Estratto dell'articolo di Paolo Berizzi per repubblica.it
"Sono razzista, sono patriota, sono nazionalsocialista, sono fascista, sono nazista, sono stanco di vedere tante ingiustizie nei confronti degli italiani. Fuori dalle balle gente di merda. Infangano il nostro Bel Paese. Parassiti, pidocchioni, ladri, assassini, stupratori, ubriaconi, siete la feccia del genere umano. Un solo posto è adatto per voi ed è molto caldo".
Autore del post su Facebook, con tanto di richiamo finale ai forni crematori, è Antonio Di Vietri, segretario cittadino di Fratelli d'Italia a Lavello, 13mila abitanti in Provincia di Potenza. A Lavello il 14 e 15 maggio si voterà per eleggere il nuovo sindaco e in corsa c'è l'aspirante candidato del partito di Giorgia Meloni, Pasquale Carnevale. Nella sua lista compare anche il nome di Di Vietri, e forse non potrebbe essere altrimenti essendo quest'ultimo, appunto, responsabile della sezione cittadina di FdI.
Il punto è che Di Vietri, non solo in campagna elettorale, è un nome scomodo: e questo proprio a causa dei post che negli anni scorsi e in più occasioni ha scritto sui social. Messaggi intrisi di xenofobia, razzismo, omofobia, e di riferimenti a Mussolini, al fascismo, al nazismo e finanche di esplicite allusioni ai forni crematori. Il post ricordato sopra risale al 21 novembre 2014: definirlo indecente è un eufemismo. Il politico meloniano si definisce appunto e senza indugi "nazista e fascista", e nella chiosa augura la fine dello sterminio nei forni per categorie di cittadini a lui evidentemente sgraditi.
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Alle critiche e al coro di indignazione che proviene dal centrosinistra di Lavello - che parla di "ritorno del manganello" a proposito dei post di Di Vietri e ritiene grave, sconcertante e incompatibile la sua presenza non solo in una lista elettorale ma anche come responsabile cittadino di un partito che governa il Paese - Di Vietri risponde parlando di "post ironici". E cioè: definendosi nazista e fascista e alludendo ai forni crematori avrebbe solo - a sua detta - risposto in modo ironico a chi lo accusava di essere appunto fascista e quant'altro. Una difesa decisamente fragile e imbarazzata.
Così come pare imbarazzante la tesi - sostenuta dallo stesso Di Vietri - secondo cui i richiami al duce altro non sarebbero che "riferimenti storici". Probabilmente, a questo punto, lo sono anche quelli ai forni crematori dove nei campi di concentramenti sono stati sterminati milioni di ebrei. Quei forni dove Di Vietri spedirebbe la "gente di merda".