Estratto dell’articolo di Roberto De Ponti per il “Corriere della Sera”
Il tedesco napoletano. A Firenze, quando si parla del direttore degli Uffizi, lo definiscono così. Perché la parlata tradisce chiaramente le sue origini, seppure addolcita da anni e anni passati in Italia, ma la furbizia e la sua abilità di comunicatore lo portano molto più a sud di Friburgo di Brisgovia, dove è nato 55 anni fa.
«Me lo dice sempre anche mia moglie, che è di Mantova: tu non sei tedesco, sei napoletano». Eike Dieter Schmidt si gode la vista di Firenze dalle vetrate del museo che dirige dal 2015 e che a breve lascerà per scadenza naturale del mandato. […]
Ma lei si sente anche un po’ italiano?
«Io mi sento molto italiano. E il 28 novembre lo sarò anche ufficialmente».
È una notizia. Si spieghi.
«Il 28 novembre giurerò davanti a un funzionario del Comune e diventerò a tutti gli effetti cittadino italiano». […]
Potrebbe chiedergli com’è essere sindaco di Firenze. Dovesse mai candidarsi...
«Il “non confermo e non smentisco” è sempre valido».
Qualcuno però potrebbe accusarla di prendere la cittadinanza italiana per semplificare la sua candidatura a Palazzo Vecchio.
«Non è così. Il percorso è cominciato quando ho iniziato il mio secondo mandato agli Uffizi, quindi quattro anni fa, poi il Covid ha reso la cosa molto più lunga del previsto, perché servivano documenti da tutti gli stati in cui ho vissuto in passato». […]
Lei acquisisce la cittadinanza italiana per matrimonio, giusto?
«Tecnicamente sì, ma anche per passione. Prima per una singola italiana, poi per l’Italia nel suo insieme. O forse il contrario, perché la passione per l’Italia è nata prima che conoscessi mia moglie». [...]
Quando è arrivato agli Uffizi, otto anni fa, che cosa le hanno chiesto?
«Di risolvere i problemi che c’erano. Primo, quello del pubblico. I visitatori sembravano persino sgraditi. Il pensiero era: bella questa mostra, bisognerebbe far entrare solo quelli che hanno un dottorato in storia dell’arte. E questo andava contro i miei valori».
[…] La accusano di essere pop.
«Io non credo che il nostro compito sia quello di convertire i visitatori alla storia dell’arte e di snobbare gli altri».
Che Uffizi lascia?
«Lascio un museo che supera la questione ideologica che vuole che un istituto possa essere solo culturale o economico. In realtà è entrambe le cose, come il cinema, come il teatro. Bisogna avere una responsabilità economica abbinata alla fantasia creativa».
Non ha paura di essere ricordato come «il direttore della Ferragni»?
«No, è stata una cosa simbolica che ha fatto capire che il museo può avere un ruolo nella contemporaneità non elitista. Però sono anche il direttore che ha pubblicato dozzine di libri sulle collezioni».
Si aspettava tutte quelle polemiche?
«Mi aspettavo una polemica che durasse una settimana, non un’estate intera».
È una scelta che rifarebbe?
«Sì, ma non farei il bis. Perché ora non sorprenderebbe più nessuno».
Come si pone nei confronti dei visitatori da selfie?
«Sono in calo. I giovani adesso cercano sale dove fare balletti per TikTok. Ma abbiamo studiato un’illuminazione delle sale che renda difficile girare i video». Il futuro la vede tra i papabili per la direzione del museo di Capodimonte a Napoli. Per non lasciare Firenze, le tocca candidarsi a sindaco... Risata. «Non confermo e non smentisco». […]
Eike Schmidt davanti a palazzo vecchio a firenze EIKE SCHMIDT eike schmidt dario nardella Eike Schmidt