Grazia Longo per "la Stampa"
Ajala ha 14 anni, due sorelle, un fratello e due genitori che dal Bangladesh si sono trasferiti ad Ostia. Il nome è di fantasia, ma non i soprusi subiti in famiglia a causa del suo rifiuto alle regole di vita imposte dalla religione islamica. A partire dall'obbligo di indossare il velo. «Se non lo porto mi riempiono di botte e mi minacciano di rimandarmi in Bangladesh. Non ce la faccio più ad andare avanti così».
Tra le lacrime la ragazza, sabato pomeriggio, ha denunciato il fratello e la madre. Si è presentata alla caserma dei carabinieri di Ostia con i segni di graffi e pugni sul volto e sulle braccia. Il fratello, studente, 17 anni, l'aveva picchiata così tanto da procurarle un lieve trauma cranico.
Da mesi Ajala vive in un clima di violenza psicologica e fisica perché si ribella allo stile di vita islamico. «Mi costringono a uscire per strada con il velo, ma io non voglio» ha spiegato ai militari che hanno ascoltato il suo racconto. La ragazza, studentessa, è stata più volte vessata dal fratello e della madre fra le mure domestiche. Finalmente, nel tardo pomeriggio di sabato si è fatta coraggio e si è rivolta alle forze dell'ordine.
È probabile che abbia avuto la forza di parlare grazie al sostegno di una professoressa alla quale aveva confidato le persecuzioni patite in famiglia. È stata proprio la docente, infatti, ad accompagnarla dai carabinieri. In quella insegnante Ajala ha trovato un'adulta in grado di ascoltare e comprendere le sue esigenze di adolescente che vuole integrarsi nel tessuto sociale italiano e non vuole sentirsi «diversa» dalle coetanee perché obbligata a coprire e nascondere i capelli con il velo.
I militari hanno verbalizzato il resoconto di Ajala, inoltrando l'informativa alla Procura di Roma. Sia a quella ordinaria (per il coinvolgimento della madre di 39 anni) sia a quella minorile a causa dell'età della ragazza e di suo fratello anch'egli minorenne. Attualmente la quattordicenne si trova in una casa famiglia, dove vivrà sotto protezione. Sarà assistita anche dalle cure di uno psicologo per poter riacquistare fiducia in se stessa.
L'ultima violenza subita, sabato, l'ha convinta a dire basta una volta per tutte: il fratello l'ha ricoperta di schiaffi, calci e pugni, facendola anche sbattere contro un mobile. Tanto che è stato necessario un passaggio al Pronto soccorso dell'ospedale Grassi di Ostia: i medici che l'hanno visitata le hanno diagnosticato un lieve trauma cranico. Le ferite e i traumi riportati saranno guaribili in due settimane.
I carabinieri, che indagano coordinati dalla Procura di Roma, hanno denunciato madre e fratello con l'ipotesi dei reati di maltrattamenti familiari e lesioni personali ed è ora al vaglio la posizione degli altri parenti. Il padre di Ajala lavora al porticciolo di Ostia, una sorella di 20 anni gestisce un mini market, mentre la madre, casalinga si occupa dell'ultima nata che ha appena 1 anno.
Sul caso interviene Laura Ravetto, responsabile del Dipartimento Pari opportunità della Lega: «Non è questa l'idea di integrazione che abbiamo, lo abbiamo detto anche per casi come quello di Saman (la diciottenne di origine pakistana scomparsa da Novellara, Reggio Emilia, a maggio, presumibilmente uccisa perché non voleva sposare un cugino, ndr) sul quale è calato il silenzio. La Lega è dalla parte della libertà per le donne».
Tra le altre reazioni anche quella della leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni: «È una vicenda indegna. È solo uno dei tantissimi casi che quotidianamente riguarda i giovani maltratti dai genitori in virtù dei dettami fondamentalisti. È inaccettabile: nel nostro Paese non c'è spazio per chi non è in grado di rispettare la nostra cultura e civiltà».