Estratto dell'articolo di Gianluigi Nuzzi per “Specchio – La Stampa”
Una donna cerca un’altra donna, una splendida quindicenne svanita nel nulla, attenta alle musiche, alla famiglia, ai colori pastello dei sentimenti. Emanuela Orlandi è scomparsa ormai da 41 anni e questa storia rimane ostaggio ancora oggi di chi ne strumentalizza i segreti per campare, magari ricattare il Vaticano, rimanendo indifferente a quella valanga di dolore che ha travolto la famiglia Orlandi.
Sulla carta mai come oggi dovremo arrivare alla verità: indaga la procura di Roma, inchiesta aperta da parte della Santa Sede, al lavoro una commissione parlamentare d’inchiesta. Eppure, mai come oggi la verità sfugge. Ha qui come perso consistenza, peso specifico, si è dissolta in quella festa circense di indizi prefabbricati, nuove piste, pseudo confessioni e ventriloqui improvvisati. C’è l’ex terrorista dei Nar che da Londra annuncia rivelazioni choc e prove di sapere come è andata.
Ecco la ragazza francese che grazie alla bilocazione fa arrivare in segreteria di Stato le mappe sotterranee di dove Emanuela sarebbe sepolta in quel di Torvaianica, riesumando così le ormai antiche confidenze di Sabrina Minardi. E, immancabilmente, non poteva mancare all’appuntamento il terrorista turco Ali Agca che dopo aver cercato di ammazzare Giovanni Paolo II il 13 maggio 1981 ancora si ripropone in veste di super confidente, giurando che la povera Emanuela è in un monastero a Londra, anzi no, in Turchia o forse rinchiusa in un ospedale psichiatrico. Ogni balla è buona pur di avere visibilità.
In questa giungla di indizi visionari e verità precotte tese a far perdere la bussola, una donna dal 2017 dedica gran parte del suo tempo alla ricerca della suonatrice di flauto sparita da Sant’Apollinare nel giugno del 1983. All’inizio era un impegno secondario, ma ben presto è diventato un lavoro sempre più coinvolgente.
Si tratta di Laura Sgrò, avvocatessa nata a Milazzo 9 marzo del 1975 e trasferitasi nella capitale per laurearsi in giurisprudenza con dottorato in diritto canonico. Un periodo di lavoro nello studio romano dell’avvocato matrimonialista Annamaria Bernardini de Pace e poi la voglia di crescere che la spinge ad aprire il proprio studio nel centro storico della capitale e poi anche a Buenos Aires.
[…] Sgrò è un’avvocatessa abilitata nel piccolo stato d’Oltretevere e ormai la si può indicare come il difensore dei senza giustizia nella monarchia assoluta al centro di Roma. Ha acquisito così un ruolo e delle informazioni senza uguali, quantomeno tra i suoi colleghi. Già nel 2018 il Corriere della Sera l’aveva indicata tra le settanta donne dell’anno impegnate a sostegno delle battaglie di verità della testata.
Oltre a tutta la famiglia Orlandi, Sgrò dal 2019 difende anche Muguette Baudat, mamma di Cedric, la guardia svizzera che si sarebbe tolta la vita dopo aver ucciso il suo comandante, Alois Estermann, e la moglie, in Vaticano il 4 maggio 1998 nella tristemente nota strage consumata dentro le mura leonine.
Con Sgrò, per la prima volta, il vaticano ha messo a disposizione dei familiari il fascicolo delle indagini e lei ha potuto consultare gli atti, denunciando l’amara conclusione: l’inchiesta è stata condotta assai rapidamente e diversi elementi sulla scena del crimine (dalla perizia balistica alle autopsie) fanno ritenere che Cedric non sia l’assassino ma, al contrario, vittima di chi voleva chiudere rapidamente il caso.
PAPA BERGOGLIO E PIETRO ORLANDI
Sgrò assiste cinque delle suore che accusano di abusi sessuali l’artista dei mosaici, monsignore Marko Rupnik, con una importante azione mediatica e le interviste a diverse presunte vittime rese a tv italiane e straniere. Sempre lei, ancora, tutela la vittima delle violenze consumate nell’ex pre-seminario san Pio X, struttura messa in mora e fatto trasferire da Bergoglio quando le camerate dei giovanissimi erano a palazzo san Carlo, il palazzo a fianco della dimora Santa Marta dove alloggia il pontefice. […]
È quindi facilmente immaginabile come in questa situazione negli ultimi dieci anni l’avvocatessa abbia costruito una significativa ragnatela di relazioni che le hanno permesso – in buona sostanza – di centrare alcuni obiettivi non solo legali ma anche mediatici per valorizzare le sue lotte di giustizia. Innanzitutto, quello più palese è di internazionalizzare il giallo di Emanuela Orlandi, grazie alla consulenza con la produzione inglese della docufiction Vatican girls, uscita nell’ottobre del 2022 per Netflix.
Una docu ha trasformato questo mistero in un caso politico nella Chiesa, oltre frontiera, con gli episcopati stranieri che si interrogavano su una storia ormai dimenticata, quantomeno all’estero. Orlandi è oggi un cognome noto in ogni angolo del mondo, pronunciato negli idiomi diversi grazie alla diffusione della storia che la piattaforma ha garantito.
Questo ha determinato una riattualizzazione della questione, un allargamento dello spettro d’interesse non solo per area geografica, ma anche per età, investendo segmenti di giovani e giovani adulti prima digiuni. Un movimento d’opinione pubblica che va sostenuto per trovare nuovi interlocutori, non far scemare l’interesse, coinvolgere altre entità e istituzioni.
Il secondo obiettivo è quello di interfacciarsi con la giustizia e le autorità vaticane nel senso più ampio e quindi andando a interloquire, anche direttamente, con il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin. Si costruiscono così corridoi diplomatici fino a ieri impraticabili. E che questo lo faccia un avvocato donna in vaticano è quantomeno insolito e – fino a Benedetto XVI – nemmeno ipotizzabile.
gianluigi nuzzi pietro orlandi foto di bacco
Vero è che la melina di quei mondi su segreti e scandali ormai è assai nota, dietro annunci roboanti di cambiamenti, ricerche di giustizia, disponibilità verso i familiari, segue spesso un disarmante silenzio. Pietro Orlandi denuncia questa politica del miraggio, del passo avanti per poi farne due indietro, appena si spengono i riflettori, ma non si perde d’animo e batte ogni pista gli si presenti.
La Sgrò, divenuta ormai un’amica della famiglia Orlandi, suggerisce cautela e prudenza per evitare annunci prematuri o la creazione di timori in chi, al contrario, dovrebbe essere pronto a collaborare. Troppe volte la pista imboccata ha portato in un vicolo cieco. L’autunno sarà decisivo per la verità su Emanuela, sia la Commissione parlamentare, sia le indagini penali arriveranno alla fase delicatissima dell’indirizzo verso la pista ritenuta più certa e più generosa nel garantire risultati. E non è detto che dietro le quinte Sgrò non stia lavorando per portare nuovi elementi, indizi inediti che possano aiutare nella scelta.
emanuela orlandi mirella gregori
Anche perché siamo all’ultima chiamata e lei deve saperlo bene: dopo questo nuovo forte interesse o si centra l’obiettivo o questo sfumerà per sempre. È difficile che un domani, con un nuovo pontefice, si possano ottenere le attenzioni ricevute in questi anni dal papa argentino, dopo il gelo, i silenzi e le tante porte chiuse negli anni di Benedetto XVI.
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