(ANSA) - "E' una sentenza che ci ha meravigliato: ma da dove è venuto questo concorso di colpa? Persino la Cassazione ha confermato la condanna per uno dei componente della Commissione Grandi Rischi". E' il commento all'Ansa dell'avvocato Maria Grazia Piccinini, madre di Ilaria Rambaldi, 25enne studentessa morta il 6 aprile 2009 all'Aquila nel crollo della casa di Via Campo di Fossa. "Come si può oggi dire che i ragazzi dovessero stare fuori quando tutti ricordano certe rassicurazioni? - prosegue la mamma di Ilaria - Sconcerta poi che questo giudice che ha già fatto sentenze di risarcimento per il sisma si ricordi di questa cosa solo ora".
"La storia è proprio l'opposto, e cioè che questi ragazzi andarono a dormire alle due di notte perchè si erano sentiti dire che più 'scossette' c'erano, più energia si scaricava - prosegue l'avvocato Piccinini - la verità è che furono rassicurati". Questa sentenza verrà impugnata in Appello dalla famiglia, conferma la mamma-legale di Ilaria. Che ha poi ricordato come dopo le vicende della prima sentenza sulla Grandi Rischi, nella quale ci furono tanti condannati, la vicenda si è esaurita legalmente con la Cassazione che ha condannato nel 2016 a 2 anni di reclusione per omicidio colposo e lesioni dell'ex vice capo dipartimento della Protezione civile, Bernardo De Bernardinis.
Nella sentenza della Cassazione si legge che "Esulava dai compiti istituzionali" della commissione Grandi rischi, alla vigilia del terremoto del 6 aprile 2009, "la gestione della comunicazione esterna, affidata in esclusiva all'organo titolare dei compiti di prevenzione", ovvero alla Protezione civile, mentre l'informazione scientifica non si può imprigionare in una "camicia di forza". Non solo: si è trattato di una "scorretta condotta informativa" e una "comunicazione di contenuto inopportunamente e scorrettamente tranquillizzante", ha finito per indurre "taluni destinatari all'abbandono di consuetudini di comportamento autoprotettivo rivelatosi fatale".
Il tribunale civile dell’Aquila del terremoto del 6 aprile 2009 dice che si è verificato un “concorso di colpa”. A pagina 16 della sentenza firmata dalla toga Monica Croci in comprensione monocratica si legge che «è fondata l’eccezione di concorso di colpa delle vittime, costituendo obiettivamente una condotta incauta quella di trattenersi a dormire nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile. Concorso che può stimarsi nel 30 per cento», ovvero la misura di cui verrà decurtato il risarcimento danni stabilito.
La sentenza si riferisce a una palazzina distrutta completamente dal sisma. L’aspetto penale era stato archiviato perché i presunti responsabili erano deceduti nel corso degli anni. Ora arriva il tribunale civile. Con una sentenza che farà discutere.
Il Messaggero racconta oggi che dopo la tragedia gli eredi dei morti hanno presentato perizie che attestavano l’irregolarità delle costruzioni. Tra cui una «grave negligenza» del Genio Civile nella vigilanza sulle norme antisismiche. Per questo avevano citato in giudizio il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Comune de L’Aquila. Oltre agli eredi dei costruttori.
Ma il Tribunale ha riconosciuto la corresponsabilità delle vittime ricorrenti pari al 30%. Perché ha ritenuto siano stati imprudenti a non uscire dopo la seconda scossa. Ovvero quella dell’una di notte, due ore prima di quella delle 3,32. Il giudice ha comunque condannato i ministeri e le eredi del costruttore. Ha invece respinto le domande nei confronti del Comune.
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