casa Bianca
In effetti, siamo dinanzi ad un cambiamento epocale del sistema internazionale e delle relazioni tra gli Stati che non facilita la ripresa di alcun dialogo della Russia revisionista con gli Stati Uniti: gli obiettivi principali del Cremlino sono l’indebolimento dell’egemonia americana e garantire la sicurezza del proprio paese.
Sulla base di questi elementi, è difficile affermare con certezza che la vittoria di Trump riporterà l’orologio indietro di qualche decennio per “recuperare” la Russia e allontanarla dalla sua “amicizia illimitata” con Xi Jin Ping. La Cina rimane la priorità strategica della presidenza americana repubblicana al pari di quella democratica, ma la Russia di Putin, nella sua concezione euroasiatica, non ha alcuna intenzione di cambiare verso alla storia dei prossimi anni.
[…] Rimane la questione su cui i leader europei, analisti, giornalisti e politici nel mondo occidentale discutono dall’inizio dell’aggressione russa contro l’Ucraina e ripresa alla notizia della rielezione di Trump: e adesso cosa accadrà?
Diverse analisi sostengono che la presidenza Trump costituisce una maggiore garanzia per i negoziati perché favorirebbe il riconoscimento della situazione sul campo a favore dei russi. Storicamente le guerre finiscono, congelando la situazione emersa sul campo: non è da escludere che anche una presidenza di Kamala Harris nel tempo avrebbe potuto raggiungere questo esito, soprattutto nel caso in cui il “piano di vittoria” di Volodomyr Zelensky fosse fallito.
È una questione di timing in cui, forse, Trump potrebbe accelerare la tempistica di un “cessate il fuoco”. Ma il rischio è di fare i conti senza l’oste russo.
Al Cremlino, paradossalmente, conveniva la vittoria della rappresentante democratica perché avrebbe favorito la “strategia di logoramento” avviata da Putin, il mantenimento dello stato dell’economia di guerra e del “nemico storico” da cui difendersi; il tutto in un’ottica di autoperpetuazione della leadership putiniana.
Inoltre: perché Putin dovrebbe concedere a Trump lo scettro di “pacificatore” del conflitto? Quali benefici otterrebbe da “capitalizzare” dinanzi all’opinione pubblica russa? Cosa darebbe in cambio Trump per convincere l’orso russo a ritornare nella foresta?
La verità è che Putin potrebbe anche dimostrare ai russi, che vogliono un negoziato, di avviare un dialogo con Trump su quest’eventualità, ma bisogna tenere in considerazione quanto le scelte di Trump saranno rallentate dal congresso e se conclusa la sua legislatura Putin coglierà l’occasione per riavviare il conflitto in previsione delle elezioni presidenziali del 2030.
Non solo. Come dominus nell’estero vicino, quindi anche in Ucraina, la strategia russa si è sempre basata sul concetto, concepito dal generale Valerij Gerasimov, di «instabilità controllata» che trae il massimo vantaggio da una situazione destabilizzante all’interno di uno Stato post-sovietico.
È bene, quindi, evitare analisi superficiali, spesso influenzate dal tifo, e non aspettarsi una risoluzione definitiva delle crisi internazionali in atto. I leader europei sono avvertiti.
ZELENSKY - DONALD TRUMP - FOTO LAPRESSE Volodymyr Zelensky e Donald Trump alla Casa Bianca donald trump foto lapresse33 donald trump foto lapresse32 donald trump foto lapresse26 donald trump foto lapresse30 donald trump foto lapresse20 JOE BIDEN E ZELENSKY donald trump foto lapresse21 biden zelensky vertice nato biden zelensky vertice nato biden zelensky vertice nato volodymyr zelensky donald trump