Estratto dell'articolo Michele Bocci per “la Repubblica”
La medicina progredisce, […] ma l’Italia rischia di restare indietro nella rivoluzione per la mancanza di un fattore decisivo, quello umano. Nella grande crisi della sanità pubblica, fiaccata da fughe nel privato e all’estero e da giovani medici che snobbano alcune carriere specialistiche[…] I chirurghi sono sempre meno e il futuro lascia pensare a una continua riduzione del loro numero.
Quest’anno su 724 posti di specializzazione messi a bando dalle università ne sono stati per ora assegnati 319, cioè appena il 44%. Il dato è peggiore anche di quello dell’anno scorso, quando sono entrati in 483 su 671, cioè un 71% che visto oggi sembra un risultato eccezionale. […]
«Se non si interviene dobbiamo prepararci ai titoli di coda della sanità pubblica», va già duro il presidente di Acoi, l’associazione dei chirurghi ospedalieri, Marco Scatizzi. Sono almeno tre, spiega, i motivi per i quali la disciplina non è più attrattiva. «Intanto i chirurghi sono profondamente sottopagati. Prendiamo un collega oculista[…] può mettersi in extramoenia e lavorare privatamente e finisce per guadagnare molto di più prendendosi responsabilità assai inferiori alle nostre». Il secondo problema ha a che fare con il contenzioso medico legale. «Siamo sommersi dalle cause e dalle richieste di risarcimento», […]. Infine «le scuole di specializzazione in buona parte sono un disastro, spesso e volentieri non attivano i percorsi formativi».
Il chirurgo, nello specifico, punta l’indice contro l’università che non manda gli specializzandi a fare pratica al di fuori dei policlinici (che sono solo una piccola parte delle strutture sanitarie). E così la formazione sarebbe poco efficace e soprattutto poco attraente, come dimostrano i dati sulle borse di studio che si stanno assegnando proprio in questo periodo. […]
Scatizzi sottolinea che la situazione peggiorerà non solo perché sempre meno giovani entrano nel sistema ma anche perché nei prossimi due anni andranno in pensione tantissimi chirurghi. «E infatti a molti dei concorsi regionali già adesso si presentano meno candidati rispetto ai posti a disposizione ». Acoi ha fatto un sondaggio tra i suoi iscritti, il 41% vorrebbe lasciare per le difficoltà che incontra ogni giorno nello svolgimento del suo lavoro. Anche senza ulteriori uscite per burnout le cose sarebbero comunque difficili: «Tra qualche anno le sale operatorie chiuderanno per assenza di chirurghi. Possiamo chiedere alla politica, alle istituzioni, al governo di occuparsi di ciò che accadrà tra cinque o dieci anni? O dobbiamo vivere sempre nell’emergenza?».
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