Aldo Grasso per il “Corriere della Sera”
Se il Tar del Lazio avesse letto anni fa questa rubrica, sarebbe intervenuto con più sollecitudine sul caso Panzironi. Per la cronaca: dopo la multa decisa dall'Autorità garante per le comunicazioni (Agcom) e confermata dal Tar del Lazio ai danni dell'emittente televisiva che divulgava la controversa dieta «Life 120» del giornalista Adriano Panzironi, i giudici del Tribunale accusano ora Panzironi di «ingenerare sfiducia nella medicina tradizionale».
Si dirà: i tempi della giustizia non sono quelli di un giornale e, soprattutto, perché mai una rubrica di critica televisiva dovrebbe occuparsi di Panzironi? Potrei rispondere così. Perché la tv generalista è parte della vita, è ancora il nostro orologio sociale, è un ambiente in cui siamo cresciuti (questa la grande differenza con le piattaforme in streaming). Perché, pur minacciato da querele, ho continuato a scrivere che Panzironi giocava con la salute degli spettatori spacciando i suoi beveroni come toccasana per malattie che generano angosce negli spettatori.
Avevo persino scritto un pezzo molto duro contro i dirigenti Mediaset perché intervenissero nei confronti di Barbara D'Urso che continuava a invitare Panzironi nelle sue trasmissioni, nonostante fosse già stato sanzionato dall'Antitrust e dall'Agcom. Ora il Tar demolisce il sistema ideato dal giornalista per commerciare i suoi prodotti: «È pericoloso, in termini di salute pubblica, collegare all'adozione di uno stile di vita la cura o la regressione di malattie gravi come i tumori o patologie genetiche».
Ancora una volta, dunque, tv generalista e realtà si mescolano senza troppe distinzioni, il medium continua a rappresentare un forte agente di socializzazione, specie quando si presenta nelle sue espressioni più popolari, riuscendo ad abbozzare percezione, atteggiamenti, valori e comportamenti degli individui nei confronti della vita quotidiana.
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