Cristina Marrone per corriere.it
«I primi passi sono stati qualcosa di incredibile, una rinascita. Un sogno che si è avverato dopo l’incubo che ho vissuto. Un grande regalo». Michel Roccati ha 30 anni, vive a Torino ed è uno dei tre pazienti rimasti paralizzati che, grazie ad elettrodi impiantati sul midollo spinale , sono riusciti a camminare, andare sulla cyclette, addirittura nuotare.
Per ora il comando volontario del paziente passa attraverso un tablet che funge da «cervello» e stimola il movimento ma l’obiettivo è arrivare a un «by-pass» wireless capace di raccogliere gli impulsi elettrici nel cervello e inviarli a un chip impiantato nel midollo, «scavalcando» la lesione spinale come già è stato sperimentato nel 2016 su due macachi. Altro passo importante sarà testare il sistema su un maggiore numero di pazienti
Lo studio
Il nuovo studio appena pubblicato su Nature Medicine è stato guidato da Gregoire Courtine, dell’Istituto di Tecnologia di Losanna (Epfl), pioniere in questo genere di ricerche, con la partecipazione dell’italiano Silvestro Micera, che lavora fra l’Epfl e la scuola superiore Sant’Anna di Pisa. Il dispositivo consiste in alcuni elettrodi innestati nel midollo spinale che inviano ai muscoli di gambe e tronco gli stimoli elettrici generati esternamente da un tablet controllato da un paziente.
L’incidente
Michel è rimasto vittima di un grave incidente stradale nel 2017. Era in moto sulla collina di Superga quando un animale selvatico gli ha tagliato la strada. Per mesi è rimasto ricoverato all’Unità spinale di Torino con la spina dorsale rotta in più punti, nessuna sensazione alle gambe, una diagnosi che lasciava ben poche speranze sulla possibilità di tornare a muovere le gambe.
«Non mi sono mai arreso perché ho sempre desiderato tornare a fare le cose che amo come allenarmi in palestra - racconta - mi sono messo a studiare il funzionamento del cervello e del midollo spinale, ho partecipato a convegni.
Volevo trovare una soluzione al mio problema e un giorno durante un congresso a Grugliasco mi ha colpito una slide che raccontava di questo progetto di Courtine a Losanna. Gli ho scritto, ho inviato la cartella clinica ho chiesto di partecipare allo studio come volontario. Sono stato fortunato perché la mia lesione è risultata compatibile». Ogni paziente ha infatti una capacità di recupero motorio che può variare in base al tipo e alle dimensioni della lesione oltre che a capacità genetiche.
I ricercatori vogliono essere chiari: «Questa tecnologia - avverte Gregoire Courtine - non è una cura per le lesioni spinali ed è ancora troppo complicata per essere utilizzata nella vita di tutti i giorni, ma è un passaggio fondamentale per migliorare la qualità della vita delle persone che possono stare in piedi, fare qualche passo, un miglioramento significativo».
«Lo studio - aggiunge Silvestro Micera - dimostra che è possibile personalizzare l’impianto e modellarlo su ogni paziente. All’inizio la camminata è a scatti, ma con l’allenamento migliora. Inoltre i pazienti imparano molto in fretta e il prossimo passo sarà arruolare più persone per testare ancora meglio il sistema».
L’intervento
Nell’agosto 2020 Michel è stato operato: gli è stato impiantato sotto la lesione una sorta di «chip» a contato con il midollo spinale collegato con cavi sottocutanei a un «pacemaker» sull’addome, anch’esso sottocutaneo. È il chip che invia gli impulsi elettrici. «Quando voglio muovermi - spiega- collego un’antenna a questo pacemaker che ho sull’addome, grande come il quadrante di un orologio. L’antenna è collegata a un device all’interno di un marsupio che porto in vita e che a sua volta comunica con il tablet via bluetooth. Sembra macchinoso, ma è più lungo a dirsi che a farsi».
I programmi
Sul tablet sono disponibili diversi programmi: camminare, stare in piedi, scendere e salire le scale, usare il vogatore, fare cyclette, nuotare. «Con il tablet posso regolare l’intensità della contrazione muscolare e anche la velocità di camminata». Michel cammina con l’ausilio di un «walker», un deambulatore su cui sono stati installati due pulsantini che comunicano con il tablet: «Ogni volta che premo un pulsante faccio un passo.
Con le scale funziona allo stesso modo, ma i pulsanti li sposto sulle stampelle. Sto lavorando per riuscire a utilizzare solo le stampelle anche per camminare. Entro primavera conto di camminare un chilometro, oggi riesco a fare 500-600 metri». A disposizione c’è anche il programma per nuotare che Michel Roccati ha potuto sperimentare solo nella palestra a Losanna a causa delle restrizioni per la pandemia. Il programma è più semplice: una volta in acqua con un telecomando le gambe si muovono da sole senza bisogno di utilizzare pulsantini
Gli altri pazienti
Finora nove persone (un volontario è anche diventato padre) hanno riacquistato la capacità di camminare grazie al dispositivo inventato dal Politecnico di Losanna (tre sono citati in questo studio) ma la maggior parte dei volontari si esercita a muovere i muscoli e ripristinare un po’ di movimento senza utilizzare il device in modo quotidiano.
Michel Roccati invece è determinato: «Uso questo dispositivo un paio di ore al giorno. Potermi rivedere in piedi, guardare le mie gambe che camminano è stata una svolta, anche emotiva, importantissima. Lavoro con mio fratello in una ditta che aiuta le aziende a esportare i loro prodotti. Mi piace utilizzare il device quando devo fare colloqui con i clienti: è una bella sensazione potermi alzare e parlare con loro».